Il primo lavoro: come orientarsi tra contratti, tutele e aspettative realistiche

Non è solo questione di trovare lavoro, ma di capire cosa aspettarsi davvero: ecco come leggere un contratto, riconoscere i propri diritti e affrontare i primi passi senza illusioni né paure.

di Lucia Resta
21 ottobre 2025
1 MIN READ

C’è un momento che prima o poi arriva per tutti: quello in cui si entra davvero nel mondo del lavoro. Dopo gli esami, dopo i curriculum mandati, dopo i tirocini — o magari senza aver fatto nulla di tutto questo. A volte capita all’improvviso, a volte si fa aspettare. Ma quando succede, lascia sempre una traccia.

Il primo lavoro non è mai solo “un lavoretto”. Anche se non è il lavoro della vita. Anche se dura poco, paga poco o non ha nulla a che vedere con quello che hai studiato. È comunque il punto in cui finisce la teoria e inizia la pratica, dove cominci a capire sul serio cosa significa lavorare, stare in un ambiente professionale, avere dei doveri — e anche dei diritti.

Eppure, proprio perché è la prima volta, è anche un territorio pieno di incognite: “Che tipo di contratto mi stanno offrendo?”, “Cosa succede se mi ammalo?”, “Posso chiedere quante ferie ho?”, “È normale lavorare così tanto per così poco?”. Sono domande comuni, ma spesso nessuno ti ha preparato a farle. Eppure sono fondamentali per non partire allo sbaraglio.

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su tutto quello che dovresti sapere prima di firmare il tuo primo contratto: dalle tipologie di lavoro più diffuse alle tutele, dai minimi salariali agli errori da evitare. Perché orientarsi non vuol dire sapere già tutto, ma avere gli strumenti per non accettare tutto senza capirlo.

Come funziona davvero il mercato del lavoro per i più giovani

Una volta finita la scuola o l’università, la realtà del lavoro arriva in fretta. Ma quasi mai assomiglia a quella immaginata tra i banchi. Niente uffici eleganti, benefit aziendali o contratti a tempo indeterminato da firmare al primo colloquio. Quello che trovi, il più delle volte, è un mercato frammentato, incerto, pieno di formule diverse. Alcune oneste, altre decisamente meno.

Stage, tirocini e apprendistati: non sono tutti uguali

Per molti, il primo contatto con il mondo del lavoro è un tirocinio. Ma cosa significa davvero? Uno stage può essere:

  • curricolare, se è previsto dal tuo percorso di studi
  • extracurricolare, se lo fai dopo il diploma o la laurea
  • non retribuito, in molti casi (soprattutto se curricolare)
  • con un rimborso minimo, se previsto da normative regionali

Lo stage non è un contratto di lavoro. Non prevede ferie, malattia né tredicesima. Ma può essere utile, se ti permette di imparare, metterti alla prova e costruire contatti. Il problema nasce quando lo stage viene usato al posto di un vero contratto — cioè quando fai un lavoro vero, con responsabilità vere, ma senza i diritti di un lavoratore.

Diverso è l’apprendistato, che invece è un vero contratto a tutti gli effetti, pensato proprio per chi entra nel mondo del lavoro. Ha una durata variabile, prevede formazione, una retribuzione crescente e, se va bene, può trasformarsi in un’assunzione stabile.

Le prime esperienze contano, ma non tutte valgono allo stesso modo

C’è chi si ritrova a fare fotocopie per mesi, e chi dopo due settimane partecipa a riunioni, scrive report o serve clienti. La differenza non sta solo nel tipo di contratto, ma in come viene gestita l’esperienza. Alcune aziende hanno programmi strutturati, tutor formativi, obiettivi chiari. Altre prendono stagisti perché “costano meno”, e li lasciano galleggiare. Capire in fretta che tipo di contesto hai davanti è importante. E se puoi, chiedi sempre: “Chi mi seguirà? Avrò un referente? È previsto un percorso di formazione?”. Non sono domande scomode. Sono segnali di consapevolezza.

Cosa cercano davvero le aziende nei profili junior

Non solo competenze tecniche. Chi assume giovani cerca spesso:

  • affidabilità (arrivare in orario, rispettare le consegne)
  • curiosità (imparare anche quello che non ti hanno insegnato)
  • spirito di adattamento
  • capacità di lavorare in gruppo
  • chiarezza nella comunicazione

Nessuno si aspetta che tu sappia già tutto. Ma vogliono capire se sei disposto a imparare, a collaborare, a metterti in gioco. E questo, spesso, conta più di una laurea con lode.

In sintesi:

  • Il primo lavoro non è sempre il “lavoro dei sogni”, ma può essere una scuola vera
  • Capire che tipo di esperienza ti stanno offrendo è fondamentale per non accettare tutto “al buio”
  • Le aziende serie lo capiscono: fare domande non è arroganza, è rispetto per te stesso

Contratti di lavoro: mini-guida per non farsi trovare impreparati

Quando si parla di primo lavoro, una delle cose più confuse — e più importanti — è capire che tipo di contratto ti stanno offrendo. Le sigle sono tante, i nomi sembrano simili, e spesso chi ti assume dà per scontato che tu sappia già tutto. Ma è raro che sia così. E firmare un contratto senza averlo capito non è una formalità: è un rischio. Vediamo una guida sintetica (e umana) per orientarsi.

Le forme più comuni di contratto al primo impiego

Tirocinio (stage)

  • Non è un contratto di lavoro
  • Non prevede ferie, malattia, né tredicesima
  • Può essere curricolare (previsto dal tuo corso di studi) o extracurricolare
  • Prevede un rimborso spese (non sempre obbligatorio: dipende dalla Regione)
  • Ha una durata massima, di solito 6 mesi

N.B. Può essere una buona esperienza se è formativa, ma diventa un problema se sostituisce un lavoro vero, senza tutele.

Apprendistato

  • È un vero contratto a tempo determinato pensato per giovani fino a 29 anni
  • Prevede una parte di formazione (anche teorica)
  • La retribuzione è più bassa all’inizio, ma cresce nel tempo
  • Può essere trasformato in contratto a tempo indeterminato

N.B. È una delle forme migliori per iniziare: offre tutele, formazione, continuità.

Contratto a tempo determinato

  • Dura per un periodo limitato (es. 6 mesi, 1 anno)
  • Deve essere motivatamente a termine (es. sostituzione maternità, picco di lavoro…)
  • Può essere rinnovato, ma con limiti di legge
  • Prevede tutte le tutele: ferie, malattia, contributi, ecc.

N.B. È un vero contratto, con diritti e doveri. Da monitorare: quanti rinnovi ti vengono proposti senza stabilizzazione?

Contratto a tempo indeterminato

  • È il contratto “classico”: nessuna scadenza
  • Prevede tutte le tutele
  • È più raro come primo contratto, ma non impossibile

N.B.  Stabile, ma attenzione: non è sinonimo di posto fisso per tutta la vita.

Partita IVA (finta o vera)

  • Sei un lavoratore autonomo, ma devi gestirti da solo (tasse, contributi, assicurazioni)
  • Se lavori per un solo committente, senza autonomia, con orari fissi → potresti essere un dipendente mascherato
  • Esistono anche forme ibride (co.co.co., prestazioni occasionali) ma sono adatte a collaborazioni brevi e saltuarie

N.B.  La partita IVA come “soluzione comoda” per il datore, senza tutele per te, è da valutare con attenzione.

Cosa deve contenere un contratto per essere valido

Anche se ti sembra “standard”, ogni contratto deve includere alcune informazioni chiare e verificabili:

  • Qualifica e livello di inquadramento
  • Tipologia e durata del contratto
  • Orario di lavoro (es. full-time, part-time, turni…)
  • Retribuzione lorda e netta
  • Sede di lavoro
  • Periodo di prova (se previsto)
  • Diritti a ferie, malattia, permessi

Se qualcosa manca o non è chiaro, chiedi. Non è maleducazione. È tutela di sé stessi.

Attenzione ai contratti “anomali”

Capita (più spesso di quanto immagini) che il primo lavoro ti venga offerto con formule poco trasparenti, come:

  • voucher occasionali, anche per lavori continuativi
  • rimborsi spese mascherati da compenso
  • assenza di contratto, anche per mesi
  • contratti “a chiamata” usati impropriamente

Se ti propongono qualcosa che non puoi spiegare nemmeno a un amico, fermati. Chiedi, verifica, informati. Ci sono molti modi per iniziare una carriera, ma nessuno vale la tua dignità e sicurezza.

Le 5 cose da controllare prima di firmare un contratto

  1. Chi sei secondo quel contratto? (dipendente, tirocinante, collaboratore…)
  2. Quanto vieni pagato e ogni quanto? (lordo/netto, mensile/orario)
  3. Qual è l’orario e dove lavorerai? (anche da remoto va scritto)
  4. Hai ferie, malattia, permessi?
  5. Cosa succede alla scadenza del contratto? (rinnovo automatico? valutazione?)

Retribuzione, orari e tutele: cosa aspettarsi realisticamente

Una delle prime cose che ci si chiede quando si riceve un’offerta di lavoro è: “Ma quanto vengo pagato?”. La seconda, spesso, è: “Ma è normale lavorare così tanto per così poco?”. Sono domande legittime. Ma per rispondere, bisogna uscire dall’idea che esista una risposta unica. Perché la verità è che al primo lavoro si guadagna poco, in molti casi anche pochissimo. E questo non sempre è colpa tua — né è sempre giusto accettarlo senza farsi domande.

Cosa significa “essere pagati poco”?

In Italia, il primo stipendio netto per un giovane oscilla tra i 600 e i 1.100 euro al mese, a seconda del settore, del contratto e del tipo di impiego.

  • Uno stage extracurricolare può prevedere solo un rimborso spese di 400-600 euro al mese
  • Un apprendistato può partire da 800-900 euro netti
  • Un contratto a tempo determinato full-time parte da 1.000-1.200 euro netti, se va bene

Ma oltre ai numeri, c’è una domanda più importante: “Cosa ottengo in cambio di questo stipendio?”
Se il lavoro ti forma, ti offre prospettive, ti lascia tempo per vivere — allora può valere la pena. Se invece non impari nulla, non hai diritti, e nemmeno abbastanza per arrivare a fine mese, allora no, non è solo “una fase di crescita”. È sfruttamento.

Orari e ritmi: cosa è lecito aspettarsi

Anche sul fronte degli orari, spesso si naviga a vista. Alcuni casi frequenti:

  • Contratto part-time, lavoro full-time
  • Orari flessibili “sulla carta”, ma nella realtà reperibilità costante
  • Nessun pagamento per straordinari non dichiarati
  • Turni festivi senza recuperi o compensi

Tutto questo non è normale. E non è “colpa tua” se ti sembra sbagliato.

Un contratto serio deve indicare chiaramente:

  • Quante ore lavorerai a settimana
  • Se sono previste fasce orarie o turni
  • Come vengono gestite le ore extra
  • Se ci sono giorni festivi, notturni o straordinari

Malattia, ferie, infortuni: i diritti di base

Molti pensano che “i diritti vengano dopo”. Invece no. Anche al primo lavoro hai diritto a:

  • Ferie: minimo 4 settimane l’anno (proporzionate se il contratto è breve)
  • Permessi retribuiti: previsti da molti contratti collettivi
  • Malattia: in alcuni casi pagata al 100%, in altri solo in parte
  • Infortunio: l’azienda deve attivare l’assicurazione INAIL

Tieni presente che stage e tirocini non prevedono tutele automatiche: in caso di malattia o infortunio, la copertura dipende da chi organizza lo stage (ente promotore, università o datore).

La dignità non è un extra

Il primo lavoro non sarà perfetto. Ma non deve farti sentire invisibile, sacrificabile o colpevole di fare domande. Se sei trattato con rispetto, se puoi parlare, se puoi imparare qualcosa, allora sei sulla strada giusta. Se invece ogni giorno ti senti sfruttato, umiliato o semplicemente inutile, quella non è una “palestra”: è una trappola.

Ricorda:

  • Essere all’inizio non significa accettare tutto
  • Chiedere chiarimenti non è un capriccio
  • I diritti non si conquistano “col tempo”: ci sono, e vanno conosciuti

Aspettative vs realtà: come affrontare il primo lavoro senza cadere dalle nuvole

Il primo lavoro, per molti, è anche la prima vera delusione. Non perché vada male. Ma perché quello che ti aspetti non corrisponde quasi mai a quello che succede davvero.

Dopo la laurea troverò subito lavoro (spoiler: non è detto)

Per anni ci hanno raccontato che bastava studiare tanto, prendere buoni voti, magari parlare una lingua straniera. E il lavoro sarebbe arrivato. La verità è che il mercato del lavoro è più complesso di così. A volte trovi qualcosa subito, ma non nel tuo settore. A volte impieghi mesi. O vieni scelto per uno stage non retribuito, dopo anni di studio. Non è colpa tua. Ma non significa nemmeno che tutto ti sia dovuto. La cosa più utile che puoi fare è capire le regole del gioco: sapere dove stai cercando, cosa puoi chiedere, quali competenze servono davvero.

Mi assumono dopo lo stage (non sempre)

Una delle illusioni più comuni è che uno stage porti automaticamente a un contratto. A volte sì: ci sono aziende serie che usano lo stage per formare e poi inserire. Ma in altri casi, il tirocinio è solo un modo per avere manodopera a basso costo, e dopo 6 mesi… arrivederci e grazie.
Come capirlo prima?

  • Chiedi se esiste un percorso strutturato
  • Informati su quanti stagisti vengono assunti ogni anno
  • Chiedi feedback a chi c’è già passato

Non ti darà certezze, ma ti aiuterà a capire se è un’opportunità o un parcheggio.

Entro e faccio carriera (ma prima serve pazienza)

In teoria, se sei bravo e ti impegni, dovresti crescere. Nella realtà, la crescita professionale dipende da:

  • il contesto in cui ti trovi
  • le persone che ti circondano
  • quanto sei disposto a imparare cose nuove anche quando non ti piacciono

All’inizio, potresti sentirti sprecato, sottoutilizzato, fuori posto. È normale. Il punto è non restare fermi troppo a lungo. Se dopo mesi nessuno ti spiega nulla, non cresci, non vieni coinvolto… forse è tempo di cambiare.

Formazione continua: non smettere di imparare

Uno degli errori più comuni è pensare che, una volta trovato il lavoro, lo studio sia finito. In realtà, oggi più che mai, chi smette di imparare rischia di rimanere indietro. Approfitta del tempo libero per:

  • seguire corsi brevi online (anche gratuiti)
  • potenziare competenze digitali, linguistiche, relazionali
  • costruire un portfolio o un profilo LinkedIn curato

Anche imparare a leggere una busta paga, capire un contratto o scrivere una mail professionale è formazione.

Riconoscere un ambiente tossico

Non tutto si può prevedere, ma ci sono segnali che non vanno ignorati:

  • ti fanno sentire inadeguato ogni giorno
  • nessuno ti spiega nulla, ma tutti ti giudicano
  • le richieste aumentano, ma lo stipendio no
  • non hai orari, né spazi per respirare
  • ti fanno credere che lamentarsi sia da deboli

Se ti ritrovi in questo quadro, fermati. Parlane con qualcuno. Non è così che deve essere. Nemmeno al primo lavoro.

In sintesi:

  • Le aspettative vanno regolate, ma non significa accettare tutto in silenzio
  • Il primo lavoro può essere faticoso, ma non deve farti stare male
  • Chiedere, osservare e continuare a formarsi fa la differenza tra subire e costruire

Cosa puoi fare se il contratto non è regolare

Il primo lavoro, si sa, spesso non è perfetto. Ma a volte non è neanche legale. Succede più spesso di quanto pensi: ti offrono un contratto “a parole”, ti promettono una paga che poi non arriva, ti fanno lavorare fuori orario o non ti danno le ferie. E tu magari pensi: “Sono all’inizio, è normale”. No, non lo è. E sapere cosa puoi fare è il primo passo per proteggerti.

Come riconoscere una situazione borderline

Alcuni segnali di allarme che non vanno sottovalutati:

  • Ti fanno lavorare senza nessun contratto scritto
  • Ti pagano in contanti, magari “a nero”
  • Lavori più ore di quelle previste, senza compensi extra
  • Non ti danno ferie, permessi o giorni di malattia
  • Sei trattato come dipendente, ma formalmente sei tirocinante o freelance
  • Non ricevi busta paga o ricevute per i compensi

A volte il confine non è chiaro, soprattutto se è la tua prima esperienza. Ma se qualcosa ti sembra sbagliato, probabilmente lo è.

A chi puoi rivolgerti

Non sei solo. Esistono diversi sportelli e professionisti che possono aiutarti, anche in modo gratuito:

Sindacati (CGIL, CISL, UIL, USB…)

  • Hanno sedi in tutta Italia
  • Offrono consulenza contrattuale e legale
  • Possono intervenire in caso di irregolarità
  • Non serve essere iscritti per chiedere un primo parere

Sportelli lavoro comunali o giovanili

  • Presenti in molte città
  • Forniscono informazioni su contratti, retribuzioni, diritti
  • In alcuni casi offrono incontri individuali con esperti

Consulenti del lavoro

  • Figure professionali abilitate a verificare buste paga, inquadramenti e contratti
  • A pagamento, ma alcune associazioni studentesche o giovanili offrono incontri gratuiti

Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL)

  • È l’ente pubblico preposto ai controlli
  • Puoi fare segnalazioni anonime o chiedere informazioni
  • Sito utile: ispettorato.gov.it

Cosa puoi segnalare (e come farlo)

Se subisci o noti gravi irregolarità, puoi:

  • fare una segnalazione all’Ispettorato del Lavoro
  • chiedere supporto a un sindacato o a un avvocato del lavoro
  • in caso di mancati pagamenti, inviare una diffida formale tramite PEC

Non serve andare subito in tribunale: molti problemi si risolvono con mediazione o con un semplice controllo.
Se non vuoi esporre il tuo nome, in molti casi puoi segnalare in modo riservato. Non devi avere paura: se sei nel giusto, hai diritto a tutela.

Come gestire un dialogo (possibilmente) costruttivo

Se ti senti in una posizione tranquilla e non vuoi subito “alzare il livello”, puoi provare a:

  • Parlare direttamente con il tuo referente
  • Fare domande con tono neutro (“Volevo capire meglio come funziona il contratto”)
  • Chiedere una copia scritta di quello che vi siete detti a voce
  • Proporre un incontro chiarificatore

A volte il datore non ha cattive intenzioni, ma semplicemente non è informato bene nemmeno lui su regole e procedure. Altre volte, invece, fa finta di non capire. Capirlo in fretta ti evita molti problemi.

Se decidi di lasciare

Lasciare un primo lavoro non è un fallimento. Se ti accorgi che l’ambiente è irregolare, tossico o semplicemente sbagliato per te, andartene è un atto di rispetto verso te stesso. Prima, però:

  • cerca di chiudere in modo corretto e documentato
  • verifica se ti devono soldi, ferie non godute o rimborsi
  • fai un bilancio di cosa hai imparato — anche da un’esperienza negativa

La cosa più importante? Non pensare che sia colpa tua.

Il ruolo dell’orientamento scolastico e universitario

Parlare di contratti, diritti e retribuzione non dovrebbe iniziare solo quando hai già firmato il primo lavoro. E invece è quello che spesso succede: si arriva al mondo del lavoro senza averne mai parlato davvero a scuola o all’università. Per questo l’orientamento — quello fatto bene — non è un lusso, ma un bisogno concreto. Aiuta a fare scelte più consapevoli, a evitare fregature, e soprattutto a capire che il lavoro non è solo una questione di “trovare qualcosa”, ma di saper leggere quello che si trova.

A scuola si parla troppo poco di lavoro

Alcuni studenti escono dal liceo senza sapere nemmeno cos’è un contratto di apprendistato. Altri pensano che un tirocinio valga quanto un’assunzione. Molti non hanno mai letto una busta paga, né sanno cosa voglia dire netto o lordo. Non è disinteresse. È mancanza di informazioni strutturate.

L’orientamento, quando c’è, è spesso legato solo alla scelta dell’università, e non considera il “dopo”, cioè il lavoro vero. Eppure è proprio lì che servirebbe un supporto reale: capire che tipo di lavoro esiste, come si entra, quali tutele ci sono, quali sono le trappole da evitare.

Anche l’università può (e deve) fare di più

Anche nei corsi universitari, il collegamento tra studio e lavoro non è sempre chiaro. Le lauree insegnano competenze teoriche (fondamentali), ma preparano raramente a capire il mondo professionale. Gli uffici placement ci sono, ma spesso sono sottodimensionati. E anche le attività di orientamento in uscita — seminari, incontri con le aziende, workshop — non raggiungono tutti allo stesso modo. Serve un cambio di prospettiva: non si orienta solo per “inserire”, ma per rendere consapevoli.

Cos’è un bilancio delle competenze, e perché serve anche a scuola

Uno strumento molto utile, ma ancora poco diffuso nelle scuole, è il bilancio delle competenze.
Serve per:

  • capire i propri punti di forza
  • individuare aree da sviluppare
  • riconoscere attitudini, interessi, stili di apprendimento
  • collegare studio e lavoro in modo più concreto

Fare un bilancio delle competenze già alle superiori non significa “decidere tutto”, ma iniziare a conoscerti meglio, per scegliere con più consapevolezza. Alcune regioni e scuole lo stanno già sperimentando con risultati positivi.

Il ruolo delle famiglie: coinvolgere, non sostituire

In molti casi, le famiglie sono l’unico vero orientamento che uno studente riceve. Ma non sempre hanno gli strumenti giusti.
È importante che genitori e tutori:

  • ascoltino, senza imporre
  • aiutino a fare domande, più che dare risposte
  • siano aggiornati anche loro sulle nuove forme di lavoro e contratto
  • comprendano che un primo lavoro non definisce tutto, ma può essere una palestra importante

Coinvolgere le famiglie nell’orientamento non significa far scegliere a loro, ma renderle parte di un processo che appartiene al ragazzo o alla ragazza.

In sintesi:

  • L’orientamento non è solo “cosa studiare”, ma anche come affrontare il mondo del lavoro
  • Serve a evitare scelte passive o forzate, e a riconoscere i propri diritti fin da subito
  • Deve partire presto, coinvolgere più attori e parlare un linguaggio reale, non astratto

Primo lavoro: non perfetto, ma possibile

Il primo lavoro non è mai ideale. Non è il posto dove guadagnerai tanto, né quello in cui realizzerai subito tutti i tuoi sogni. Ma è un punto di partenza. È lì che impari cosa vuol dire lavorare davvero: capire ritmi, relazioni, compromessi, limiti. Ma anche conoscere meglio te stesso, mettere alla prova quello che sai, iniziare a costruire qualcosa di tuo. Non è una gara, né una corsa contro il tempo. È un percorso in cui avere aspettative realistiche non significa accontentarsi, ma partire consapevoli. Sapere cosa c’è “dietro” un contratto, una paga, un orario. Riconoscere i propri diritti. Sapere quando è il caso di resistere, e quando è il momento di cambiare. Non serve avere tutto chiaro da subito, ma avere gli strumenti giusti per orientarsi, sì.

Le 7 domande da farti prima di accettare il tuo primo lavoro

Se non riesci a rispondere almeno alla metà, forse è il caso di fermarsi un attimo.

1) Che tipo di contratto mi stanno offrendo?
(Tirocinio? Apprendistato? Collaborazione occasionale?)

2) Quanto guadagnerò, esattamente? E quando verrò pagato?
(Lordo? Netto? Con frequenza mensile, settimanale?)

3) Quante ore lavorerò, e in quali giorni?
(C’è flessibilità? Straordinari? Turni?)

4) Cosa succede se mi ammalo o devo assentarmi?
(Ci sono tutele previste?)

5) Sto imparando qualcosa o sto solo eseguendo?
(C’è formazione, qualcuno che mi segue, un obiettivo?)

6) Cosa succede dopo questo contratto?
(Possibilità di rinnovo, crescita, valutazione?)

7) Mi sento rispettato, ascoltato, considerato?
(L’ambiente è sano? Posso parlare senza paura?)

Il primo lavoro conta. Non perché sia perfetto, ma perché ti insegna a riconoscere cosa vuoi — e cosa non accetterai più.

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