L’orientamento tra intuizione e consapevolezza

Un viaggio tra intuizione, conoscenza e sintesi: tre Mondi per scoprire chi siamo, cosa amiamo e come trasformare il nostro futuro.

di Paola Parente
23 settembre 2025
1 MIN READ

Intuizione e cuore: il punto di partenza dell’orientamento

L’orientamento è una predisposizione naturale dell'”essere umani”, ci orientiamo in quanto coscienti di quello che accade intorno a noi e delle nostre azioni. Spesso nel mio lavoro mi sono sentita dire: ma posso sostenere che mi ha orientato un film? Una lezione a scuola? Si, tutto teoricamente ci orienta, un/una prof., un libro, un viaggio e persino un oggetto.

In un corso di orientamento una donna adulta mi ha raccontato di aver ricevuto in regalo per il suo compleanno una macchina fotografica, compiva 8 anni, e nel prenderla tra le sue piccole mani ha avuto proprio in quel momento la consapevolezza che quello fosse l’oggetto da cui non si sarebbe più separata, tant’è che poi è diventata una fotografa cinematografica.

Questo significa che il punto di partenza per orientarci è ascoltare i tumulti del nostro cuore, spesso sono impercettibili, il più delle volte ci trovano distratti; ma se ci fermiamo e diamo fiducia all’intuito, alle nostre rappresentazioni mentali, lì nasce la scintilla che ci porta a riflettere sul “chi siamo” e “che cosa amiamo”.

Può accadere che in questa riflessione “naturale” sia importante cercare una relazione di supporto con un/a orientatore/trice che ci accompagni partendo da una domanda: dove stiamo bene con noi stessi? Dove le nostre ansie, paure di non farcela, di sbagliare, di non essere all’altezza, svaniscono, si dissolvono davanti a una consapevolezza che non è ancora chiara soprattutto a noi stessi, ma che rende visibile il nostro esserci, il saper partecipare al mondo con una volontà espressa.

Il primo Mondo: io, chi sono?

Dobbiamo quindi attraversare quello che io chiamo il primo Mondo: io, chi sono? Negli ultimi anni ci stanno raccontando di grandi cambiamenti, le machine cosiddette intelligenti sono incredibilmente performanti e ci sostituiscono in molte attività.

Le ragazze e i ragazzi che seguo nei percorsi di orientamento sono sicuramente cambiati nel modo di compiere scelte, gestire dati, organizzare vacanze, pensare al futuro, ma tra me e i ragazzi che incontro, tra me e i miei giovani figli ventenni ci sono cose che non sono cambiate e che non cambieranno fino a quando ci considereremo umani.

Sono i concetti astratti, bellezza, amore, passione, desiderio, pensiero, tempo, spazio,… sono quei concetti che non ci danno pace, che orientano le nostre vite, sui quali i filosofi, dall’antica Grecia in poi, si sono interrogati, sono quelle parole che descrivono il nostro essere complessi, imperfetti, sempre alla ricerca di qualche cosa e per questo incredibilmente mai scontati, noiosi e ripetitivi.

Questi concetti influenzano le nostre intuizioni, inviandoci sensazioni astratte, spesso visive e possiamo decodificarle, farle evolvere giorno dopo giorno attraverso il nostro linguaggio.

La grammatica orientativa ci aiuta a rendere visibile quello che c’è nella nostra mente e possiamo essere aiutati nel trovare nelle parole e nelle costruzioni sintattiche la capacità di descrivere noi stessi, fidandoci di noi stessi, delle “qualità” che ci rendono umani: tutti/e siamo in grado di amare, ricercare la bellezza, sviluppare un pensiero, vedere cose che non esistono (o meglio non ancora esistono) per il semplice fatto che desideriamo, immaginiamo, ci poniamo delle domande e tanto altro.

Non trascuriamo questo primo Mondo e descriviamo il nostro essere meravigliosamente complessi, descriviamo “qualità” che sembrano banali, scontate ma che in realtà ci hanno permesso di andare nel futuro. Noi siamo quelli che sappiamo vivere tra saggezza e follia, tra il tutto determinato e il potere della nostra immaginazione.

Lo splendore di questo primo Mondo ha permesso agli orientatori/trici di elaborare il proprio mantra: “tutti possono”, possono fare un progetto di vita e nella vita c’è il lavoro. Quando attraversiamo la soglia di una organizzazione lavorativa, quando ci troviamo in una dinamica lavorativa, il primo Mondo emerge in maniera straordinaria perché le competenze tecniche si muovono sulle gambe della persona che le “agisce”, incorporando nel fare operativo e intenzionale pensiero, etica, amore e tutte quelle risorse che sappiamo di avere grazie al fatto che non abbiamo dato per scontato l’attraversare questo primo Mondo. Risorse che oggi il mondo del lavoro nomina come competenze trasversali o soft skill riconoscendo il valore del “chi siamo” come persone.

Il secondo Mondo: conoscere il mondo per conoscere se stessi

Se abbiamo appreso a creare una narrazione di noi stessi, se questa narrazione ci appartiene, abbiamo gli “occhiali” per attraversare il secondo Mondo: come è fatto questo mondo, come costruiamo la nostra conoscenza in questo mondo?

Si parte sempre dalle domande per avere un confronto che entra nel vivo, una dialettica che non si ferma al dato, ma lo scompone per ricomporlo in base a visioni sempre in evoluzione che intervengono sul tutto scontato dell’era digitale.

Per fare questo dobbiamo permettere alle ragazze e ai ragazzi di fare esperienza nel mondo, esplorare le narrative dominanti sul futuro, sulla produttività, sul lavoro,…

L’orientamento ci aiuta a portare le esperienze a noi stessi permettendo ai primi due mondi di dialogare: più cose conosco del mondo che mi circonda, più ho la possibilità di capire me stesso e il cerchio si compone anche nella direzione opposta più cose so di me e più so entrare in dialogo con il mondo.

Questa circolarità accoglie e mobilità la nostra umanità, nella sua naturale predisposizione alla ricerca continua in un tempo che non è il tempo lineare di studio – lavoro, ma il tempo nella sua concezione astratta della continuità del pensiero.

La conoscenza di noi e del mondo non è innata, non è statica, non è inalterabile o insuperabile, ma possiamo costruirla accompagnando la nostra crescita.

Oggi siamo sommersi da una quantità di dati che la nostra mente difficilmente riesce a gestire ecco perché cadiamo in soluzioni e consigli facili da gestire, nel tempo lineare, in una quotidianità che ci rassicura.

Ma attenzione il dato non è informazione e spesso alimenta considerazioni stereotipate.

Andare su un sito di una Università e leggere tutta la proposta formativa significa che abbiamo acquisito un dato.

Il dato diventa informazione se noi riusciamo a mettere noi stessi nel dato e qui ritorna il primo Mondo: sappiamo di noi? sappiamo cosa stiamo cercando?

Rispondere a queste domande significa avviare una ricerca, individuare i dati più interessanti, confrontarli con dati già acquisiti,… e questo ci permette di elaborare una informazione, le informazioni approfondite diventano conoscenza.

Il dato è di tutti, la conoscenza è personale e ci sorprende.

La circolarità permette l'”apprendere ad orientarci” perché il confronto tra i primi due Mondi è continuo e accompagna le nostre vite, nutre il nostro curriculum narrativo.

Il terzo Mondo: la sintesi

Il terzo Mondo che dobbiamo attraversare è quello della sintesi: io, chi voglio essere in questo mondo?

Se abbiamo messo in dialogo i primi due Mondi sapremo arrivare ad una sintesi. La capacità di sintesi è una straordinaria “qualità” umana, non significa ridurci il percorso faticoso del conoscerci e del conoscere, ma passare dall’approccio complesso (noi siamo complessi, il mondo ha aperto ad una grande complessità), basato sulla conoscenza, per trovare l’equilibrio tra “so”, “voglio” e “posso”: i tre vertici dell’orientamento.

Un equilibrio che apprendiamo a gestire nel tempo perché ci appartiene.

La sintesi ci permette la definizione di un Progetto personale che orienta le scelte (formazione, tirocini, esperienze di lavoro,…) per far maturare una professionalità, una persona in grado di agire con consapevolezza e in grado di farlo insieme, con una logica collaborativa.

Questo perché il lavoro non ha solo ricadute produttive ma anche ricadute sociali, noi viviamo del lavoro di ciascuno di noi.

Ecco perché non basta la lista di competenze, non basta intervenire sui gap di competenze, se ci orientiamo a partire dalle competenze attese saremo sempre inadeguati, se ci orientiamo partendo dalle “qualità” che definiscono la nostra umanità capiamo che siamo tutti incredibilmente competenti non solo nel “fare” quel lavoro ma nel raggiungere gli obiettivi che l’azienda e la società si attende.

Noi non diciamo mi ha curato la medicina oppure la mia casa è stata costruita dall’architettura, ma diciamo mi ha curato il mio medico o la casa è stata costruita dalla mia architetta e nella parola che usiamo, nell’aggettivo possessivo c’è tutto il primo Mondo.

Questo ci permette di capire che la sintesi deve contenere la ricchezza del nostro essere e la consapevolezza del nostro agire competente.

Se ci consideriamo umani noi siamo in grado di agire una combinazione continua di tutti i nostri saperi, una capacità combinatoria, e lo facciamo in ogni momento della nostra giornata fuori e dentro i contesti di lavoro.

Questo ci permette oggi di interagire anche con le macchine ricercando un equilibrio, una sintesi, tra potere algoritmico e mutabilità di situazioni, contesti, interlocutori, obiettivi, pazienti… per essere competenti.

Una metodologia per crescere come umanità

Per attraversare questi tre Mondi ci sono metodologie e strumenti che sostengo il nostro personale percorso, la creazione della nostra storia, perché siamo tutti incredibilmente diversi.

L’uomo, inteso come essere umano, osservato nelle sue singole parti non è interessante ed è facilmente replicabile, ma la persona nella suo insieme esprime tutta la rarità di un equilibrio unico e originale, ecco perché per arrivare alla sintesi dobbiamo attraversare con attenzione i primi due Mondi.

Questo è il motivo per cui l’incontro tra domanda e offerta di lavoro non è mai scontato e lineare e non abbiamo mai visto un insegnate uguale all’altro, un tecnico uguale all’altro e via così.

Attenzione, quindi, a non trascurare i primi due Mondi, a saltare sul terzio Mondo approfittando che un algoritmo oggi possa dire di noi rassicurandoci rispetto al nostro futuro, non solo lavorativo.

La filosofa spagnola Marina Garcés ci dice che oggi siamo nel soluzionismo, alla ricerca continua di soluzioni che ci salvano dall’incertezza, ma così muore la nostra capacità di sintesi perché muoiono le nostre risorse e con esse la nostra umanità.

La nostra capacità combinatoria sa e può gestire l’incertezza perché è una forma d’arte, intesa come capacità creativa, noi sappiamo creare: nuove domande, nuove competenze, nuovi lavori,…

La musica, la poesia, la matematica,… ci dicono che abbiamo a disposizione risorse infinite e siamo perfettamente in grado di renderle visibili per creare noi stessi, la nostra vita e il lavoro, nel mutevole equilibrio tra saggezza e follia.

La metodologia basata sui tre Mondi permette la creazione di percorsi personali per giungere a un’evoluzione collettiva, basata su valori umani: confronto, relazione, scambio, contaminazione, collaborazione e sostenibilità.

SULL'AUTORE
Si occupa da oltre 25 anni di orientamento, politiche attive per l'inserimento lavorativo e di valorizzazione delle 'risorse umane' in azienda. Ha collaborato grazie ai progetti europei (FSE, Leonardo, Equal, Erasmus ed Erasmus+) con strutture nazionali quali Unioncamere, Formez, Italia lavoro per accompagnare e orientare la competitività dei giovani nel mercato del lavoro, quella che l'Unione Europea chiama 'occupabilità'. Ha partecipato a molte ricerche europee, per migliorare gli interventi di orientamento per giovani e adulti, contribuendo alla definizione di metodologie e strumenti utili anche nel contesto italiano. Cofondatrice di QUIDD (Qualità Umane Innovazione Differenti Direzioni) società che sostiene l'approccio culturale ad un orientamento maturo, per la valorizzazione delle singole persone nel mercato del lavoro.
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