Come si diventa giornalista

Eleonora Degano racconta sfide e strategie del giornalismo freelance in Italia

di Anna Castiglioni
18 settembre 2025
1 MIN READ

Essere giornalista in Italia, oggi, significa confrontarsi con molteplici sfide: la crisi dell’editoria, in particolare delle testate giornalistiche tradizionali; il lavoro sul digitale, per cui vengono richieste competenze sempre più specifiche, come scrittura in ottica SEO e produzione di contenuti audio e video; retribuzione e riconoscimento ai minimi termini e, infine, un contesto che cambia le regole del gioco a una velocità senza precedenti storici. Se poi sei una giornalista freelance, la sfide aumentano in modo esponenziale, perché essere libera professionista è, per definizione, una condizione precaria.

Lo sa bene Eleonora Degano, che oltre a essere una giornalista scientifica, è anche traduttrice, formatrice e copywriter. Eleonora ci ha raccontato come trasformare una passione in una professione. E come reinventarsi faccia parte della natura umana.

Quando hai capito che volevi diventare giornalista?

Sono sempre stata interessata sia all’ambiente, dalla zoologia alla sostenibilità, che alla scrittura, alle lingue straniere e all’ambito della creatività in generale. Scegliere quale percorso intraprendere non è mai stato semplice, né dopo la scuola secondaria di primo grado né di fronte alla scelta dell’università, proprio perché ho sempre sentito di stare sacrificando uno o più dei miei interessi. Alla fine, dopo aver studiato biologia ambientale all’Università di Trieste, mi sono resa conto che fare la giornalista scientifica avrebbe potuto combinare alcune delle mie passioni: ho conseguito un master dedicato, alla SISSA di Trieste, e ormai faccio questo lavoro dal 2013. Mi permette di imparare nuove cose costantemente, di usare le conoscenze che ho acquisito durante i miei studi scientifici ma anche di dedicare tempo e studio a nuovi argomenti. Inoltre, soddisfa il lato creativo del mio cervello. Oggi mi occupo ancora spesso di ambiente, ma ho anche scoperto un grande interesse per il tema della salute mentale.

Che percorso hai seguito per prepararti a questo lavoro (studio, corsi, pratica...)? Hai seguito un percorso “classico” o hai fatto scelte fuori dagli schemi? Hai avuto ispirazioni? Hai avuto mentori, coach, modelli?

Non lo definirei un percorso fuori dagli schemi quanto un percorso molto vario, perché l’ambito del giornalismo è molto meno definito rispetto al passato: ci sono giornalisti che lavorano come uffici stampa, che si occupano di comunicazione istituzionale e molto altro. Personalmente, oltre a scrivere articoli mi occupo di traduzioni giornalistiche, ho insegnato agli scienziati che volevano imparare a raccontare la propria ricerca ai media, ho collaborato a dei libri scolastici, fatto la guida in un museo della scienza, lavorato in redazioni giornalistiche e molto altro. Dopo la mia laurea in biologia e il master in giornalismo scientifico, volevo sperimentare diverse declinazioni possibili della comunicazione della scienza e varie modalità di lavoro per capire cosa faceva per me e cosa, invece, avrei trovato poco stimolante, stressante o non adatto. Ogni volta che ne ho l’occasione imparo qualche nuova competenza, sia nella forma di corsi professionalizzanti sia di corsi dedicati ad argomenti che voglio affrontare come giornalista. Qualche anno fa, ad esempio, ho iniziato a interessarmi di neurodivergenze e conseguito un master dedicato all’autismo, uno degli argomenti dei quali oggi mi occupo.

Quali sono state le difficoltà più grandi? E come le hai superate? C’è stata una svolta decisiva nel tuo percorso?

Credo che al giorno d’oggi sia complicato essere liberi professionisti nell’ambito dei lavori creativi, più che in passato, quindi gli ostacoli non mancano. Non sento di aver incontrato difficoltà specifiche, se non quelle che temo affrontino un po’ tutti. L’ambito del giornalismo è storicamente dominato dagli uomini, e come giovane donna che si approcciava a questo lavoro – avevo 23/24 anni quando ho iniziato – non sempre sono stata presa sul serio. Ho avuto discussioni accese rispetto alle aspettative che alcuni luoghi di lavoro avevano nei confronti di una stagista, e direi che far rispettare i propri diritti e veder riconosciuto il valore del proprio tempo sono forse tra gli ostacoli più grandi che si incontrano all’inizio. Mi piace pensare che oggi la situazione possa essere migliore, più regolata, ma non credo sia così. Oltre agli stage non retribuiti e a tante altre situazioni note, c’è quest’idea che scrivere sia una cosa che “sanno fare tutti” e, agli inizi della carriera – anche per chi ha studiato molto e si è specializzata – non sempre è facile vedersi riconosciuta una competenza, un valore. Questo portava e porta ancora oggi molte e molti a lavorare gratis, o per compensi non dignitosi, il che peggiora la situazione per tutti. Personalmente ho sempre cercato di essere coerente con quanto consideravo etico e non ho lavorato gratuitamente, né ho accettato di lavorare più ore di quelle concordate. Ma so che non tutte le persone possono fare altrettanto: da stagisti, da collaboratori esterni o in generale da liberi professionisti, mettere in discussione le richieste (anche se scorrette) dei capi può voler dire perdere quel lavoro.

Se dovessi pensare a una svolta positiva, direi che è stata decidere di lavorare da casa, sempre. Dopo alcuni anni passati a girare tra redazioni e agenzie, che richiedevano spesso la presenza in ufficio, ho realizzato che per me, che sono nello spettro autistico, non era sostenibile dal punto di vista della salute mentale, né di quella fisica. Il tempo trascorso a raggiungere la sede di lavoro mi causava molto stress, così come passare tante ore al giorno in ambienti che – come tutti gli spazi condivisi – chiaramente non possono accontentare tutti. Non poter controllare le luci, la temperatura, se, quando e come interagire con altre persone mi prosciugava le energie e di fatto lavoravo peggio ed ero sempre esausta. A un certo punto ho capito che non intendevo continuare così, ho iniziato a lavorare da casa e non sono mai tornata indietro.

Cosa puoi dire a chi oggi vuole intraprendere questa strada?

Dare consigli di questo tipo mi riesce difficile, e posso farlo solo dal punto di vista della libera professione (quindi una partita iva) ma credo suggerirei di essere pragmatici e realisti: lavorare negli ambiti “creativi” è molto appagante, ma è spesso difficile renderlo una professione stabile e remunerativa. Penso suggerirei di esplorare tutte le sfumature del lavoro giornalistico e in generale della comunicazione, non solo la scrittura di articoli. Combinare diversi tipi di comunicazione come quelli che menzionavo all’inizio – ufficio stampa, comunicazione istituzionale, scrittura di articoli, social media…- può essere la strategia per avere una stabilità economica. Alcune collaborazioni potrebbero essere più “noiose” o ripetitive, altre più creative e stimolanti, ma trovare il giusto equilibrio può essere la chiave per la soddisfazione.

Hai una risorsa (libro, video, podcast, sito, newsletter...) che consiglieresti?

Non ho specifici consigli legati al mondo del giornalismo, o della comunicazione, ma certamente suggerisco di leggere tanto, ascoltare tanto, guardare tanto. Gli spunti creativi, le idee per un articolo e le connessioni tra argomenti, dunque tutti quei ragionamenti e pensieri che possono stimolarci e darci idee per la scrittura, sono fondamentali e arrivano dai luoghi più impensati, non necessariamente dalla saggistica o dai testi tecnici. Non credo sia possibile fare un lavoro creativo senza nutrire il cervello di nuovi stimoli, costantemente.

Com’è il tuo lavoro nel concreto – giornata tipo – oggi? E come lo vedi nel futuro?

Non ho una giornata tipo, non credo di averne mai avuta una esattamente uguale all’altra, ed è una delle cose che apprezzo di più dell’essere libera professionista. Negli anni ho avuto collaborazioni più fitte, con progetti piccoli e frequenti, anche quotidiani, e altri periodi in cui i progetti avevano scadenze di diversi mesi e richiedevano molto tempo. Al momento so più o meno in quali periodi ho le consegne, per le collaborazioni continuative, e questo mi permette sia di organizzarmi piuttosto bene che di avere tempo che è realmente libero: non guardo le e-mail e posso essere presente a quello che sto facendo. In futuro vorrei mantenere lo stesso ritmo, ma non è stato sempre così: all’inizio di una carriera di questo tipo si è sempre un po’ in ansia quando periodi molto intensi si alternano a periodi di poco lavoro, perché un cliente non ha più bisogno di te, o perché è estate e tutto rallenta. Ma è fisiologico, e alla fine un equilibrio si trova. Non potrei svolgere un lavoro che non mi consenta di avere il controllo sul mio tempo.

Ci sono tuoi progetti o idee che vuoi condividere con noi?

Non progetti o idee quanto forse una speranza: da parecchi anni curo una rubrica a tema ambientale sulla rivista Internazionale Kids, che ogni anno a maggio organizza un festival a Reggio Emilia, per ragazze e ragazzi. In quell’occasione incontro i miei lettori e lettrici, scambio idee, e tutto questo mi fa sentire utile, realizzata. Mi fa sentire di stare contribuendo, nel mio piccolo, a cambiare le cose, e a diffondere informazioni sui temi che mi stanno a cuore. Spero in futuro capitino altre occasioni di questo tipo, perché è un confronto che trovo davvero appagante, che mi regala speranza per il futuro e che spesso apprezzo più di quelli che ho con il pubblico adulto!

Come si diventa giornalista (istruzioni per l'uso)

Diventare giornalista in Italia significa scegliere tra due strade principali: quella del giornalista pubblicista e quella del giornalista professionista. Il pubblicista è chi svolge attività giornalistica anche saltuariamente, spesso affiancandola ad altri lavori. Per ottenere questo titolo, è necessario collaborare con una o più testate registrate per almeno due anni, ricevendo un compenso regolare e documentato, e poi fare domanda di iscrizione all’albo dei pubblicisti presso l’Ordine dei Giornalisti della propria regione.

Il percorso per diventare giornalista professionista è invece più strutturato e prevede l’esercizio continuativo della professione. Il modo più tradizionale è quello di frequentare una scuola di giornalismo riconosciuta dall’Ordine nazionale dei Giornalisti: si tratta di master o corsi post-laurea, solitamente biennali, che includono lezioni teoriche, laboratori pratici e un periodo di stage in redazione. Queste scuole valgono come praticantato e, una volta completato il percorso, si può accedere all’esame di Stato per ottenere l’iscrizione all’albo dei professionisti. In alternativa, è possibile maturare il praticantato direttamente in redazione, lavorando per almeno 18 mesi sotto la supervisione di un direttore responsabile.

Entrambe le figure, pubblicista e professionista, sono iscritte all’Ordine dei Giornalisti, e si differenziano per il tipo di contratto (i giornalisti professionisti possono essere assunti con contratto nazionale) e in molti casi anche per il ruolo ricoperto all’interno di una redazione. Alcune testate, per l’assunzione, chiedono l’iscrizione all’albo dei professionisti, mentre se si collabora come giornalista esterno è sufficiente essere pubblicista. Entrambe le categorie devono rispettare il Codice deontologico, che definisce i principi etici fondamentale della professione.

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