Magari ne hai sentito parlare da un amico, su TikTok o in università. Oppure hai visto una storia con ragazzi che lavorano tutta la notte davanti a un computer, tra post-it colorati, caffè e pitch finali. Si chiamano hackathon e sì, a prima vista sembrano qualcosa per super nerd.
Ma la verità è che gli hackathon non sono solo per programmatori. E nemmeno solo per chi studia informatica. Negli ultimi anni, questi eventi stanno diventando una vera palestra di idee e competenze, anche per chi ha un profilo creativo, umanistico o ibrido. Non importa se sai scrivere codice o no: importa se hai voglia di risolvere un problema vero, insieme agli altri, in poco tempo. Non servono superpoteri. Basta curiosità, voglia di mettersi in gioco e spirito pratico.
In questa guida ti spieghiamo:
- cosa succede davvero durante un hackathon
- perché potresti imparare più in 48 ore che in un mese di lezioni
- come capire se può essere una buona occasione per te, anche se non pensavi di farne mai uno.
Cos’è davvero un hackathon (e cosa non è)
La parola hackathon nasce dalla fusione di due termini: hack (inteso come risolvere creativamente un problema) e marathon (una gara intensa, a tempo). Ma no, non è un evento per “hacker” in felpa e occhiali neri. Un hackathon è semplicemente una sfida a tempo per trovare soluzioni innovative a un problema reale, spesso in team e con risorse limitate.
L’obiettivo? Trovare un’idea che funzioni
Può trattarsi di:
- creare un’app o un sito
- progettare una campagna di comunicazione
- trovare un nuovo servizio per una città, una scuola, un’azienda
- ideare un prodotto utile per una determinata categoria di persone
Non sempre si tratta di scrivere codice. Anzi: molti hackathon sono aperti anche a studenti di economia, psicologia, design, comunicazione, lettere, scienze sociali… Perché non si tratta solo di “tecnica”. Si tratta di trovare soluzioni che funzionano, e saperle raccontare bene.
Non è (solo) una gara: è un laboratorio di idee
Un hackathon non è un esame, né una gara dove vincono solo i più esperti. È un laboratorio intensivo, dove si impara facendo, insieme ad altri. Nessuno si aspetta che tu arrivi con tutte le risposte: quello che conta è come affronti il problema, quanto ti metti in gioco, come collabori.
E oggi esistono hackathon su qualsiasi tema
Non solo tecnologia. Oggi ci sono hackathon dedicati a:
- sostenibilità e clima
- educazione e scuola
- salute mentale e benessere
- inclusione sociale
- cultura, arte e patrimonio
- data storytelling
- intelligenza artificiale… ma spiegata bene
E molti sono promossi da enti pubblici, università, aziende, fondazioni. Alcuni durano due giorni, altri una settimana. Alcuni si svolgono online, altri dal vivo. Alcuni hanno premi, altri crediti formativi o semplicemente esperienza.
In breve: un hackathon è un’occasione per mettersi alla prova, fare squadra, risolvere problemi veri e capire qualcosa in più su di sé. Anche se non sei un tecnico. Anche se non pensavi di partecipare.
Come funziona: cosa succede durante un hackathon
Un hackathon può durare un giorno, un weekend o anche una settimana, ma la struttura è quasi sempre simile. E anche se ogni evento ha le sue regole, c’è un filo rosso che li accomuna: lavorare in squadra, sotto pressione, per trasformare un’idea in una soluzione concreta.
Si comincia con un tema (e un problema da risolvere)
Tutto parte da un brief iniziale: un argomento, un obiettivo, una sfida.
Ad esempio:
- “Progetta un’app per migliorare la raccolta differenziata”
- “Trova una soluzione per aiutare i giovani a orientarsi nel mondo del lavoro”
- “Crea un prototipo che usi l’intelligenza artificiale per la didattica”
Non è importante avere subito l’idea perfetta. Il vero lavoro comincia dopo.
I team si formano sul posto (o il primo giorno)
A volte ti iscrivi già con una squadra. Ma più spesso, vieni assegnato a un gruppo di persone che non conosci: qualcuno studia informatica, qualcun altro economia, qualcun altro ancora psicologia o design. Ed è proprio questo il bello: la diversità del team è una risorsa. Ognuno porta un punto di vista, una competenza, uno stile diverso.
Ci si divide i ruoli… ma si lavora insieme
Non servono gerarchie, ma ci si organizza:
- Chi è più bravo con i dati analizza
- Chi ha spirito creativo immagina soluzioni
- Chi ha talento per le parole si occupa del pitch
- Chi sa usare tool digitali costruisce un prototipo o una presentazione
E spesso si cambia ruolo strada facendo: l’hackathon è anche un modo per uscire dalla comfort zone.
Arrivano mentor, feedback, revisioni
Durante la gara ci sono spesso mentor o coach che passano tra i tavoli (fisici o virtuali), ascoltano, fanno domande, ti spingono a ragionare meglio:
- “Per chi lo stai progettando?”
- “Cosa rende la tua idea davvero utile?”
- “Avete pensato a come comunicarla?”
Non sono lì per giudicare, ma per aiutarti a migliorare.
Alla fine, si presenta tutto in pochi minuti
Ogni team ha un tempo preciso per raccontare il proprio lavoro: di solito 3-5 minuti, davanti a una giuria o agli altri partecipanti.
È il momento del pitch finale:
- si mostra il prototipo (o un mock-up)
- si spiega il problema affrontato
- si racconta come e perché si è arrivati a quella soluzione
- si risponde alle domande della giuria
E poi cosa succede?
Qualcuno vince. Ma tutti imparano qualcosa: su come si lavora in team, su come si presenta un’idea, su come ci si adatta quando qualcosa non va come previsto.
In pratica è un mini-laboratorio di innovazione e collaborazione, condensato in poche ore. E spesso è più utile di un intero corso teorico.
Chi può partecipare, anche senza essere esperto
Una delle cose più belle degli hackathon è che non servono supercompetenze per partecipare. Non devi per forza saper programmare, creare app o conoscere linguaggi da sviluppatore.
Spesso basta:
- una buona idea
- voglia di collaborare
- curiosità per imparare qualcosa di nuovo
Hackathon scolastici, universitari, aziendali, aperti a tutti
Oggi esistono hackathon per ogni età e livello di esperienza:
- nelle scuole superiori, organizzati da professori o enti esterni
- nelle università, come attività extracurricolare o parte di corsi innovativi
- nelle aziende o incubatori, per selezionare giovani talenti o trovare idee nuove
- in formato open, dove puoi iscriverti liberamente (online o in presenza)
In alcuni casi ci sono categorie dedicate: “studenti”, “under 25”, “junior”. In altri casi, si lavora tutti insieme: esperti, principianti, professionisti e neofiti. È proprio il mix a rendere tutto più interessante.
Non sei tecnico? Perfetto. Forse è un punto di forza
Molti hackathon cercano profili non tecnici per completare i team:
- se studi comunicazione, puoi aiutare a scrivere e presentare il progetto
- se sei appassionato di psicologia o scienze sociali, puoi portare uno sguardo umano sul problema
- se vieni da un percorso artistico o creativo, puoi contribuire con visual, storytelling, design
- se studi scienze politiche, economia, diritto, puoi aiutare a capire fattibilità, contesto e impatto sociale
Ogni competenza serve, se sai metterla al servizio del gruppo.
In un team eterogeneo si impara il doppio
Gli hackathon funzionano meglio quando i team sono:
- diversi per età, background, approccio
- capaci di ascoltarsi
- disposti a cambiare idea, se serve
E non c’è bisogno di conoscere già gli altri. Anzi: spesso è un’occasione per fare incontri importanti con persone con cui, magari, continuerai a lavorare anche dopo.
In sintesi: non serve essere esperti per partecipare. Serve essere aperti a mettersi in gioco con ciò che si ha e scoprire magari che si ha più da offrire di quanto si pensava.
Cosa si impara (veramente) in un hackathon
Un hackathon non è solo una gara. È una full immersion pratica che ti lascia dentro molto più di quanto immagini: competenze, consapevolezze, perfino nuove domande su cosa vuoi fare davvero. Non importa se vinci o no. Ciò che impari vale comunque.
Soft skill: impari a lavorare con gli altri, per davvero
Durante un hackathon impari a:
- collaborare sotto pressione con persone mai viste prima
- spiegare le tue idee in modo chiaro e veloce
- ascoltare e adattarti, anche quando le cose cambiano in corsa
- gestire tempi stretti, imprevisti, differenze di opinione
Sono le competenze che fanno la differenza in ogni lavoro: si chiamano soft skill, ma sono tutto tranne che “morbide”.
Hard skill: strumenti digitali, metodo, progettazione
Se sei in un team tecnico, magari impari:
- un nuovo linguaggio di programmazione
- un tool di prototipazione (Figma, Canva, Notion ecc.)
- come si costruisce un modello semplice di business
- come si organizza il lavoro in fasi e obiettivi
Ma anche se non sei “tech”, ti porti a casa:
- un metodo concreto per affrontare problemi complessi
- l’idea che un progetto nasce da piccoli passi, non da intuizioni geniali
- l’esperienza reale di “fare” qualcosa in poco tempo
Il pitch: raccontare bene un’idea vale quanto averla
Ogni hackathon si conclude con una presentazione: pochi minuti per raccontare tutto il lavoro fatto. E lì scopri quanto è importante:
- essere chiari e sintetici
- far emergere il valore concreto della tua idea
- saper rispondere alle domande senza perdere il filo
- usare le parole giuste per farti capire anche da chi è fuori dal tuo ambito
Spoiler: ti servirà sempre, anche nella vita vera.
Ma soprattutto: impari a capire cosa ti appassiona davvero
Molti partecipano per curiosità e finiscono per scoprire un’area che li entusiasma:
- chi pensava di voler lavorare nel marketing, si innamora dei dati
- chi veniva da lettere, si accorge di saper facilitare un gruppo
- chi era convinto di essere troppo introverso, tiene il miglior pitch dell’evento
L’hackathon non ti dà tutte le risposte, ma ti mette davanti a domande vere, e ti fa vedere come reagisci: è un’esperienza che ti allena a pensare, fare e migliorare, nel tempo di un weekend. E ti lascia strumenti che userai anche molto dopo.
Anche se non vinci, vinci: a cosa serve davvero
Spesso chi partecipa a un hackathon arriva pensando: “Voglio vincere”. E sì, è normale — c’è una giuria, magari un premio, e vuoi dare il massimo. Ma la verità è che i premi più utili non sono quelli che ti danno sul podio.
È un acceleratore di consapevolezza
In poche ore impari più su te stesso che in settimane di teoria.
Capisci:
- come lavori sotto pressione
- se preferisci fare, pensare, mediare o raccontare
- se ti piace più progettare o eseguire
- come ti relazioni con sconosciuti in una situazione nuova
È un’esperienza che ti mette in moto, e questo — per chi è in fase di orientamento — vale tantissimo.
Fai networking, senza chiamarlo così
Lavorare fianco a fianco con persone che non conosci crea legami autentici.
- Alcuni diventano amici
- Altri possono diventare futuri collaboratori
- A volte, un mentor nota il tuo modo di lavorare
- A volte, una giuria o un’azienda ti invita a proseguire il progetto
In un hackathon, le connessioni nascono in modo naturale, senza forzature.
Alcuni progetti crescono anche dopo
Ci sono storie di startup nate da un hackathon. Ma più spesso accade qualcosa di meno clamoroso e più prezioso:
- un’idea viene ripresa in una tesi
- un team si iscrive insieme a un bando
- un partecipante capisce cosa vuole approfondire davvero nei suoi studi
Il valore non è nel prodotto finale, ma in ciò che apre.
Entri nel mondo dell’innovazione… dalla porta laterale
Per molti, l’hackathon è il primo contatto concreto con il mondo dell’innovazione:
- imprese che cercano idee
- enti pubblici che vogliono coinvolgere i giovani
- incubatori, acceleratori, progetti europei, bandi reali
Non è la Silicon Valley, ma è un inizio concreto. E per iniziare non serve essere “pronti”. Serve partecipare.
In sintesi l’hackathon non è solo una competizione. È un’opportunità per mettere alla prova le tue competenze, scoprirne di nuove e aprirti strade che non pensavi nemmeno esistessero.
Come trovarne uno (e scegliere il primo giusto)
Gli hackathon sono ovunque. Il difficile, spesso, è sapere dove cercare e scegliere quello adatto a te. La buona notizia? Non devi essere già un esperto per iniziare. Ma è meglio prepararsi con un minimo di consapevolezza.
Dove cercare hackathon se parti da zero
Ecco qualche fonte utile:
- Università e ITS: spesso organizzano hackathon interni o in collaborazione con aziende
- Scuole superiori innovative: alcuni licei e istituti tecnici partecipano a hackathon tematici
- Enti pubblici o fondazioni: molti bandi europei o regionali prevedono “maratone progettuali”
- Piattaforme online come Devpost, BeMyApp, Hackathon.com, Eventbrite
- Startup incubators e coworking: realtà locali che offrono eventi aperti a tutti
- Canali social: cerca su LinkedIn o Instagram con hashtag tipo #hackathonitalia, #studenthackathon
Come capire se è quello giusto per te
Ogni hackathon ha le sue caratteristiche. Prima di iscriverti, chiediti:
- Qual è il tema? (Ti interessa davvero?)
- Serve una competenza tecnica o è aperto a tutti?
- È online o in presenza? (E dove?)
- Quanto dura? (12 ore? 3 giorni? Una settimana?)
- Devo iscrivermi da solo o con un team?
- È competitivo o più formativo?
In base a queste risposte, capirai se fa al caso tuo — e se è il momento giusto per provarci.
Prima di buttarti: 3 mini-consigli pratici
- Leggi il regolamento fino in fondo
Spesso ci sono dettagli importanti: criteri di selezione, cosa portare, scadenze, premi (o crediti formativi). - Non fissarti sulla vittoria
Il primo obiettivo è fare esperienza. Se vinci, bene. Ma anche senza premio, ti porti a casa molto. - Vai con la mente aperta
Forse non sai bene cosa aspettarti. Perfetto. È lì che succedono le cose più interessanti.
Trovare un hackathon è più facile di quanto credi. Sceglierne uno adatto a te — per tema, livello e formato — è il vero primo passo per viverlo al meglio.
Le paure più comuni (e perché non servono)
Tutti, prima di partecipare a un hackathon per la prima volta, si fanno almeno una di queste domande.
Spoiler: sono più comuni di quanto pensi. E spesso non hanno motivo di esistere.
“Non sono abbastanza preparato”
Nessuno lo è davvero, la prima volta. Un hackathon non è un esame, e nessuno pretende che tu sappia già tutto. Quello che conta è come affronti il problema, non quanto conosci prima di iniziare.
“E se faccio brutta figura?”
La verità? Tutti sbagliano qualcosa durante un hackathon. È normale. Fa parte del gioco. Anzi, è proprio da lì che si impara: un errore, una discussione, una presentazione andata male possono insegnarti più di una lezione teorica perfetta.
“Non conosco nessuno”
Perfetto. Quasi nessuno conosce gli altri al primo hackathon. I team si formano lì, all’inizio dell’evento, e proprio il fatto di non conoscersi spinge a collaborare meglio. E alla fine, molti partecipanti raccontano di aver trovato amici, colleghi, contatti che durano nel tempo.
“Non so se è il mio mondo”
C’è un solo modo per scoprirlo: provarci almeno una volta. Un hackathon ti permette di testarti senza dover fare una scelta definitiva. Non ti piace? Non sei obbligato a rifarlo. Ti appassiona? Hai scoperto qualcosa di te che forse prima non sapevi.
In sintesi: la paura è normale. Ma è proprio superandola che l’hackathon diventa utile. Perché non ti forma solo sulle competenze, ma anche sulla fiducia che puoi avere in te stesso.
Non è solo una gara. È un acceleratore di idee (e di scelte)
Partecipare a un hackathon non ti cambia la vita in un weekend.
Ma può metterti in moto, darti uno scossone, aprire una porta che non avevi nemmeno visto.
È un’esperienza breve, ma densa:
- impari a lavorare in modo nuovo
- ti metti alla prova con persone diverse
- vedi nascere un’idea — magari tua — e provi a darle forma
Per molti è una palestra per il lavoro di domani. Per altri, un momento per capire cosa vogliono davvero fare nella vita. E spesso basta provarci una volta sola per portarsi dietro qualcosa che resta. Anche se non vinci, anche se non continui. Perché il valore non è solo nell’obiettivo, ma in quello che scopri mentre ci provi.
5 motivi per partecipare ad almeno un hackathon nella vita
- Ti alleni a lavorare in gruppo
In contesti reali, con persone diverse, in poco tempo. - Metti alla prova le tue idee
Non solo teoria: impari a trasformare intuizioni in soluzioni concrete. - Scopri (davvero) cosa sai fare
E magari anche cosa ti appassiona più di quanto pensassi. - Esci dalla comfort zone, ma in sicurezza
Sbagliare è concesso, imparare è inevitabile. - Fai qualcosa che ti resterà
Non è un compito. È un’esperienza. E spesso è quella che fa la differenza.




