Diventare assistente sociale significa scegliere una professione centrata sull’ascolto, il supporto e la tutela delle persone in difficoltà. Chi intraprende questo percorso si trova spesso spinto da una forte motivazione personale, ma anche dal desiderio di incidere concretamente nella vita degli altri. Per esercitare questo ruolo, però, non basta essere motivati ad aiutare il prossimo: è necessario seguire un percorso formativo ben definito, che unisce teoria, pratica ed esami abilitanti.
Diventare assistente sociale richiede studio, dedizione e una forte motivazione personale. Ogni fase del percorso, dalla formazione teorica al tirocinio, fino all’esame di abilitazione, è pensata per costruire figure professionali preparate e consapevoli. È una professione che comporta responsabilità, ma offre anche la possibilità di fare la differenza nella vita delle persone. Chi sceglie questa strada si prepara ad affrontare sfide complesse, ma anche a ricevere profonde gratificazioni sul piano umano e sociale.
La laurea in Servizio Sociale: il primo passo
Il primo requisito per diventare assistente sociale è il conseguimento della laurea triennale in Servizio Sociale, appartenente alla classe L-39. Questo corso di studi fornisce le basi teoriche e pratiche per comprendere i bisogni delle persone, i contesti sociali e i meccanismi di inclusione ed esclusione. Si studiano materie come sociologia, diritto, psicologia e politiche sociali, per costruire una visione ampia e integrata del lavoro sociale.
Durante la triennale è previsto anche un primo approccio al tirocinio, che permette di osservare direttamente le dinamiche del lavoro sul campo. Questo contatto iniziale con la realtà professionale aiuta a sviluppare competenze relazionali e organizzative fondamentali per il futuro.
Il corso di laurea in Servizio Sociale: accesso, materie e atenei
Per accedere al corso di laurea triennale in Servizio Sociale, non è necessario possedere competenze specifiche pregresse, ma molti atenei prevedono un test d’ingresso orientativo o selettivo. Nella maggior parte dei casi si tratta di una prova a risposta multipla, con domande di cultura generale, comprensione del testo, logica, diritto e conoscenze di base in ambito sociale. In alcune università, il test non è vincolante per l’ammissione, ma serve a valutare la preparazione iniziale dello studente.
Il corso appartiene alla classe di laurea L-39 e ha una durata di tre anni. Il piano di studi è pensato per fornire una preparazione multidisciplinare, che unisce conoscenze teoriche e strumenti operativi. Gli insegnamenti spaziano dalla sociologia alla psicologia, dal diritto (soprattutto diritto pubblico e diritto di famiglia) all’economia, dalla metodologia del servizio sociale alle politiche pubbliche. Sono previste anche attività laboratoriali e un primo tirocinio formativo, che si svolge di solito nel secondo o terzo anno.
Il percorso formativo è offerto da numerosi atenei in tutta Italia, sia pubblici che privati. Tra le università con una tradizione consolidata in questo ambito ci sono quelle di Torino, Milano-Bicocca, Bologna, Firenze, Roma La Sapienza, Napoli Federico II, Bari e Catania, solo per citarne alcune. Ogni sede ha le proprie modalità di accesso e organizzazione dei corsi, quindi è consigliabile consultare con attenzione il sito ufficiale dell’università prescelta.
Il tirocinio: un’esperienza formativa sul campo
Il tirocinio è uno degli aspetti più importanti del percorso per diventare assistente sociale. Si tratta di un’attività obbligatoria prevista già durante il corso di laurea triennale, generalmente nel secondo e terzo anno, con un monte ore che può variare in base all’università, ma che si aggira di solito tra le 300 e le 450 ore complessive. Il tirocinio si svolge all’interno di enti pubblici o del privato sociale convenzionati con l’ateneo, come comuni, ASL, servizi sociali territoriali, cooperative o organizzazioni del terzo settore. Lo studente viene affiancato da un assistente sociale tutor, che lo guida nell’osservazione e nella comprensione delle dinamiche professionali.
Durante questa esperienza, lo studente non è ancora operativo in autonomia, ma partecipa alle attività osservando, analizzando casi, partecipando a riunioni e apprendendo gradualmente come si svolgono gli interventi sociali. Il tirocinio serve a collegare la teoria appresa in aula con la pratica quotidiana, aiutando a sviluppare competenze relazionali, organizzative e deontologiche.
Al termine del percorso, lo studente deve redigere una relazione finale, in cui riflette sull’esperienza svolta, sugli apprendimenti acquisiti e sulle difficoltà incontrate. Questa fase viene valutata dall’università ed è necessaria per poter accedere all’esame di laurea. Il tirocinio rappresenta spesso il primo vero contatto con la realtà lavorativa dell’assistente sociale e può rivelarsi determinante per orientare le scelte future, sia in termini di ambiti di interesse che di proseguimento degli studi.
Il tirocinio post-laurea per accedere all’esame di Stato
In alcuni casi, oltre al tirocinio curricolare svolto durante il corso di laurea, può essere richiesto un tirocinio post-laurea professionalizzante, finalizzato alla preparazione dell’esame di Stato. Le modalità variano a seconda delle università e delle normative regionali, ma l’obiettivo resta quello di offrire un’esperienza pratica più strutturata e approfondita.
Questo tirocinio si svolge sempre presso enti convenzionati e sotto la supervisione di un assistente sociale esperto. Dura solitamente alcuni mesi e si concentra maggiormente sulla partecipazione attiva alle attività del servizio: analisi di casi, stesura di documentazione, osservazione dei colloqui con utenti e partecipazione a incontri d’équipe.
Il tirocinio post-laurea rappresenta un ponte tra la formazione accademica e il mondo del lavoro. È pensato per rafforzare la preparazione dello studente in vista dell’esame di Stato, aiutandolo a consolidare le competenze necessarie per affrontare le prove teoriche e pratiche previste. Al termine, è previsto il rilascio di una certificazione che attesta l’idoneità allo svolgimento dell’esame abilitante.
Le competenze che si sviluppano con il tirocinio
Il tirocinio, sia curricolare che post-laurea, è molto più di un semplice periodo di osservazione: è un momento chiave nella formazione dell’assistente sociale, perché permette di sviluppare abilità fondamentali per la pratica professionale.
Tra le competenze che si acquisiscono rientrano la capacità di ascolto attivo, l’empatia, la gestione delle relazioni complesse e la capacità di comunicare in modo chiaro ed efficace con utenti, famiglie e colleghi. Si impara anche a lavorare in rete con altri servizi, a leggere il contesto sociale e a individuare le risorse disponibili sul territorio.
Dal punto di vista tecnico, il tirocinio aiuta a comprendere come si imposta un intervento sociale, come si valuta una situazione di bisogno e come si redige la documentazione professionale, come relazioni, progetti e report. Si sviluppano inoltre capacità organizzative, problem-solving e gestione del tempo, tutte essenziali in un lavoro che richiede flessibilità e capacità di adattamento continuo. Questo bagaglio di competenze accompagna il futuro assistente sociale ben oltre la fase formativa, diventando il fondamento del suo agire quotidiano nel mondo del lavoro.
L’esame di Stato: struttura, prove e preparazione
L’esame di Stato rappresenta l’ultimo passaggio obbligatorio per poter esercitare legalmente la professione di assistente sociale e iscriversi alla sezione B dell’Albo professionale. Può essere sostenuto in diverse sessioni annuali presso gli atenei autorizzati, ed è rivolto a chi ha conseguito una laurea triennale in Servizio Sociale e ha completato il tirocinio previsto.
L’esame è articolato in tre prove: due scritte e una orale. La prima prova scritta solitamente verte su aspetti teorici e metodologici del servizio sociale, come l’analisi dei bisogni, le modalità di intervento e l’organizzazione dei servizi. La seconda prova è di tipo applicativo: viene proposto un caso da analizzare, in cui si chiede di descrivere come si strutturerebbe un intervento professionale, con attenzione agli aspetti deontologici, giuridici e organizzativi.
La prova orale conclude il percorso d’esame e approfondisce i temi affrontati negli scritti. È un colloquio in cui viene valutata la preparazione complessiva del candidato, la conoscenza della normativa di riferimento, delle politiche sociali e del codice deontologico della professione. Spesso si discute anche l’esperienza di tirocinio, a partire dalla relazione redatta dal candidato.
Per prepararsi all’esame è importante ripassare gli argomenti teorici studiati durante il percorso universitario, ma anche riflettere sull’esperienza pratica vissuta durante il tirocinio. Alcuni atenei organizzano corsi o incontri preparatori, mentre in altri casi ci si può affidare a manuali specifici o alla guida di tutor professionisti. Superare l’esame di Stato permette di accedere ufficialmente all’Albo e iniziare a lavorare come assistente sociale in vari contesti: dai servizi pubblici agli enti del terzo settore, passando per cooperative, fondazioni e organizzazioni che operano nel campo del welfare.
Le sezioni dell’Albo: differenze tra A e B
L’Albo degli Assistenti Sociali è suddiviso in due sezioni: la sezione B è quella a cui si accede con la laurea triennale, mentre la sezione A è riservata a chi ha completato anche la laurea magistrale in Servizio Sociale e Politiche Sociali o titoli equivalenti.
L’iscrizione alla sezione B consente di esercitare la professione come assistente sociale “junior”, con competenze operative nella gestione dei casi, nell’attivazione delle risorse territoriali e nel sostegno diretto agli utenti. Chi è iscritto alla sezione B lavora spesso all’interno dei servizi sociali di base o in progetti rivolti a famiglie, minori, anziani, persone con disabilità o in condizione di fragilità.
La sezione A, invece, consente di operare come assistente sociale “specialista”, con ruoli che richiedono un livello più avanzato di competenze analitiche, progettuali e gestionali. Gli iscritti alla sezione A possono occuparsi di programmazione dei servizi, coordinamento di équipe, attività di supervisione o ricerca, oltre a partecipare a concorsi pubblici per profili di livello più elevato. Anche per l’accesso alla sezione A è previsto un esame di Stato, distinto da quello per la sezione B.
Scegliere di proseguire con la laurea magistrale non è obbligatorio, ma rappresenta una possibilità di crescita professionale per chi desidera ampliare il proprio raggio d’azione all’interno del sistema dei servizi sociali.
Dove lavora un assistente sociale abilitato
Una volta iscritti all’Albo, gli assistenti sociali possono trovare impiego in diversi ambiti, sia nel settore pubblico che in quello privato o nel terzo settore. La figura è centrale nei servizi sociali comunali, dove si occupa della presa in carico delle persone in difficoltà, dell’elaborazione di progetti individualizzati e del raccordo tra le diverse risorse disponibili sul territorio.
Molti assistenti sociali lavorano anche all’interno delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), in ospedali, consultori, servizi per la salute mentale o per le dipendenze. In questi contesti, la professione si intreccia con l’ambito sanitario e si concentra sul sostegno alle persone malate o vulnerabili e alle loro famiglie.
Nel mondo della giustizia, l’assistente sociale può operare nei tribunali per i minorenni, negli uffici di servizio sociale per adulti (Uepe), o nei percorsi di reinserimento sociale di persone sottoposte a misure penali. Non mancano le opportunità nelle cooperative sociali, nelle case famiglia, nei centri antiviolenza, nei progetti per l’inclusione abitativa o lavorativa.
Infine, alcuni assistenti sociali scelgono la libera professione, in particolare in ambiti come la consulenza tecnica, la formazione o il supporto a enti e associazioni. Anche in questo caso è necessaria l’iscrizione all’Albo e il rispetto delle norme deontologiche che regolano la professione.







