A volte basta una frase detta con le migliori intenzioni per influenzare una scelta importante. Succede quando un ragazzo chiede consiglio su quale scuola scegliere o se accettare o meno un’opportunità e si ritrova davanti adulti pronti a dire cosa sarebbe meglio fare. Lo fanno per affetto, per protezione, perché hanno più esperienza. Ma quel consiglio, anche se dato con amore, può trasformarsi in una scelta fatta al posto suo.
È facile cadere in questa dinamica. Per un genitore è difficile restare in ascolto senza intervenire. Per un insegnante è complicato non orientare troppo il percorso di uno studente quando vede potenzialità o rischi. Il confine tra il supporto e il controllo è sottile e spesso si oltrepassa senza accorgersene. Aiutare un ragazzo a prendere una decisione non significa indicargli la strada, ma accompagnarlo mentre la esplora. Questo richiede tempo, pazienza e soprattutto fiducia. Fiducia che possa farcela, anche sbagliando. Perché è proprio attraverso l’errore che si costruisce la capacità di scegliere. Il supporto di genitori e insegnanti è fondamentale, quando si tratta di orientamento scolastico. A patto che non si scelga al posto dei ragazzi.
L’ascolto attivo come primo passo
Uno dei gesti più semplici, ma anche più difficili da mettere in pratica, è l’ascolto. Non quello che si limita a sentire le parole, ma quello profondo, che lascia spazio, che accoglie i silenzi, che non ha fretta di rispondere. I ragazzi, soprattutto in fase adolescenziale, hanno bisogno di essere ascoltati davvero. Hanno bisogno di adulti che non si affrettino a correggere, a suggerire o a interpretare per loro. Quando un ragazzo parla e si sente capito, anche senza ricevere una risposta immediata, costruisce fiducia. Questo tipo di ascolto, che non forza ma accompagna, crea le condizioni ideali per far emergere i dubbi, i desideri, le paure autentiche. E solo da lì può partire una scelta consapevole.
Il ruolo della scuola nella crescita dell’autonomia
Anche la scuola ha un compito cruciale nel favorire la capacità di scelta. L’insegnante, per quanto possa conoscere i limiti o le potenzialità di uno studente, deve resistere alla tentazione di indirizzarlo troppo. Il rischio, anche in buona fede, è quello di costruire una traiettoria scolastica o professionale basata sulle aspettative dell’adulto, più che sugli interessi reali del ragazzo. La scuola può diventare invece uno spazio in cui si sperimenta la libertà, anche attraverso piccoli gesti quotidiani. Lasciare che uno studente gestisca un progetto in autonomia, che impari a organizzarsi, che si assuma responsabilità proporzionate alla sua età, aiuta a sviluppare fiducia in sé. E quella fiducia, una volta sedimentata, si rifletterà anche nelle scelte più grandi.
Il ruolo degli insegnanti: accompagnare senza dirigere
Gli insegnanti occupano una posizione unica nella vita dei ragazzi. Sono figure che li osservano da vicino nel quotidiano, che li vedono crescere, confrontarsi con successi e difficoltà, costruire giorno dopo giorno la propria identità. È naturale che, quando arriva il momento di fare delle scelte importanti, molti studenti si rivolgano proprio a loro. Cercano un consiglio, una conferma, a volte anche solo qualcuno che li ascolti davvero.
In questi momenti delicati, l’insegnante può fare molto. Ma più che dare risposte, ciò che conta è la capacità di aiutare a porsi le domande giuste. Accompagnare un ragazzo nella scelta non significa indicargli cosa fare, ma aiutarlo a conoscersi, a esplorare possibilità, a capire cosa davvero lo motiva. Spesso, in buona fede, si tende a suggerire percorsi sulla base dei risultati scolastici, delle attitudini osservate in classe o delle esperienze passate di altri studenti. Ma ogni ragazzo è una storia a sé. Il compito dell’adulto è creare lo spazio perché quella storia possa emergere con autenticità, senza essere schiacciata da aspettative o proiezioni esterne.
Il tutor scolastico come figura di riferimento
In molte scuole è stata introdotta una figura specifica con questo compito: il tutor scolastico. Si tratta di un docente che affianca gli studenti, soprattutto negli ultimi anni della scuola superiore, per aiutarli a orientarsi nel proprio percorso formativo e personale. Il tutor non è un consulente che propone soluzioni, ma un accompagnatore che stimola riflessione e consapevolezza. Incontra regolarmente i ragazzi, li ascolta, li sostiene nel mettere a fuoco i propri interessi, li guida nel raccogliere le esperienze significative fatte dentro e fuori la scuola, aiutandoli a leggerle come parte di un percorso.
Uno strumento chiave in questo processo è il portfolio personale: un diario evolutivo in cui lo studente raccoglie esperienze, competenze, obiettivi e progetti. Compilarlo non è un esercizio burocratico, ma un’occasione per conoscersi meglio, per dare senso a ciò che si fa e individuare strade future in modo più consapevole.
Cosa può fare concretamente un insegnante per sostenere la capacità di scelta
Anche al di là della figura del tutor, ogni insegnante può contribuire alla costruzione dell’autonomia decisionale degli studenti. Lo può fare attraverso piccoli gesti quotidiani, attività mirate e un atteggiamento educativo improntato all’ascolto e al rispetto dei tempi di ciascuno.
Un primo passo è creare occasioni per parlare apertamente del futuro. Non in modo astratto, ma concreto: cosa significa scegliere una scuola, un percorso di studi, un mestiere? Cosa c’entra tutto questo con ciò che ci appassiona, con ciò che ci riesce bene, con quello che ci fa sentire a nostro agio? Gli insegnanti possono proporre attività che stimolino l’autovalutazione, la riflessione sulle proprie capacità e inclinazioni. Possono raccontare con onestà che il percorso verso la consapevolezza non è mai lineare, e che cambiare idea non significa fallire, ma crescere.
Un altro strumento importante è il feedback. Quando viene usato non solo per giudicare, ma per valorizzare i processi, le scelte fatte, l’impegno messo in campo, diventa un alleato potente nel rafforzare la fiducia in sé. Un ragazzo che si sente riconosciuto per come affronta una sfida, e non solo per il risultato ottenuto, è un ragazzo che si sentirà più sicuro nel prendere decisioni future.
Infine, l’insegnante può sostenere i ragazzi nell’esplorazione del mondo esterno, favorendo l’incontro con realtà diverse dalla scuola: esperienze di tirocinio, laboratori, testimonianze di professionisti, visite in contesti lavorativi. Non per indirizzare, ma per allargare lo sguardo, per offrire stimoli, per far capire che esistono molte strade possibili.
Il contributo della psicologa scolastica al percorso di orientamento
In molte scuole, la figura della psicologa scolastica sta assumendo un ruolo sempre più strutturato e prezioso nel processo di orientamento degli studenti. Non si limita a intervenire in situazioni di disagio, ma svolge una funzione attiva di supporto nei momenti di scelta: aiuta i ragazzi a mettere ordine nei propri dubbi, a esplorare le emozioni e le paure legate al futuro, a riconoscere i punti di forza nascosti e le aree incerte.
La psicologa collabora con i docenti e con il tutor, integrandosi nel percorso già tracciato dalla scuola per rendere più ricco il dialogo interno all’istituto. Partecipa a colloqui individuali, conduce momenti di gruppo (in classe o nei laboratori), promuove momenti di riflessione sull’identità, le attitudini, le motivazioni. Porta in classe strumenti psicologici utili — ad esempio questionari, test attitudinali, esercizi riflessivi — non per “etichettare”, ma per aiutare gli studenti a guardarsi dentro con più consapevolezza.
Inoltre, la psicologa può agire da ponte con il territorio esterno: connette la scuola a servizi locali, enti, esperti, laboratori o progetti che altrimenti rischiano di restare separati. Insieme al corpo docente, può co‐progettare percorsi che prevedano incontri con professionisti, visite in aziende, workshop orientativi, sempre con l’attenzione a rispettare il ritmo dei ragazzi. Grazie a questa collaborazione — psicologa, docenti, tutor — l’orientamento scolastico diventa non solo un momento formale, ma un processo integrato, che cura gli aspetti emotivi, relazionali e di consapevolezza oltre a quelli puramente informativi
Educare alla scelta: un compito collettivo
Aiutare i ragazzi a scegliere significa, in fondo, restituire loro fiducia. Fiducia nel fatto che possano conoscersi, trovare una direzione, fare esperienza anche degli errori. Per questo il ruolo degli insegnanti è tanto importante quanto delicato: devono essere guide, ma senza stringere troppo la mano. Devono esserci, ma senza invadere.
Quando la scuola diventa un luogo in cui ci si sente liberi di esplorare, di esprimere i propri dubbi, di immaginare il futuro senza sentirsi giudicati, allora diventa davvero uno spazio di crescita. E ogni insegnante, ogni tutor, diventa parte di quel processo fondamentale che porta un ragazzo a diventare adulto.
Quando i genitori non hanno le risposte: essere d’aiuto anche senza essere esperti
Molti genitori si sentono in difficoltà quando i figli devono scegliere un percorso scolastico o immaginare il proprio futuro. Temono di non avere gli strumenti giusti, di non sapere cosa consigliare, di poter essere di intralcio più che di supporto. È una sensazione comprensibile, soprattutto in un contesto che cambia rapidamente e in cui il mondo del lavoro appare lontano e incerto. Ma per essere d’aiuto non è necessario avere tutte le risposte. Quello che conta è esserci, nel modo giusto. L’ascolto attivo è sicuramente una base fondamentale, ma non è l’unica via possibile. I genitori possono fare molto anche mettendosi in gioco insieme ai figli, partecipando, esplorando, mostrando interesse e apertura.
Una delle azioni più semplici ma più efficaci è accompagnare i figli agli open day delle scuole o delle università. Non per decidere al posto loro, ma per osservare insieme, fare domande, confrontarsi dopo. Essere presenti in questi momenti dà valore all’esperienza e crea un’occasione di dialogo paritario, in cui il figlio si sente supportato senza essere guidato.
Un altro strumento utile sono le fiere dell’orientamento, spesso organizzate a livello provinciale o regionale. In questi eventi è possibile entrare in contatto con diverse realtà formative e professionali, raccogliere materiali, ascoltare testimonianze. Anche solo girare insieme tra gli stand può aprire conversazioni inaspettate, accendere curiosità, ridurre l’ansia dell’incertezza.
Alcuni genitori trovano utile leggere insieme al figlio un libro o una guida sull’orientamento, oppure guardare interviste o video che raccontano percorsi diversi. Anche queste possono diventare occasioni per confrontarsi su interessi, paure, aspettative. Non serve essere esperti: basta mostrare disponibilità e curiosità autentica.
Infine, i genitori possono anche favorire esperienze concrete, come attività sportive, volontariato, stage estivi, laboratori o corsi pomeridiani. Ogni esperienza vissuta fuori dalla scuola può aiutare il ragazzo a conoscersi meglio, a capire cosa gli piace e cosa no, a sviluppare nuove competenze. Spesso, è proprio grazie a queste esperienze che i ragazzi iniziano a intravedere una direzione. Essere genitori, in questo processo, significa accompagnare senza spingere, stare vicini senza invadere. È un equilibrio delicato, ma quando c’è fiducia reciproca, ogni gesto diventa un seme che può portare frutto. Anche senza essere esperti, i genitori possono essere alleati preziosi nella costruzione del futuro dei propri figli.
Autonomia e bisogno di sicurezza: un equilibrio possibile
È facile dire che bisogna lasciare spazio, ma ogni adulto sa quanto sia complesso farlo senza ansia. Perché lasciare che un figlio o un alunno scelga significa anche accettare che possa sbagliare, che possa cambiare idea, che possa allontanarsi da ciò che avremmo voluto per lui. Questo genera insicurezza, senso di impotenza, a volte perfino paura.
Ma l’autonomia non si oppone alla sicurezza, può convivere con essa. Si tratta di costruire un ambiente in cui il ragazzo si senta libero di esplorare, sapendo di poter contare su una base solida. Non una rete che lo trattiene, ma una presenza stabile che lo sostiene se cade. Questo equilibrio si trova nel tempo, nei piccoli gesti quotidiani, nella capacità di lasciare andare un po’ alla volta.
Dietro il bisogno di decidere per i ragazzi si nasconde spesso la paura. Paura che si facciano male, che sbaglino, che si perdano. Paura di non essere più indispensabili. Sono paure legittime, umane, che ogni adulto prova prima o poi. Ma se non vengono riconosciute, rischiano di trasformarsi in controllo, in rigidità, in scelte imposte.
Imparare a lasciare andare non è facile. Significa accettare di non avere tutto sotto controllo, di non poter proteggere sempre. Significa fidarsi non solo dei ragazzi, ma anche di ciò che abbiamo trasmesso loro nel tempo. Quando un adulto riesce a riconoscere le proprie paure senza lasciarsene dominare, può davvero accompagnare con rispetto e presenza.
Aiutare senza scegliere al posto dei ragazzi è una forma alta di educazione. È un atto di fiducia, di coraggio e di amore. Significa educare alla libertà, non come assenza di limiti, ma come capacità di orientarsi, di scegliere con consapevolezza, di assumersi la responsabilità delle proprie decisioni. Non è un percorso immediato, né lineare. Ci saranno momenti di incertezza, scelte sbagliate, ripensamenti. Ma ogni passo fatto in autonomia costruisce una base solida per affrontare la vita. E in fondo è questo che ogni genitore e ogni insegnante desidera: che i ragazzi diventino adulti capaci di scegliere la propria strada, senza dover chiedere il permesso per percorrerla.