Startup e autoimprenditorialità: come avviare un proprio progetto dopo la laurea

Terminata l’università, il primo pensiero spesso va alla ricerca di un lavoro. Ma non per tutti. C’è chi, invece, comincia a pensare a come costruirselo da sé. L’idea di avviare una startup o un piccolo progetto imprenditoriale personale dopo la laurea non è più solo per “visionari della Silicon Valley”, ma una possibilità concreta anche in Italia, se si sa dove guardare.

di Alpha Orienta
11 giugno 2025
1 MIN READ

Non sono tanti, ma ci provano davvero

Secondo un report congiunto di AlmaLaurea e Unioncamere, dal 2004 al 2018 circa 205 mila laureati in Italia hanno avviato un’impresa: poco più del 7% del totale. Non sono molti, ma quel dato racconta una scelta non scontata. Ancora meno, circa il 4%, hanno fondato una startup innovativa. Eppure, questi pochi fanno cose interessanti. Le aziende fondate da neolaureati hanno tassi di sopravvivenza superiori alla media, usano forme societarie più evolute e spesso nascono con una visione chiara del proprio posizionamento.

Il 37% degli imprenditori laureati ha iniziato prima ancora di concludere gli studi. Segno che università e startup non si escludono, anzi. In molti casi è proprio un’idea nata tra esami, laboratori e tirocini a diventare il seme di un’impresa.

Prima di creare un’impresa, costruisci un percorso solido

Fare impresa dopo la laurea è possibile, ma tutto parte da una scelta consapevole all’inizio. La guida Quale Università 2025/2026 ti aiuta a capire chi sei, cosa ti interessa davvero e quali percorsi di studio possono darti le basi giuste — anche per diventare imprenditore.
Uno strumento utile per orientarti tra corsi, sbocchi lavorativi e competenze richieste nel mondo che cambia.

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Prima di partire: come capire se fa per te

Non è una decisione da prendere alla leggera. Avviare una propria attività richiede visione, ma anche concretezza. Serve spirito d’iniziativa, tolleranza al rischio, un po’ di fame e tanta disciplina.

Vale la pena partire da un punto fermo: non servono solo “idee geniali”, ma progetti che risolvano problemi reali. E per costruirli, non c’è bisogno di essere soli. L’università può offrire molto, se la si guarda nel modo giusto: i Contamination Lab (CLab), attivi in diversi atenei italiani, sono un esempio concreto. Sono spazi dove studenti di diverse facoltà collaborano a progetti d’impresa. In alcuni casi, si arriva a costituire spin-off accademici veri e propri, con tanto di supporto alla brevettazione o alla prototipazione.

Molti atenei hanno un proprio incubatore o programma pre-accelerazione. PoliHub al Politecnico di Milano, I3P a Torino, Dock3 a Roma Tre, Almacube a Bologna. Sono ambienti dove si può validare un’idea, incontrare mentor, partecipare a bandi. E dove si sbaglia molto, ma si impara in fretta.

Dall’idea al progetto: primi passi

Ogni percorso imprenditoriale comincia con un’idea. Ma serve metodo per capire se funziona. È utile costruire un business model canvas, anche in forma semplificata. Chiarire cosa si offre, a chi, come si genera valore. Chi sono i concorrenti. Come si arriva ai primi clienti.

L’Unione delle Camere di Commercio fornisce strumenti pratici per la redazione di un business plan. Le Camere locali offrono sportelli gratuiti per orientarsi su forma giuridica, requisiti fiscali e codici ATECO. Il portale nazionale startup.registroimprese.it è un ottimo punto di partenza per chi vuole iscriversi come “startup innovativa”.

Molti cominciano in piccolo, da soli o con un amico. Poi si capisce se ha senso crescere. Non è necessario – anzi, è rischioso – partire spendendo molto. La logica è quella del prototipo, del test. Costruire una prima versione del prodotto, farlo provare, raccogliere feedback. E migliorarlo.

Incentivi e bandi: dove trovare i fondi

Senza capitali, si va poco lontano. Ma oggi ci sono strumenti pubblici pensati proprio per i giovani. Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo, gestisce molte delle agevolazioni statali. Eccone alcune tra le più interessanti:

  • Smart&Start Italia: per startup innovative ad alto contenuto tecnologico. Offre finanziamenti a tasso zero fino all’80% del progetto, con un 30% a fondo perduto per il Sud.
  • ON – Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero: destinato a giovani under 35 e donne. Combina prestiti agevolati e contributi a fondo perduto.
  • Resto al Sud: pensato per chi vive nelle regioni meridionali o nelle aree terremotate del Centro Italia. Copre il 100% delle spese di avvio (50% fondo perduto, 50% prestito agevolato).
  • Fondo di Garanzia PMI: non eroga fondi, ma garantisce fino al 90% di un prestito bancario. È disponibile anche per startup innovative.

A questi strumenti si aggiungono bandi regionali, premi per idee imprenditoriali universitarie (come il Premio Nazionale Innovazione), voucher e call organizzate da acceleratori privati.

A livello europeo esiste Erasmus for Young Entrepreneurs: un programma di scambio che permette di lavorare per qualche mese in una PMI europea già avviata. Si riceve un contributo mensile e si apprende direttamente da chi ha più esperienza.

Come scegliere in che ambito muoversi

L’autoimprenditorialità non ha una formula unica. Il settore in cui lanciarsi dipende da chi sei, cosa sai fare e cosa ti interessa davvero. Non sempre si parte da un’idea. A volte si parte da un problema.

Chi ha un background tecnico può trovare sbocchi naturali nel digitale, nell’ingegneria applicata, nell’hardware. Chi arriva da medicina o biologia può esplorare biotech, medtech, salute. Chi studia economia può puntare su fintech, servizi alle imprese, e-commerce. Ma anche chi ha una formazione umanistica ha spazio: imprese culturali, contenuti digitali, turismo esperienziale, innovazione educativa.

L’importante è sapere dove si sta mettendo piede. Studiare il mercato, capire chi sono i concorrenti, cosa offrono, dove stanno fallendo. E trovare un modo per fare meglio.

Un buon progetto non nasce mai da solo. I team misti, multidisciplinari, sono spesso quelli che funzionano meglio. Un informatico e un economista, un designer e una psicologa: mescolare competenze aiuta a vedere meglio i limiti dell’idea e a costruire un prodotto più solido.

Le difficoltà ci sono, meglio saperlo prima

Partire da zero è faticoso. I soldi non bastano mai, i tempi sono lunghi, i clienti non arrivano subito. La burocrazia italiana è migliorata, ma resta un ostacolo. Il mito della startup che esplode in sei mesi è, appunto, un mito.

La maggior parte delle imprese fondate da neolaureati resta piccola. Ma questo non significa che non siano importanti. Anzi. Spesso sono proprio queste realtà a costruire soluzioni concrete, a creare lavoro, a innovare dove gli altri non riescono.

“Il fallimento di una startup non è il fallimento della persona”, si legge in una guida dell’Unione Europea ai giovani imprenditori. Vale la pena tenerlo a mente. Molte carriere iniziano proprio così: con un’idea che non ha funzionato, ma che ha insegnato molto.

Dove restare aggiornati

Le risorse online non mancano. Ecco alcuni link utili:

Oltre a questi, è utile seguire incubatori, acceleratori e fondi VC sui social o iscriversi a eventi locali. Le startup nascono spesso nei coworking, nei meet-up, nei bar degli atenei. Il primo passo può essere anche solo una chiacchierata con qualcuno che ci ha già provato.

In conclusione

Aprire un’impresa appena laureati non è facile, ma nemmeno impossibile. È un percorso che richiede preparazione, dedizione e una buona dose di coraggio. Non ci si inventa imprenditori in un giorno, ma si può cominciare a costruirsi il terreno giusto.

Per molti, mettersi in proprio non è il piano A. Ma per altri può diventare la scelta più sensata, se fatta con consapevolezza e realismo. I dati ci dicono che chi ci prova, spesso non se ne pente. Le startup di neolaureati non saranno tante, ma esistono. E alcune, nel loro piccolo, stanno già cambiando le cose.

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Chi sceglie economia oggi non sta solo decidendo “cosa farà da grande”. Sta scegliendo uno strumento per capire il mondo. Perché parlare di impresa, mercato, lavoro, finanza, significa entrare nel cuore di come funzionano le cose, dai bilanci familiari alle strategie di una multinazionale.

Questo non vuol dire che sia la scelta giusta per tutti. Ma se leggere le pagine economiche di un giornale, capire cosa vuol dire “legge di bilancio” o capire come si gestiscono le entrate e uscite di un’impresa (le imprese familiari in Italia sono la maggior parte), sono alcune delle domande che ti poni, allora una facoltà di economia può aiutarti a trovare le risposte.

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Mobilità internazionale post-laurea: tirocini all’estero e programmi europei (ed extraeuropei)

Il passo successivo alla chiusura dell’ultima sessione di esami è quasi sempre il chiedersi cosa fare una volta laureati. È la classica fase sul filo del rasoio: da una parte dubbi atavici, dall’altra l’orizzonte delle possibilità. E tra queste, c’è quella di fare un’esperienza all’estero. Non è certo una fuga: è un’opportunità per collocarsi in un altro contesto, con altre regole, altre lingue, altri modi di pensare.