Ci sono competenze che, anche se nessuno te le insegna apertamente, fanno la differenza ovunque: a scuola, all’università, nei colloqui, al lavoro. Una di queste è il problem solving. Che non significa “avere sempre la risposta giusta”, ma saper affrontare una situazione difficile, capire cosa non funziona e trovare una via d’uscita concreta. Nessuno ti dà un voto per questo. Eppure è proprio quello che serve in quasi ogni ambito della vita.
Perché nella realtà, le sfide non arrivano con le istruzioni. Non c’è sempre un’unica soluzione. Non c’è sempre chi ti dice esattamente cosa fare. E spesso, chi riesce a cavarsela meglio non è il più bravo in teoria, ma chi sa adattarsi, ragionare e agire con buon senso.
La buona notizia? Il problem solving non è un talento naturale, ma una skill che si può sviluppare nel tempo — anche se ti senti insicuro, anche se non hai ancora “fatto esperienza”.
In questo articolo vedremo:
- cos’è davvero il problem solving (spoiler: non è solo per geni o ingegneri)
- perché ti serve più di quanto pensi
- come iniziare ad allenarlo ogni giorno, in modo concreto e senza stress
Che cosa si intende per problem solving
Quando si parla di problem solving, spesso lo si riduce a una definizione troppo semplice: “risolvere un problema”. Ma in realtà, è un processo molto più complesso.
Il problem solving non è solo trovare la soluzione giusta. Non significa nemmeno rispondere a una domanda in modo immediato, come si fa in un test. Il vero problem solving è un processo che richiede analisi, pazienza, creatività e coraggio.
Analisi prima di tutto: capire il problema
La prima parte del problem solving è capire il problema. Spesso ci si trova davanti a una situazione complicata senza aver chiaro di cosa si tratti davvero.
- Hai un errore nel codice, ma sai dov’è?
- Hai una scadenza, ma qual è la priorità?
- Ti senti sopraffatto dallo studio, ma che cosa ti crea davvero stress?
Quando affronti un problema, devi essere in grado di decifrare bene la situazione prima di agire. È come se dovessi spogliare il problema dalle apparenze e capire quali sono le cause reali, non solo gli effetti visibili.
Il processo non è lineare: è iterativo
Il problem solving non è una retta che va da punto A a punto B. Anzi, è un processo che ti porta a tornare sui tuoi passi, aggiustare il tiro e provare di nuovo. A volte scopri che la soluzione che avevi pensato inizialmente non è quella giusta, e devi rivedere il tuo approccio. Questo approccio iterativo ti aiuta a non arrenderti quando le cose non vanno subito come pensavi. Soprattutto a non cercare la perfezione, ma piuttosto a fare progressi continui.
Creatività: trovare alternative
Molti pensano che il problem solving sia una questione di razionalità e logica. Ma, per affrontare situazioni nuove e complesse, bisogna anche essere creativi. Un buon problem solver non ha solo una mente analitica, ma anche la capacità di pensare fuori dagli schemi. Non esiste una sola soluzione a un problema: trovarne diverse e valutarle con criterio è parte del gioco. La creatività ti aiuta a pensare a soluzioni non convenzionali, che potrebbero fare la differenza.
Decisione e azione: prendere una posizione
Infine, il problem solving si concretizza nel prendere decisioni e agire. A volte, la soluzione migliore è quella che ti permette di fare il primo passo. Anche se non hai tutte le risposte, l’importante è non rimanere fermi. La decisione può essere rivisitata successivamente, ma muoverti ti aiuterà a fare progressi.
In sintesi il problem solving non riguarda solo la “soluzione giusta”, ma tutto il processo: capire, esplorare, decidere e agire.
Perché ti serve più di quanto pensi (e dove fa la differenza)
Molti studenti non pensano al problem solving come una competenza cruciale, soprattutto in ambiti umanistici. Ma è fondamentale in ogni campo: non importa che tu stia studiando letteratura, medicina, economia o ingegneria. Ovunque ti troverai a fare scelte, risolvere problemi, adattarti a situazioni nuove. E in effetti, è proprio nella vita quotidiana, nello studio e nel lavoro che il problem solving fa davvero la differenza.
Nello studio: esami, tesi, lavori di gruppo
Non si tratta solo di passare un esame, ma di capire come affrontarlo al meglio. Hai un progetto da sviluppare? Una tesi da scrivere? Un lavoro di gruppo da coordinare? Ogni fase di questi processi richiede:
- Organizzare il lavoro in modo efficiente
- Distribuire i compiti in base alle competenze del gruppo
- Gestire il tempo per evitare il sovraccarico
- Trovare soluzioni quando una parte del progetto non funziona
Ogni volta che ti trovi di fronte a una scadenza, un compito complesso o una discussione in gruppo, stai esercitando il problem solving.
Nel lavoro: più che un titolo, conta come agisci
Quando entrerai nel mondo del lavoro (e forse anche prima, nei tirocini), il problem solving sarà una delle competenze più apprezzate. Spesso non è tanto la tua formazione che conta, ma come affronti le difficoltà, come risolvi i problemi e come prendi decisioni.
In un colloquio o in una valutazione, probabilmente ti verranno chiesti esempi di situazioni in cui hai dovuto affrontare un imprevisto, risolvere una difficoltà o lavorare con persone difficili. E anche quando non ti viene chiesto esplicitamente, il tuo approccio al lavoro parla da sé. I datori di lavoro vogliono vedere che sei proattivo e che sai muoverti anche in situazioni di incertezza.
Nella vita quotidiana: dalle scelte alle relazioni
Il problem solving non riguarda solo gli esami o il lavoro. Si applica anche alla vita quotidiana, alle scelte che facciamo ogni giorno:
- Come organizzare la giornata per conciliare studio, lavoro e tempo libero?
- Come affrontare un problema con un amico o un familiare?
- Come gestire un conflitto o trovare una soluzione a una situazione difficile?
Saper risolvere i problemi quotidiani ti dà maggiore controllo sulla tua vita, ti aiuta a prendere decisioni con più fiducia e a ridurre lo stress.
In sintesi: il problem solving è una competenza trasversale che ti aiuterà ovunque, dallo studio al lavoro, dalle scelte quotidiane alla gestione delle relazioni. Non solo ti farà crescere, ma ti darà gli strumenti per affrontare con maggiore sicurezza qualsiasi sfida che la vita ti porrà davanti.
Perché molti si sentono negati (e invece non lo sono affatto)
Quando si parla di problem solving, c’è una convinzione che si diffonde facilmente: “Non sono portato per risolvere problemi”, “Non sono bravo a trovare soluzioni, mi manca la creatività”.
Queste affermazioni sono più comuni di quanto pensi, e spesso nascono da esperienze negative passate o dalla sensazione di non riuscire a gestire situazioni complesse. Ma la verità è che nessuno nasce con la capacità di risolvere problemi difficili. È una competenze che si costruisce con la pratica, e che può essere allenata a qualsiasi età.
Non è questione di “genio”
C’è una grande differenza tra essere “portati” per il problem solving e “allenati” a farlo. Il primo è un mito: tutti possiamo imparare a pensare in modo critico, strutturato e creativo, a seconda delle circostanze.
Il punto è: nessuno risolve problemi complessi senza esercizio. I grandi risolutori di problemi non sono persone speciali, ma persone che hanno sviluppato strategie e metodi per affrontare la complessità, passo dopo passo.
Le difficoltà che trovi sono comuni
Molti studenti e lavoratori che pensano di non essere bravi nel problem solving si sono fermati davanti al primo ostacolo. Questo accade perché:
- non si sono mai chiesti come affrontare i problemi in modo metodico
- hanno cercato soluzioni immediate, senza fare un’analisi approfondita prima
- hanno paura di sbagliare, quindi non tentano nemmeno
Il punto è che tutti, anche i più esperti, sbagliano prima di trovare la soluzione giusta. Ma è l’approccio e la perseveranza che fanno la differenza.
La paura di sbagliare ti blocca (ma è proprio lì che impari)
Una delle principali difficoltà che blocca chi non si sente “portato” è la paura di sbagliare. Invece di vedere l’errore come un passo in avanti, lo si considera un fallimento. Ma la realtà è che, ogni volta che falliamo, impariamo qualcosa che ci rende più forti. Non è il fallimento che conta, ma la resilienza: la capacità di rialzarsi, rivedere la situazione e cercare una nuova strada.
Come allenare la mente a risolvere i problemi
Non serve essere un genio per risolvere i problemi. Serve allenarsi, fare pratica, esporsi a situazioni che ti mettano in difficoltà e cercare sempre di imparare dai tuoi errori. Il segreto sta nel metodo: non c’è una soluzione rapida e facile, ma un processo che si può migliorare nel tempo.
Se pensi di non essere bravo a risolvere problemi, probabilmente hai solo bisogno di allenarti di più. Non si tratta di “essere nati così”, ma di imparare a pensare e ad agire con maggiore consapevolezza. Nessuno nasce esperto: si diventa esperti con l’esperienza e con l’approccio giusto.
Da dove cominciare: 5 esercizi pratici per allenarlo ogni giorno
Il problem solving non si studia sui libri e non si impara in un giorno. Ma la buona notizia è che puoi iniziare ad allenarlo subito, anche senza corsi o competenze tecniche.
Ecco cinque esercizi pratici che puoi fare nella vita quotidiana, mentre studi, lavori o ti muovi tra una decisione e l’altra. Non richiedono strumenti, solo attenzione e un pizzico di costanza.
1) Fai domande migliori
Spesso ci buttiamo a risolvere un problema senza averlo capito fino in fondo.
Allenati a chiederti:
- Qual è il vero nodo da sciogliere?
- Quali sono le informazioni che mi mancano?
- C’è un altro modo di vedere la questione?
Esercizio: prendi un piccolo problema reale (ritardo su un progetto, conflitto con un compagno, decisione difficile) e prova a scrivere 3 domande che ti aiutino a capirlo meglio.
2) Cambia il punto di vista
Un buon problem solver non si affeziona troppo alla sua prima idea. Allenati a vedere la stessa situazione da altre angolazioni:
- Cosa farebbe una persona più pragmatica?
- Cosa vedrebbe qualcuno di esterno?
- E se fosse un’opportunità, non un problema?
Esercizio: ogni settimana, scegli un problema semplice (anche ipotetico) e prova a descriverlo da tre punti di vista diversi. Ti sorprenderà quanto cambiano le possibili soluzioni.
3) Allenati in piccoli problemi quotidiani
Non aspettare un grande problema per esercitarti. Anche scegliere come organizzare la giornata, risparmiare tempo su un tragitto, o trovare il modo più efficace per studiare è problem solving.
Esercizio: una volta al giorno, fermati 5 minuti e chiediti: “C’è qualcosa che potrei fare in modo più intelligente, semplice o efficace rispetto a come lo faccio ora?”
4) Risolvi problemi… con gli altri
Il problem solving non è sempre individuale. Anzi, nei contesti reali si risolvono problemi insieme: nei gruppi studio, nei progetti, nei lavori di squadra.
Esercizio: proponiti per risolvere un piccolo problema insieme ad altri (un’attività da organizzare, un progetto da dividere, un disaccordo da chiarire). Osserva come interagisci, che ruolo prendi, che soluzioni emergono.
5) Tieni un diario dei problemi risolti
Potrà sembrarti strano, ma tenere traccia delle situazioni affrontate ti aiuta a riconoscere i tuoi progressi e a capire meglio il tuo metodo.
Esercizio: ogni settimana, annota un problema che hai affrontato (anche piccolo), come l’hai gestito e cosa hai imparato. Col tempo, diventa un vero e proprio archivio delle tue competenze in crescita.
In sintesi: il problem solving si costruisce con piccoli passi. Basta osservare meglio, fare pratica consapevole e accettare di sbagliare ogni tanto. Non serve un’aula, serve volontà e continuità.
Le 3 trappole mentali che bloccano il problem solving
A volte il problema non è il problema. È il modo in cui lo guardiamo. Nel problem solving, la più grande difficoltà non è trovare la risposta, ma superare gli ostacoli mentali che ci impediscono di vedere con lucidità.
Vediamo le tre trappole più comuni che rischiano di bloccarci — e come riconoscerle per evitarle.
1) “C’è una sola soluzione giusta”
Questa è forse la trappola più diffusa, soprattutto tra chi ha fatto un percorso scolastico molto teorico: “O trovi la soluzione esatta, o hai sbagliato”.
Ma nella vita reale, i problemi complessi non hanno quasi mai un’unica risposta. Ci sono alternative, compromessi, soluzioni parziali. Il bravo problem solver non cerca la perfezione, ma l’opzione migliore nel contesto che ha davanti.
Se ti blocchi aspettando la risposta “perfetta”, stai solo rimandando l’azione.
2) “Non posso iniziare finché non ho capito tutto”
Il bisogno di controllare ogni variabile prima di agire è una trappola comune, soprattutto in chi ha paura di sbagliare. Ma aspettare di avere tutte le risposte prima di iniziare è spesso impossibile — e controproducente.
La realtà è che molte risposte arrivano solo dopo che inizi a muoverti. Chi risolve davvero i problemi non è chi aspetta, ma chi agisce per capire meglio.
Comincia da quel che sai. Aggiusta il tiro strada facendo.
3) “Evito il problema, così magari sparisce”
Questa trappola è più subdola: la procrastinazione: “Non ci voglio pensare ora”, “Forse si risolve da solo”.
Capita a tutti. Ma spesso i problemi evitati non si risolvono: si ingrandiscono. Invece, affrontarli per tempo ti permette di gestirli quando sono ancora piccoli, prima che diventino vere emergenze. Non devi risolvere tutto subito. Ma devi iniziare a guardarli in faccia.
Ricorda: il problem solving non si allena solo con la pratica, ma anche con l’atteggiamento giusto. Serve flessibilità, coraggio e la disponibilità ad accettare l’imperfezione. Perché non vincerà chi sa tutto, ma chi riesce a non farsi bloccare.
Il problem solving nei colloqui e nel CV: come raccontarlo (anche se hai poca esperienza)
Uno dei motivi per cui il problem solving è così richiesto da aziende, enti e organizzazioni è semplice: chi sa risolvere problemi fa risparmiare tempo, soldi ed errori. Per questo motivo, è una delle prime competenze che i recruiter cercano, anche nei profili junior. Ma c’è un problema: non sempre sai come raccontarla. Soprattutto se non hai ancora esperienze di lavoro strutturate.
Nei colloqui: racconta “come” ci sei arrivato
Non basta dire: “Sono una persona che sa risolvere i problemi”. Lo dicono tutti. Ciò che fa la differenza è raccontare un episodio concreto, anche piccolo, in cui hai affrontato una difficoltà e l’hai gestita con intelligenza e iniziativa.
Esempi utili (anche senza esperienza lavorativa):
- un problema in un progetto di gruppo
- una consegna urgente a cui hai trovato una soluzione creativa
- un imprevisto in uno stage, in un’attività universitaria o personale
- una scelta difficile che hai dovuto prendere e come l’hai gestita
Ricorda: non serve che il problema fosse grande. Serve che tu spieghi il tuo ragionamento.
Nel CV: dove inserirlo, come descriverlo
Il problem solving è una soft skill: non ha un attestato, ma puoi valorizzarla con il contesto giusto. Nel CV puoi inserirla in due modi:
- Nella sezione “Competenze trasversali”
Esempio:
– Problem solving: abituato a gestire scadenze e imprevisti in contesti di gruppo.
– Problem solving: sviluppato in progetti universitari e laboratori multidisciplinari. - All’interno delle esperienze
Nelle descrizioni delle esperienze (anche se brevi), puoi mettere in evidenza una situazione risolta.
Esempio:
– Durante uno stage, ho individuato un errore nei dati e proposto un metodo più efficace di verifica.
– Nel coordinare un’attività per l’associazione studentesca, ho trovato una soluzione per gestire un budget ridotto.
Evita frasi generiche: usa esempi concreti. È questo che dà credibilità a ciò che scrivi.
Anche nella lettera motivazionale (se serve)
Se ti candidi per un ruolo che richiede iniziativa o lavoro di squadra, puoi spendere una riga nella lettera motivazionale raccontando come hai affrontato un problema, senza fare retorica.
“In un recente progetto universitario, abbiamo dovuto ripensare tutto il piano a pochi giorni dalla scadenza. Coordinando il gruppo e distribuendo le nuove attività, siamo riusciti a consegnare in tempo”
In sintesi: non serve avere anni di esperienza per dimostrare di avere problem solving. Basta saper riconoscere situazioni concrete, spiegarle con chiarezza e mostrare come ci hai ragionato sopra. Chi ascolta o legge il tuo CV vuole capire come affronti la realtà.
Non è una skill per pochi. È un muscolo che si allena
Il problem solving non è un dono per pochi fortunati, né una dote riservata a chi ha studiato materie scientifiche. È una capacità che puoi costruire giorno dopo giorno, anche mentre studi, lavori, fai stage, o affronti le normali sfide della vita quotidiana. Non devi sapere sempre cosa fare. Non devi avere tutte le risposte. Quello che fa la differenza è essere disposto a osservare, ragionare, adattarti, cercare soluzioni con buon senso.
È questo il problem solving che serve davvero:
- quello che ti aiuta a trovare un modo, quando non c’è ancora una strada tracciata
- quello che ti permette di muoverti, anche quando non ti senti sicuro al 100%
- quello che costruisce fiducia nelle tue risorse, un passo alla volta
Allenarlo non richiede strumenti speciali. Richiede attenzione, coraggio e la voglia di imparare facendo. E se inizi oggi, domani sarai già più avanti di quanto pensi.
5 segnali che stai già usando il problem solving (anche se non te ne accorgi)
- Ti è capitato di salvare un lavoro di gruppo all’ultimo minuto
Hai trovato un modo per riorganizzarlo, recuperare il tempo perso o correggere un errore? Questo è problem solving. - Hai risolto un conflitto senza peggiorare la situazione
Mediare, capire il punto di vista dell’altro, trovare un compromesso: tutte abilità da risolutore di problemi. - Hai gestito una giornata piena con mille incastri
Ogni volta che trovi un modo per far quadrare le cose, stai allenando la tua capacità di analizzare e decidere in tempo reale. - Hai improvvisato una soluzione quando qualcosa è andato storto
Un piano saltato, un imprevisto all’esame, un errore tecnico: se non ti sei bloccato e hai reagito, stai già sviluppando il muscolo giusto. - Hai aiutato qualcun altro a risolvere un problema
Capire un problema che non è tuo e trovare insieme una soluzione è una delle forme più concrete di problem solving.




