Stage e tirocini: quello che c’è da sapere

Stage, tirocini e primi passi nel lavoro: cosa sapere per iniziare col piede giusto

 

 

di Anna Castiglioni
8 agosto 2025
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Entrare nel mondo del lavoro può sembrare un salto nel vuoto. Gli stage e i tirocini rappresentano oggi la porta d’ingresso più comune – e spesso più efficace – per acquisire competenze pratiche, costruire una rete professionale e orientarsi verso una carriera coerente con i propri studi.
Ma cosa si intende esattamente per stage? Qual è la differenza con un tirocinio? Come si attivano, quali diritti ha lo studente e cosa aspettarsi davvero da questa esperienza? In questa guida, rispondiamo alle domande più frequenti.

Stage o tirocinio? Le definizioni (e le differenze)

Nel linguaggio quotidiano, “stage” e “tirocinio” vengono spesso utilizzati come sinonimi. In realtà, soprattutto nel contesto universitario e normativo italiano, esiste una distinzione precisa che conviene conoscere.

Il tirocinio è un’esperienza formativa disciplinata da leggi e regolamenti, pensata per favorire l’orientamento e l’inserimento nel mondo del lavoro. Si suddivide in due categorie principali: curricolare, se svolto durante il percorso universitario e integrato nei piani di studio; ed extracurricolare, se realizzato dopo la laurea o fuori dall’ambito accademico. In entrambi i casi, il tirocinio non costituisce un contratto di lavoro: è una forma di apprendimento pratico supervisionato, con obiettivi formativi precisi, monitoraggio da parte di tutor e un progetto da seguire.

Il termine stage, invece, è di uso più comune nel linguaggio aziendale e internazionale. Viene spesso usato in modo intercambiabile con “tirocinio”, ma in Italia non esiste una regolamentazione separata dello “stage”: quando questa parola compare in annunci o bandi, si fa comunque riferimento a un tirocinio formalmente regolato, purché ci sia un progetto formativo e un ente promotore.

Quindi, nella pratica quotidiana, stage e tirocinio sono spesso la stessa cosa. Ma è importante tenere presente che solo il tirocinio ha una definizione normativa chiara, con obblighi, tutele e criteri da rispettare. Qualsiasi esperienza che si presenti come “stage” ma non preveda un progetto formativo, tutoraggio e assicurazione, non può essere considerata un tirocinio valido e rischia di configurarsi come lavoro non regolarizzato. In ogni caso, sia stage che tirocini hanno caratteristiche comuni: sono esperienze temporanee, orientate alla formazione, che devono avere obiettivi definiti, un percorso di apprendimento tracciabile e la presenza costante di almeno un tutor aziendale. Nei tirocini curricolari, è inoltre previsto il coinvolgimento di un tutor universitario, che verifica la coerenza con il percorso accademico.

Tirocinio curricolare: come funziona e perché è importante

Il tirocinio curricolare è la forma di tirocinio più diffusa tra gli studenti universitari, proprio perché è integrato all’interno del piano di studi e riconosciuto in termini di crediti formativi universitari (CFU). In molti corsi di laurea triennali e magistrali, il tirocinio è obbligatorio; in altri casi è facoltativo, ma comunque fortemente consigliato. La sua funzione è chiara: mettere in relazione diretta la formazione teorica ricevuta in aula con l’esperienza pratica sul campo. Grazie al tirocinio, lo studente può iniziare a capire come le nozioni apprese durante i corsi trovano applicazione nella vita reale di un’azienda, di un ente pubblico, di un’associazione o di un laboratorio. È una prima occasione per confrontarsi con la realtà professionale, testare le proprie attitudini, acquisire consapevolezza delle proprie capacità e, in molti casi, iniziare a costruire un proprio orientamento lavorativo più preciso.

Tutti gli studenti regolarmente iscritti a un corso universitario possono svolgere un tirocinio curricolare, purché abbiano soddisfatto eventuali requisiti interni previsti dal proprio ateneo (es. aver superato un certo numero di esami). L’attivazione avviene tramite l’ufficio tirocini o il career service dell’università, che pubblica le opportunità disponibili o facilita la convenzione con un ente esterno proposto direttamente dallo studente. È obbligatorio predisporre un progetto formativo individuale, che definisce tempi, attività, obiettivi e modalità di valutazione. Il documento deve essere firmato dal tirocinante, dal soggetto promotore (cioè l’università) e dal soggetto ospitante (azienda o ente), e serve a garantire che l’esperienza sia autenticamente formativa.

Riguardo alla retribuzione, il tirocinio curricolare non prevede l’obbligo di un compenso, proprio perché si colloca all’interno dell’offerta formativa. Tuttavia, molte aziende – soprattutto quelle strutturate o attive in settori tecnici – scelgono di offrire un rimborso spese, oltre a benefit come buoni pasto o copertura dei trasporti. Anche se non è vincolante per legge, la presenza di un compenso è spesso un segnale positivo dell’impegno dell’ente ospitante. Il tirocinio curricolare può rivelarsi una tappa determinante nel percorso universitario, non solo per i CFU acquisiti, ma perché consente di arricchire il proprio profilo, fare esperienza concreta e, talvolta, aprire le porte a successive collaborazioni lavorative.

 

Tirocini e normativa: cosa dice la legge

Molti studenti e neolaureati iniziano la loro esperienza professionale attraverso un tirocinio, ma non sempre è chiaro cosa la legge preveda in questi casi, né quali siano i diritti – e i doveri – delle parti coinvolte. È importante sapere che, in Italia, i tirocini non sono considerati rapporti di lavoro: si tratta invece di esperienze formative regolamentate da un quadro normativo preciso, che varia a seconda del tipo di tirocinio e, in parte, della Regione in cui si svolge.

I tirocini curricolari sono quelli previsti nei piani di studio universitari e regolati a livello nazionale dal Ministero dell’Università e Ricerca. Sono integrati nei percorsi triennali, magistrali o a ciclo unico e permettono allo studente di acquisire crediti formativi universitari (CFU). Per attivarli è necessaria una convenzione tra l’università e l’ente ospitante – che può essere un’azienda, un ente pubblico o una realtà del terzo settore – e un progetto formativo approvato da tutte le parti. Non è previsto un compenso obbligatorio, ma l’università è tenuta a garantire la copertura assicurativa (INAIL e responsabilità civile). Questo tipo di tirocinio è spesso la prima occasione concreta per mettere in pratica le conoscenze acquisite in aula.

Diverso è il caso dei tirocini extracurricolari, destinati a chi ha già concluso il proprio percorso di studi. Questi tirocini sono regolati da un insieme di norme condivise a livello nazionale, ma applicate in modo specifico da ciascuna Regione. Le Regioni stabiliscono, per esempio, la durata minima e massima del tirocinio (in genere dai due ai sei mesi, prorogabili fino a dodici in situazioni particolari), il rimborso spese minimo mensile, e i requisiti formativi dell’esperienza. Alcune Regioni, come la Lombardia, il Lazio, l’Emilia-Romagna o la Toscana, hanno regolamenti operativi aggiornati e facilmente consultabili online. Uno degli elementi fondamentali del tirocinio extracurricolare è il progetto formativo individuale, che deve definire con chiarezza gli obiettivi dell’esperienza, le attività previste, il ruolo dei tutor e le modalità di valutazione. Il rimborso spese, sebbene non equiparabile a uno stipendio, è obbligatorio e deve essere proporzionato all’impegno richiesto. In molti casi è anche previsto il rilascio di una dichiarazione finale delle competenze.

Sia per i tirocini curricolari che per quelli extracurricolari, i soggetti coinvolti sono tre: l’ente promotore (come l’università o un ente accreditato), il soggetto ospitante (azienda, ente, studio professionale) e il tirocinante. L’ente promotore è responsabile della progettazione, dell’assicurazione e del monitoraggio del percorso; l’ente ospitante deve fornire un ambiente formativo adeguato e garantire la presenza di un tutor interno.

Nel caso in cui durante il tirocinio si verifichino problemi – per esempio se le mansioni assegnate sono estranee al progetto, se mancano i tutor, o se l’esperienza si traduce di fatto in lavoro subordinato non dichiarato – lo studente può rivolgersi al tutor dell’università o al soggetto promotore. Se le irregolarità persistono, è possibile contattare anche gli uffici del lavoro regionali o, nei casi più gravi, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Conoscere la normativa che regola i tirocini non è solo utile: è essenziale per vivere questa esperienza in modo consapevole, sfruttandone appieno il potenziale formativo. La legge esiste per tutelare lo studente e guidare le aziende verso pratiche corrette. Sta a ciascun tirocinante informarsi, chiedere chiarimenti quando serve e non accettare situazioni opache o scorrette.

 

I diritti dello stagista

Anche se non equivale a un contratto di lavoro, il tirocinio è un’esperienza formalmente regolata. Questo significa che chi lo svolge ha diritti precisi e tutelati dalla legge, e non può essere trattato come un collaboratore qualsiasi. Conoscerli è il primo passo per vivere l’esperienza con consapevolezza e, se necessario, per sapersi tutelare.

Innanzitutto, ogni stagista ha diritto ad avere un tutor aziendale dedicato, cioè una figura interna all’ente ospitante che lo segua nel percorso formativo, assegni compiti coerenti, monitori l’andamento e offra un punto di riferimento quotidiano. Nel caso dei tirocini curricolari, è prevista anche la presenza di un tutor universitario, che ha il compito di garantire la coerenza con gli obiettivi formativi del corso di laurea.

Le attività da svolgere e l’orario settimanale devono essere definiti nel progetto formativo individuale, firmato da tutte le parti prima dell’inizio. Non possono essere modificati arbitrariamente dall’azienda. Se, per esempio, allo stagista vengono assegnate mansioni estranee rispetto a quelle previste, o se gli orari si protraggono oltre il pattuito, è possibile segnalarlo al tutor o all’università.

Un altro elemento fondamentale è la copertura assicurativa. Tutti i tirocini, curricolari ed extracurricolari, devono prevedere la copertura INAIL (infortuni sul lavoro) e una polizza per la responsabilità civile verso terzi. Questi oneri spettano sempre al soggetto promotore, cioè all’università o all’ente che ha attivato formalmente il tirocinio.

Al termine del percorso, lo stagista ha diritto a ricevere un’attestazione finale che descriva le attività svolte. Nei tirocini extracurricolari, questa attestazione può essere ancora più dettagliata, includendo anche una valutazione delle competenze acquisite: uno strumento utile da allegare al curriculum o da presentare in futuri colloqui. Essere consapevoli di questi diritti non significa entrare in azienda con un atteggiamento rigido, ma piuttosto avere gli strumenti per riconoscere un tirocinio ben strutturato da uno improvvisato. Un buon ambiente formativo rispetta questi principi come parte integrante del percorso.

Come scegliere lo stage giusto

La scelta di uno stage non dovrebbe mai essere lasciata al caso. Anche se si tratta di un’esperienza temporanea, può incidere molto sulla costruzione dell’identità professionale di uno studente o di un neolaureato. Ecco perché è fondamentale valutare con attenzione le opportunità disponibili e porsi alcune domande prima di iniziare. Un primo criterio importante riguarda l’ente ospitante. Informarsi sulla sua reputazione, sul settore in cui opera, sulla dimensione e sulla presenza di un tutor aziendale formato può offrire indicazioni preziose. Se l’organizzazione non ha mai accolto tirocinanti prima, è utile capire come intende gestire il percorso e se ha chiari gli obiettivi formativi.

Il secondo passo è leggere con attenzione il progetto formativo. Questo documento è più di una formalità: indica quali attività verranno svolte, con quali strumenti, in quale contesto, per quanto tempo e con quali obiettivi. Se il progetto è vago, troppo generico o composto solo da mansioni operative (es. “archiviazione”, “supporto”, “assistenza generica”), potrebbe non offrire reali occasioni di apprendimento. È sempre utile confrontarsi con chi ne sa di più: il career service universitario, i tutor accademici o altri studenti che abbiano già svolto tirocini simili. Possono offrire consigli pratici, segnalare esperienze poco formative o suggerire realtà più interessanti.

Infine, è importante non accettare qualunque proposta per ansia o fretta. Se un’offerta non è coerente con il proprio percorso di studi o con gli obiettivi professionali che ci si è dati, meglio attendere una nuova opportunità piuttosto che impegnarsi in un’esperienza che rischia di essere frustrante o poco utile. Anche uno stage breve, se ben progettato e seguito con attenzione, può diventare un punto di svolta: arricchisce il curriculum, chiarisce le proprie inclinazioni, apre contatti futuri. Ma per fare la differenza, deve iniziare con una scelta consapevole.

Come si scrive un CV per uno stage (anche senza esperienza)

Uno dei dubbi più frequenti tra chi cerca uno stage riguarda il curriculum: “Cosa scrivo se non ho mai lavorato?” La buona notizia è che per candidarsi a uno stage non serve avere un passato professionale già avviato, ma è fondamentale presentarsi con ordine, chiarezza e coerenza. Nel CV per uno stage, più che l’esperienza, conta come si raccontano le competenze. Inserisci per prima cosa i tuoi studi, specificando gli esami o i progetti rilevanti per il settore in cui ti candidi. Se, ad esempio, stai cercando uno stage in ambito marketing, valorizza eventuali laboratori di comunicazione, analisi dei dati o campagne simulate. Puoi poi dedicare una sezione alle competenze trasversali: lavoro in gruppo, gestione del tempo, uso di strumenti digitali, conoscenza delle lingue. Anche esperienze extracurricolari, come il volontariato o attività universitarie (associazioni, tutoraggio tra pari, organizzazione di eventi), possono essere inserite se coerenti con il tipo di stage. Infine, cura bene la lettera di motivazione. È qui che puoi spiegare perché desideri quella posizione, cosa vuoi imparare e come intendi contribuire, anche con entusiasmo e disponibilità.

Il ruolo del tutor durante il tirocinio

Uno dei pilastri fondamentali di ogni tirocinio è la presenza di un tutor. Esistono due figure distinte: il tutor universitario, che rappresenta l’ateneo o l’ente promotore, e il tutor aziendale, che ti seguirà direttamente all’interno dell’organizzazione ospitante. Il tutor universitario ha il compito di verificare che l’attività sia coerente con il tuo percorso di studi, approvare il progetto formativo e restare a disposizione in caso di problemi. In alcuni casi partecipa anche alla valutazione finale del tirocinio, specialmente se curricolare.

Il tutor aziendale, invece, è la tua figura di riferimento quotidiana. Ti introduce all’ambiente di lavoro, assegna le attività, monitora il tuo progresso e ti offre feedback. Un buon tutor è presente, disponibile, coinvolto nel percorso del tirocinante. Se ti accorgi che non c’è un vero affiancamento, è importante segnalarlo: un tirocinio senza guida rischia di perdere valore formativo.

Tirocinio all’estero: opportunità e regole

Svolgere un tirocinio all’estero è una possibilità reale per molti studenti universitari, e spesso è anche finanziata da programmi europei. Il più conosciuto è Erasmus+ Traineeship, che consente a studenti e neolaureati di svolgere un’esperienza formativa in un altro Paese europeo per un periodo tra 2 e 12 mesi. Il tirocinio Erasmus, che può essere curricolare o extracurricolare, viene organizzato con l’aiuto dell’ufficio relazioni internazionali del tuo ateneo. È previsto un contributo economico mensile, variabile a seconda del Paese di destinazione, e la copertura assicurativa è garantita dall’università.

Esistono anche altre opportunità: i tirocini MAECI–CRUI presso le ambasciate e le sedi diplomatiche italiane all’estero, i programmi dell’UE (come il Blue Book della Commissione europea), o quelli promossi da organizzazioni internazionali e ONG. In tutti i casi, è importante prepararsi per tempo: verificare i requisiti linguistici, informarsi sulle pratiche di visto (se fuori Europa), sui costi della vita, sulle scadenze per le candidature e sugli eventuali alloggi disponibili.

Quando lo stage si trasforma in lavoro: dati e possibilità

Una delle domande più comuni è: “Lo stage può davvero portare a un contratto di lavoro?” La risposta, in molti casi, è sì. Secondo i dati AlmaLaurea, oltre il 30% dei laureati magistrali che trovano lavoro entro un anno dichiara di aver ricevuto una proposta di inserimento proprio a seguito di uno stage. La percentuale è ancora più alta nei settori tecnico-scientifici, ingegneristici e nell’ambito economico-finanziario. Il tirocinio rappresenta per le aziende un canale di selezione informale ma strategico: consente di valutare da vicino potenziali candidati, formarli secondo le proprie esigenze e ridurre i costi legati al reclutamento tradizionale. Naturalmente non tutti gli stage si trasformano in assunzione, ma spesso contribuiscono a costruire un profilo professionale più competitivo, che accelera l’ingresso nel mercato del lavoro. Il consiglio è quello di scegliere con attenzione le opportunità, puntando su enti che dichiarano un reale interesse alla formazione e all’inserimento.

Cosa aspettarsi (realisticamente) da uno stage

Uno stage ben progettato non è – e non dovrebbe mai essere – un lavoro gratuito mascherato, ma un’occasione concreta di apprendimento e crescita. È il primo ambiente in cui si sperimenta, spesso per la prima volta, il passaggio tra studio e professione. In un buon tirocinio si imparano strumenti, linguaggi e modalità operative tipiche di un settore specifico: può trattarsi dell’uso di software tecnici, di metodi di lavoro collaborativo, o di procedure organizzative che difficilmente si acquisiscono solo sui banchi dell’università.

Un altro valore fondamentale dello stage è la possibilità di capire, sul campo, cosa ci piace davvero fare. Spesso lo studio offre una visione teorica delle professioni, mentre il lavoro quotidiano – con i suoi ritmi, le sue responsabilità e le sue relazioni – aiuta a capire se una determinata carriera fa davvero per noi. Questo orientamento professionale, anche quando porta a escludere una strada, è di per sé prezioso. Dal punto di vista pratico, ogni tirocinio arricchisce il curriculum, soprattutto se ben documentato: un progetto seguito dall’inizio alla fine, un’attività svolta in autonomia, un obiettivo raggiunto possono diventare elementi concreti da raccontare in un colloquio. Allo stesso tempo, è l’occasione per iniziare a costruire un primo network professionale: colleghi, tutor e supervisori diventano spesso punti di riferimento anche dopo la fine dell’esperienza.

Ma è importante avvicinarsi allo stage con aspettative realistiche. Non tutti i tirocini si traducono in un contratto di lavoro, e non sempre le attività proposte rispecchiano perfettamente la formazione accademica. Alcune mansioni potrebbero sembrare semplici o ripetitive, specie nelle prime settimane. Altre volte, l’ambiente aziendale può non corrispondere all’idea che ci si era fatti del settore. Per questo è essenziale leggere attentamente il progetto formativo prima di iniziare, confrontarsi con il tutor universitario in caso di dubbi e non avere paura di fare domande. Più che cercare “lo stage perfetto”, è importante puntare a un’esperienza coerente con i propri obiettivi, con una guida chiara e una possibilità reale di apprendimento. Anche gli ostacoli, se affrontati con il giusto supporto, possono diventare parte del percorso formativo.

Glossario essenziale del tirocinante

Per orientarsi nel mondo degli stage è utile conoscere alcuni termini fondamentali:

Progetto formativo
 – È il documento che descrive gli obiettivi, le attività, la durata e le modalità del tirocinio. Deve essere firmato da tirocinante, soggetto promotore e soggetto ospitante.

Soggetto promotore – 
L’ente che attiva formalmente il tirocinio: può essere un’università, un centro per l’impiego, un’agenzia formativa accreditata.

Soggetto ospitante
 – L’organizzazione (azienda, ente, studio, etc.) che accoglie il tirocinante e ne cura la formazione sul campo.

Tutor aziendale e universitario – 
Sono le due figure che accompagnano il tirocinio: uno all’interno dell’ente ospitante, l’altro legato all’università o al soggetto promotore.

CFU (crediti formativi universitari) – 
Nel caso dei tirocini curricolari, i CFU rappresentano il valore accademico dell’attività svolta, secondo il carico di lavoro previsto.

Rimborso spese – 
Importo economico riconosciuto (soprattutto nei tirocini extracurricolari), definito dalla normativa regionale.

Assicurazione – 
Tutti i tirocini devono prevedere copertura INAIL e responsabilità civile, a carico del soggetto promotore.

Attestazione finale
 – Documento che descrive le competenze acquisite durante il tirocinio, utile anche per aggiornare il CV.

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