Test di ingresso per le professioni sanitarie: davvero più difficile degli anni scorsi?

Domande, posti disponibili e pubblicazione delle prove: cosa emerge dal test di quest’anno.

di Anna Castiglioni
11 settembre 2025
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Lunedì 8 settembre, circa 58.000 studenti si sono presentati in tutta Italia per affrontare una delle prove più attese (e temute) dell’anno: il test di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie. Come ogni anno non sono mancate polemiche: online è facile imbattersi in commenti su quanto fosse difficile il test o di quanto fosse troppo facile per alcuni indirizzi. Ma com’è andata davvero questa prova? È stata più dura rispetto al passato? E perché continua a esserci così poca trasparenza nella pubblicazione delle prove?

Un test nazionale… ma locale

A differenza di quanto accaduto per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia, dove si è passati alla modalità del semestre filtro (tutti possono iscriversi, ma poi si seleziona in base agli esami del primo semestre), per le professioni sanitarie è rimasto il classico test di selezione cartaceo, a crocette e in presenza. Il test si svolge in contemporanea su tutto il territorio nazionale, ma ha un valore esclusivamente locale: ogni candidato partecipa per un solo ateneo e concorre esclusivamente per i posti disponibili in quell’università. Se ad esempio si sostiene la prova a Roma La Sapienza, non si può sperare di rientrare nelle graduatorie di Padova, Palermo o Milano Bicocca. Questo rende il sistema frammentato, ma al tempo stesso permette agli atenei di gestire in autonomia alcuni aspetti della prova.

Chi prepara davvero questi test?

Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) stabilisce le linee guida generali: il numero di domande (60), le materie (biologia, chimica, matematica, logica, cultura generale), la distribuzione percentuale delle discipline. Ma ogni ateneo decide in autonomia a chi affidare la realizzazione pratica della prova. Una buona parte delle università – più della metà – si affida a Cineca, un consorzio ministeriale che prepara una prova standardizzata distribuita poi a più atenei. Altri si rivolgono a enti privati oppure realizzano la prova internamente con il contributo di professori e collaboratori. Non c’è una regola precisa: ogni università può scegliere liberamente il proprio fornitore, purché rispetti i criteri fissati dal MUR.

La grande caccia al test (che quasi nessuno pubblica)

Un tema critico è quello della mancata pubblicazione delle prove subito dopo il test. A differenza di quanto accade per Medicina, dove ormai era prassi pubblicare rapidamente la prova ufficiale, per le professioni sanitarie i test rimangono spesso “nascosti” nei meandri dei siti universitari – quando vengono pubblicati. Solo alcune università – come l’Insubria (Varese) o Bologna – rendono disponibile la prova in tempi relativamente brevi, mentre molte altre attendono settimane, spesso anche dopo l’uscita delle graduatorie.

Eppure, avere accesso alla propria prova è fondamentale per gli studenti. Non solo per verificare quanti punti si sono totalizzati, ma anche per capire dove si è sbagliato. Ogni test è infatti personalizzato: la sequenza delle risposte corrette viene mescolata, quindi solo con il documento ufficiale alla mano è possibile fare un calcolo preciso del punteggio ottenuto.

Ma il test era davvero difficile?

Ogni anno, subito dopo la prova, i social si riempiono di commenti scoraggiati: “Era impossibile”, “domande mai viste”, “troppo complicato”. Ma quanto di tutto questo corrisponde alla realtà? Chi lavora quotidianamente alla preparazione degli studenti, come i docenti di Alpha Test, ha una visione più lucida. Secondo loro, la prova di quest’anno – almeno quella del circuito Cineca – è stata in linea con gli anni precedenti, senza particolari sorprese o difficoltà elevate. Non c’erano “domande trabocchetto”, né quesiti fuori programma realmente penalizzanti.

Un caso isolato è stato segnalato nell’area matematica, dove è comparsa una domanda legata alle equazioni differenziali, un argomento non esplicitamente previsto dai sillabi ministeriali. Tuttavia, secondo i docenti, si trattava di un quesito risolvibile anche senza conoscere in profondità il tema, grazie alla struttura delle alternative fornite. Come conferma Marco Pinaffo, docente di Matematica di Alpha Test, “in matematica 5 esercizi su 7 (equazione, radicale, esercizi di geometria elementare e trigonometria) erano molto semplici: probabilmente a queste domande la maggior parte dei candidati ha risposto correttamente. Per quanto riguarda l’esercizio con la disequazione irrazionale, forse l’ostacolo maggiore riscontrato dalla maggioranza degli studenti, era risolvibile con la strategia di analisi delle alternative, fattibile anche da chi non ha mai trattato le disequazioni irrazionali. L’esercizio sulle funzioni, invece, era decisamente più complicato”.

In generale, si può parlare di una prova conservativa, pensata per valutare in modo equilibrato, senza eccessive forzature.

Infermieristica: dove entra (quasi) chiunque

Un altro tema emerso è quello del rapporto tra candidati e posti disponibili, che cambia molto a seconda del corso scelto. Per alcuni corsi, come fisioterapia, logopedia e dietistica, la selezione è ancora molto rigida: solo per fisioterapia, ad esempio, si parla di circa 17.000 candidati per circa 2.700 posti. Al contrario, in altri corsi come infermieristica, la situazione sembra ormai capovolta: in molti atenei, i candidati sono quasi pari ai posti disponibili. Questo significa che passare il test non è più così difficile, e si registra una sorta di “accesso garantito” che cambia completamente l’esperienza del concorso per chi sceglie questa strada.

Il test d’ingresso per le professioni sanitarie continua a rappresentare uno snodo importante per migliaia di studenti ogni anno, a prescindere dall’indirizzo scelto. Rimane tuttavia un sistema che appare poco trasparente e dismogeneo: mancano regole chiare e condivise su chi prepara le prove, su come e quando pubblicarle e, soprattutto, su come fornire agli studenti gli strumenti per valutare in modo sereno la propria performance.

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