“Effective immediately.” È con queste due parole – efficaci da subito – che inizia la comunicazione con cui l’amministrazione Trump ha ordinato a tutte le ambasciate e i consolati americani di sospendere la programmazione dei colloqui per i visti studenteschi.
Niente appuntamenti per ottenere i visti F, M e J: cioè quelli richiesti proprio da chi vuole studiare, fare ricerca o partecipare a programmi di scambio negli Stati Uniti.
Nel documento, reso noto da Politico, si legge che la misura è legata a un’altra idea di Trump.
Studiare in USA: i controlli sui social media
Ci sarebbe in vista un’espansione dei controlli sui social media degli studenti stranieri. In sostanza, chi chiede un visto dovrà probabilmente essere sottoposto a uno screening sui contenuti pubblicati online. Secondo diversi funzionari del Dipartimento di Stato, i criteri restano molto vaghi: potrebbe bastare aver postato una bandiera palestinese o partecipato a una protesta contro la guerra a Gaza per finire sotto osservazione.
Studiare in USA: cosa sta succedendo?
L’interruzione degli appuntamenti per i visti non è solo una questione burocratica ma sembrerebbe l’ultimo capitolo di una campagna più ampia dell’amministrazione Trump contro le università americane. Secondo il New York Times, in molte facoltà scientifiche la maggioranza dei ricercatori è composta da studenti internazionali. Un blocco improvviso può significare interi laboratori fermi, tesi sospese, carriere interrotte. Le restrizioni non riguardano solo gli studenti: anche docenti e visiting professor stranieri saranno sottoposti ai nuovi controlli, con conseguenze potenzialmente devastanti sulla ricerca accademica. Harvard è diventata il simbolo della tensione tra governo e università. A inizio maggio, l’amministrazione Trump ha revocato la certificazione del programma per studenti stranieri, bloccando di fatto le nuove iscrizioni alla facoltà. Solo poche settimane prima erano stati sospesi 2,2 miliardi di dollari di fondi federali. Secondo la Casa Bianca, Harvard è colpevole di non aver risposto in modo adeguato alle proteste studentesche. L’università ha reagito portando l’amministrazione in tribunale. È la seconda causa legale intentata in pochi mesi contro l’attuale governo, dopo quella per la sospensione dei fondi.
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Foto di Jon Tyson
