Partire per lavorare fuori dall’Italia dopo la laurea non è più un sogno per pochi privilegiati. Conoscere lingue, avere un titolo riconosciuto e avere fame di esperienza sono già ottimi punti di partenza. Ma servono anche metodo, informazioni corrette e un po’ di determinazione.
Lavorare all’estero significa misurarsi con ambienti nuovi, sviluppare competenze trasversali e ampliare il proprio network. Ma soprattutto significa costruire un futuro con più opzioni: anche se poi si torna, l’esperienza internazionale resta un valore forte sul curriculum.
Per molti, poi, l’estero rappresenta anche una via d’uscita da un mercato del lavoro interno percepito come stagnante. Ma attenzione a non partire solo “per scappare”: l’esperienza funziona se è costruita con uno scopo, anche piccolo, anche da esplorare.
Da dove cominciare: capire perché vuoi partire (e per dove)
Prima ancora di cercare offerte e bandi, serve fare chiarezza: perché vuoi andare all’estero? Per crescere in un settore specifico? Per imparare una lingua? Per fare una vera esperienza di lavoro? Ogni Paese offre qualcosa di diverso. La Germania, ad esempio, ha un mercato tecnico e ingegneristico molto forte. L’Olanda investe su digital e sostenibilità. Il Regno Unito offre dinamismo ma ha regole più complesse post-Brexit. Canada e Australia chiedono visti, ma puntano sui giovani con skill.
E poi ci sono le barriere culturali, non solo linguistiche. L’approccio al lavoro cambia molto da un Paese all’altro: in alcune realtà conta la puntualità, in altre la relazione; da qualche parte si premia il problem solving, altrove l’adattamento. Informarsi su questi aspetti può fare la differenza tra un inserimento efficace e uno scontro frustrante. Capire le proprie motivazioni e informarsi bene sulle destinazioni è il primo passo per non scegliere a caso.
I programmi europei più accessibili per i neolaureati
In Europa ci sono diversi programmi pubblici pensati per chi ha appena concluso gli studi:
- EURES (European Employment Services): portale ufficiale per il lavoro in Europa. Offre offerte serie, assistenza nella mobilità e servizi per chi cerca opportunità nei 27 Paesi UE. Include anche eventi di recruiting online, consulenze personalizzate e un database con migliaia di posizioni aperte.
- Erasmus+ post-laurea: non tutti lo sanno, ma puoi usare Erasmus+ anche dopo la laurea per fare un tirocinio all’estero entro 12 mesi. Le università italiane spesso gestiscono i bandi con scadenze a inizio anno o fine estate. Il contributo economico varia in base al costo della vita del Paese ospitante.
- Corpo Europeo di Solidarietà: opportunità retribuite (non solo volontariato) in progetti sociali, educativi, culturali. I progetti selezionano anche profili con laurea, e coprono vitto, alloggio, assicurazione e formazione.
- EU Careers: tirocini retribuiti (ad es. Blue Book Traineeship presso la Commissione Europea) che durano 5 mesi e richiedono un buon inglese o francese. Rappresentano un ottimo trampolino per entrare in ambito internazionale.
Questi programmi sono gratuiti, accessibili e spesso coprono parte delle spese. Anche se la selezione è competitiva, vale la pena provarci: sono spesso le prime esperienze professionali vere in contesti stimolanti e strutturati.
Fuori dall’Europa: bandi, visti e percorsi da esplorare
Per chi vuole spingersi oltre, le opzioni non mancano:
- Working Holiday Visa: Australia, Canada, Giappone e Nuova Zelanda offrono visti temporanei che permettono di lavorare legalmente per un anno. Perfetti per giovani sotto i 30-35 anni. Richiedono documentazione economica, biglietto aereo e assicurazione, ma aprono a una vasta gamma di esperienze, dal settore turistico all’agricoltura.
- MAECI-CRUI: tirocini nelle ambasciate italiane, consolati e istituti di cultura. Riconosciuti, spesso retribuiti, richiedono candidatura puntuale. Consentono di vivere in prima persona la diplomazia culturale e istituzionale.
- Programmi ONU e ONG internazionali: tirocini (anche online), bandi per giovani professionisti, volontariato qualificato. Il programma UNV (Volontari delle Nazioni Unite) accoglie anche giovani laureati con esperienze minime ma forti motivazioni.
- Job Seeker Visa: Paesi come Germania, Olanda e Irlanda permettono ai laureati di ottenere un visto temporaneo (fino a 6-12 mesi) per cercare lavoro in loco. Spesso bastano un diploma universitario e fondi sufficienti.
Molti di questi programmi sono pensati per attrarre giovani con voglia di mettersi in gioco, e hanno procedure semplificate rispetto ai visti tradizionali.
Dove cercare offerte serie (e come evitare le fregature)
La parte più difficile è spesso distinguere tra le vere opportunità e le offerte poco trasparenti.
Portali affidabili: oltre a EURES ed ErasmusIntern, esistono piattaforme come GoAbroad, Idealist.org (per il non profit), Graduateland e LinkedIn settato in inglese, con geolocalizzazione.
Attenzione a:
- Offerte che chiedono pagamenti anticipati per pratiche o visti
- Datori di lavoro senza sito ufficiale o referenze
- Stage non retribuiti mascherati da lavoro
Cosa controllare sempre:
- Contatti dell’azienda
- Contratto, orari, compenso (se previsto)
- Condizioni di alloggio o trasporto, se menzionate
Fare networking con ex partecipanti, contattare università partner o scrivere in gruppi specifici può aiutare a verificare l’affidabilità.
CV, cover letter e colloquio: come prepararsi per candidarsi fuori
Per candidarsi efficacemente serve adattare la comunicazione. Non basta tradurre: bisogna ripensare la forma e i contenuti.
- CV anglosassone: max 1 pagina per i neolaureati, nessuna foto, linguaggio attivo. Si parte dalle competenze, poi esperienze. Soft skill vanno dimostrate con esempi.
- Cover letter: personalizzata, su misura per ogni offerta. Niente frasi generiche tipo “sono un giovane motivato”. Meglio iniziare con “Mi ha colpito il vostro progetto X perché…” e spiegare cosa puoi portare.
- Colloquio online: prepara una breve presentazione in inglese, simula domande standard, controlla fuso orario, audio e connessione. Rispondi in modo sintetico ma con energia.
- Bonus tip: prepara anche una lista di domande da fare tu: in molti Paesi è ben visto. Mostra che hai studiato l’azienda o l’organizzazione.
Stage e tirocini: meglio partire da qui?
Per molti neolaureati, lo stage all’estero è il primo passo logico. È più facile da ottenere rispetto a un contratto vero e proprio, richiede meno esperienza e spesso ha il sostegno di programmi pubblici o universitari.
Ma attenzione: non tutti gli stage sono uguali. Alcuni sono ben strutturati, con tutoraggio e possibilità di assunzione, altri servono solo a “riempire una sedia”. Ecco alcuni criteri per valutarli:
- Esiste un progetto formativo chiaro?
- Ti verrà assegnato un tutor o una figura di riferimento?
- Ci sono occasioni di crescita reale, o solo compiti ripetitivi?
- Lo stage è retribuito, o almeno copre vitto/alloggio?
Non è solo una questione economica: se il tirocinio è completamente a tue spese, valuta bene la durata e il contesto.
Dove cercarli:
- ErasmusIntern.org
- Stage4eu.it
- Portali delle università europee (molti accettano candidati internazionali)
- Aziende italiane con sedi all’estero (programmi di internal mobility)
In ogni caso, lo stage è utile anche per capire se quel settore ti interessa davvero. Non tutto deve essere perfetto o definitivo: anche un’esperienza breve può aiutarti a orientarti meglio, a capire cosa ti piace e cosa no.
Quando partire: il momento giusto (non esiste, ma si costruisce)
Aspettare il “momento perfetto” per partire è spesso solo un modo elegante per rimandare. La verità è che non esiste un momento giusto in assoluto: esiste solo il momento che costruisci tu, in base a dove sei e cosa vuoi fare. Alcuni partono subito dopo la laurea, altri dopo il master, altri ancora prima. Altri fanno una prima esperienza, tornano, poi ripartono con più consapevolezza. E va bene così.
Cosa conta davvero
- Aver definito almeno un obiettivo (anche vago: “voglio lavorare nel settore creativo” o “voglio crescere nel digitale”)
- Avere un CV aggiornato e una minima preparazione linguistica
- Sapere dove cercare e a cosa puoi accedere (es. età, titoli, visto)
Non serve avere già tutta la vita chiara: serve cominciare a muoversi.
Un consiglio: se ti senti bloccato, inizia con piccole azioni. Iscriviti a una newsletter, scrivi una cover letter di prova, chiedi un parere a chi è già partito. A volte il primo passo è solo rompere l’inerzia.
Se hai una laurea in ambito umanistico, creativo o sociale
Uno degli ostacoli più frequenti per chi vuole lavorare all’estero è la convinzione che “certe lauree non valgano”. Soprattutto in ambito umanistico, artistico, educativo o sociale, molti si chiedono: cosa posso davvero fare fuori dall’Italia? La buona notizia è che le possibilità esistono, ma vanno cercate nei contesti giusti.
- ONG e terzo settore: cercano profili con competenze linguistiche, comunicative e interculturali. Programmi come il Corpo Europeo di Solidarietà o le NGO internship in Africa, Asia e Sud America sono porte d’ingresso concrete.
- Istituzioni culturali e creative: musei, archivi, festival, centri culturali italiani all’estero. Esistono bandi per tirocini e borse di studio, spesso poco pubblicizzati. Consulta il sito del MAECI o le newsletter di enti come l’Istituto Italiano di Cultura.
- Teaching Assistant e lettorati: programmi per insegnare italiano all’estero (es. Fulbright, British Council, Alliance Française). Anche senza una laurea magistrale specifica, puoi accedere a ruoli di supporto didattico o animazione culturale.
- Industrie creative e comunicazione: agenzie di marketing, startup, media digitali, content creation. Anche qui, la lingua è importante, ma spesso conta di più sapere raccontare ciò che sai fare.
Suggerimento pratico: costruisci un portfolio, anche semplice, con i tuoi progetti, scritti, attività svolte. All’estero il portfolio conta tanto quanto il titolo di studio, a volte di più.
Partire da zero: cosa fare se non hai ancora esperienza
Una delle paure più comuni: “Ma se non ho mai lavorato, chi mi prenderà?”. La verità è che nessuno si aspetta che tu abbia dieci esperienze nel CV appena uscito dall’università. Ma ciò che fa la differenza è come presenti quello che hai fatto finora.
Anche se non hai esperienze lavorative formali, puoi mettere in evidenza:
- progetti universitari (es. ricerche, presentazioni, lavori di gruppo)
- attività extracurricolari (associazioni studentesche, volontariato, tutoring)
- abilità pratiche (lingue, software, organizzazione eventi, scrittura)
- esperienze di viaggio o studio all’estero (Erasmus, summer school)
In più, esistono programmi pensati proprio per chi parte da zero: stage, volontariato retribuito, tirocini formativi, progetti europei. L’estero, in questo senso, è spesso più inclusivo dell’Italia.
Suggerimento concreto: prepara un CV orientato alle competenze (skill-based), e non solo cronologico. Mostra cosa sai fare, non solo dove sei stato.
Altre opportunità poco conosciute (ma concrete)
Oltre ai programmi più noti, esistono tante micro-opportunità meno conosciute ma altrettanto valide per iniziare:
- “Graduate Program” nelle multinazionali: percorsi formativi con inserimento in azienda, rivolti a giovani laureati. Spesso si svolgono in più Paesi e non richiedono esperienza pregressa.
- Start-up hub e incubatori europei: molte startup cercano stagisti o junior motivati, anche senza background tecnico, purché curiosi, flessibili e reattivi.
- Programmi regionali o comunali: alcune regioni italiane finanziano esperienze lavorative all’estero con voucher o borse (es. Torno Subito nel Lazio, Pass Laureati in Puglia).
- Centri di ricerca e università internazionali: ospitano anche neolaureati per brevi tirocini o posizioni di assistenza alla ricerca, soprattutto se hai una buona media o una tesi interessante.
Queste opzioni vanno cercate attivamente, spesso sui siti dei singoli enti o nei network specializzati. Ma il vantaggio è che c’è meno concorrenza, e più possibilità di farsi notare.
Quanto conta la lingua? E se non parlo bene l’inglese?
La conoscenza dell’inglese è importante, ma non è un ostacolo insormontabile. Soprattutto per lavori entry-level, volontariato, tirocini o esperienze in ambito sociale o artistico, contano di più la motivazione e la disponibilità ad apprendere velocemente.
Alcuni spunti pratici:
- Se il tuo inglese è scolastico, punta su ruoli che prevedano formazione iniziale o tutoraggio.
- Fai un corso intensivo prima di partire o online (es. su FutureLearn o Coursera).
- In alcuni Paesi puoi lavorare in italiano (es. scuole di lingua, ristorazione, turismo) mentre migliori la lingua locale.
Inoltre, l’inglese non è l’unica via. Se parli bene un’altra lingua (francese, spagnolo, tedesco), puoi accedere a molti programmi nazionali che cercano candidati con quella competenza.
Da sapere: nei colloqui internazionali, l’importante non è parlare “perfettamente”, ma farsi capire, con chiarezza e sicurezza. Anche un inglese semplice, ma corretto, può bastare per iniziare.
Tornare in Italia dopo un’esperienza all’estero: cosa cambia davvero
Partire non significa andarsene per sempre. Anzi, molti scelgono di rientrare dopo qualche mese o anno — e spesso lo fanno con una marcia in più.
Chi ha lavorato o fatto tirocinio all’estero torna con:
- maggiore autonomia e spirito di iniziativa
- competenze linguistiche reali
- abitudine a lavorare in contesti multiculturali
- capacità di adattamento e problem solving
Tutte soft skill molto apprezzate dai datori di lavoro italiani, anche se a volte poco formalizzate.
Consiglio: quando rientri, impara a raccontare bene la tua esperienza. Non dire solo “ho fatto uno stage a Berlino”, ma spiega cosa hai imparato, quali difficoltà hai superato, cosa ti porti dietro da quell’esperienza.
Lavorare all’estero con una laurea triennale: si può?
Sì, si può. Non è obbligatorio avere una magistrale per lavorare fuori dall’Italia, anche se in alcuni Paesi o per certi ruoli è preferibile.
Con una triennale puoi accedere a:
- tirocini europei e internazionali
- programmi di volontariato o servizio civile estero
- ruoli entry-level in azienda
- posizioni in ambito turistico, creativo, digitale
Nota: alcuni visti richiedono un livello minimo di istruzione (es. bachelor degree), quindi controlla sempre i requisiti ufficiali del Paese ospitante.
In alternativa, puoi valutare master brevi o corsi post-laurea in loco, che spesso offrono anche sbocchi lavorativi immediati. L’importante è capire che la laurea è solo uno degli elementi del tuo profilo, non l’unico.
Se vuoi partire, ma non da solo: reti, community e supporti
Cercare lavoro all’estero può sembrare un’impresa solitaria, ma non sei il primo a farlo — e non devi farlo da solo. Esistono community, gruppi, mentor, reti di ex studenti o professionisti pronti ad aiutarti.
Dove cercare supporto concreto:
- Facebook e LinkedIn Groups (es. “Italiani a Bruxelles”, “Jobs in Berlin for Internationals”)
- Associazioni di ex studenti Erasmus o di alumni universitari
- Forum e portali come The Dots, Youth Opportunities, Global Opportunities
- Università italiane con uffici placement o sportelli mobilità internazionale
Tip: scrivi a chi ha fatto un percorso simile al tuo. Anche un breve messaggio può aprire porte o chiarire dubbi pratici.
Checklist finale (e incoraggiamento realistico)
Partire richiede voglia, informazione, coraggio. Ma anche realismo. Non tutto andrà liscio, non troverai subito “il lavoro della vita”. Ma ogni passo fatto all’estero ti farà crescere più in fretta, e in modi che non puoi prevedere.
Prima di partire, assicurati di avere:
- Un CV e una cover letter pronti (in inglese o lingua locale)
- Un passaporto aggiornato (e, se serve, visto o permesso)
- Un piano di appoggio per i primi giorni (alloggio, contatti)
- Un obiettivo minimo chiaro: anche solo capire se ti piace quel contesto
- La voglia di imparare anche dalle difficoltà
E se qualcosa non funziona? Torni. O cambi. Ma nel frattempo hai mosso il primo passo.







