Farsi guidare da quello che “sembra giusto”
L’orientamento è un percorso, non uno scatto da centometrista. Serve tempo, strumenti, ascolto. E a volte si sbaglia — ma sbagliare non vuol dire essere fuori strada. Può essere proprio l’inizio di una direzione più autentica.
“Ci vanno tutti i miei amici”, “ha più futuro”, “me l’ha consigliato la prof”. Spesso si finisce per scegliere una scuola perché è quella che “va per la maggiore” o che dà un certo prestigio. Ma seguire il vento del momento non sempre porta dove vogliamo davvero.
“Mi ero iscritto al classico perché lo consideravo il percorso più serio. Ma a un certo punto mi sono accorto che non stavo imparando per me, ma per aderire a un’idea di successo che non sentivo mia”, racconta un ex studente.
Fare una scelta consapevole non significa ribellarsi a tutti, ma ascoltare bene cosa è tuo e cosa ti è stato appiccicato addosso.
Mettere da parte ciò che davvero ci incuriosisce
A 13 o 14 anni nessuno ha le idee perfettamente chiare, ed è giusto così. Ma non ascoltare ciò che ci stimola, che ci fa venire domande, può portare a una strada spenta.
Un interesse — anche piccolo, anche passeggero — può essere una bussola. Non vincola per sempre, ma può accendere un percorso più motivato, più vivo.
“Non pensavo alla scienza come a qualcosa per me, finché un’amica non mi ha portato a un laboratorio universitario aperto al pubblico. Lì ho capito che volevo capirne di più”, racconta Martina, oggi al quarto anno di un tecnico biotecnologico.
Invece di aspettare la “passione travolgente”, meglio partire da ciò che ci fa fare attenzione, che ci fa alzare lo sguardo.
Conoscere solo una piccola parte delle opzioni
Un altro ostacolo diffuso? Avere una mappa scolastica parziale. Molti conoscono solo i licei più noti, o un paio di professionali presenti in zona. Il resto resta invisibile. E se non lo vedi, non lo puoi nemmeno considerare.
Ci sono istituti tecnici che collaborano con aziende del territorio, scuole con percorsi artistici o agrari di alto livello, indirizzi nuovi nati per rispondere a trasformazioni reali del mondo del lavoro. Eppure, spesso la narrazione si ferma a “liceo se vai bene, professionale se hai difficoltà”. Una semplificazione pericolosa, e falsa.
“Nessuno ci ha mai spiegato davvero cosa significasse fare un tecnico meccatronico. Solo durante un open day ho capito che poteva fare per me”, ci ha detto Marco, oggi diplomato e assunto.
Orientare non significa spingere verso una direzione, ma dare gli strumenti per guardarsi attorno davvero.
Non sfruttare le risorse disponibili (perché nessuno le racconta bene)
Negli ultimi anni sono stati messi in campo strumenti utili per orientarsi meglio, ma non sempre si conoscono o vengono spiegati in modo accessibile.
Uno dei più interessanti è la piattaforma UNICA, realizzata dal Ministero dell’Istruzione, che raccoglie materiali informativi, video, domande guida e percorsi interattivi per aiutare studentə e famiglie a orientarsi. Non è perfetta, ma è un punto di partenza concreto.
All’interno del Programma Nazionale per l’Orientamento 2021–2027, il Ministero ha anche previsto azioni mirate per rafforzare l’educazione alla scelta, con laboratori, attività sperimentali e percorsi che aiutano a sviluppare consapevolezza e autonomia decisionale.
A livello europeo, progetti come Erasmus+ non servono solo all’università: offrono opportunità anche alle scuole secondarie, con scambi, tirocini, mobilità breve. Occasioni preziose per esplorare se stessi in contesti nuovi, diversi, stimolanti.
Conoscere queste risorse non dà la risposta giusta. Ma può fare la differenza tra una scelta fatta “per esclusione” e una scelta fatta con criterio.
In sintesi: nessuna scelta è perfetta, e nessuno la farà al posto tuo. Ma scegliere con più strumenti, più spazio e più tempo è possibile. E oggi più che mai, è necessario.
Orientarsi non è trovare “la” scuola giusta. È cominciare a chiedersi: che storia voglio scrivere, da qui in avanti?
