Ritorno negli scambi europei post-Brexit
Il governo britannico ha annunciato che a partire da gennaio 2027 il Regno Unito rientrerà ufficialmente in Erasmus+, il popolare programma europeo di scambio per studenti universitari. Si tratta di un accordo storico che segna un riavvicinamento tra Londra e Bruxelles dopo gli anni tesi della Brexit. In pratica, gli universitari del Regno Unito potranno di nuovo studiare per un periodo (fino a 12 mesi) in atenei di paesi UE senza pagare tasse di iscrizione straniere, e viceversa gli studenti europei – italiani compresi – potranno tornare nelle università britanniche alle stesse condizioni. Erasmus+ è uno dei programmi simbolo dell’integrazione europea, con un budget di oltre 26 miliardi di euro per il settennato 2021-2027 e milioni di giovani partecipanti ogni anno. La portata di questo progetto è enorme: ogni anno oltre 45.000 studenti universitari italiani partono per studiare o lavorare all’estero grazie a Erasmus+. Non sorprende quindi che l’UE spingesse da tempo per riportare Londra a bordo, considerandolo un tassello chiave per rafforzare i legami educativi e culturali tra le due sponde della Manica.
Qui su Alpha Orienta lo aveva già spiegato in un nostro articolo su come funziona il progetto Erasmus+ e quali vantaggi offre: l’Unione Europea crede moltissimo in questi scambi. Il ciclo di finanziamento 2021–2027 di Erasmus+ è tra i più alti nella storia dell’UE, a dimostrazione dell’importanza attribuita alla mobilità studentesca come strumento di integrazione e cittadinanza attiva. Negli ultimi anni il programma si è anche evoluto: non è più riservato solo agli universitari, ma coinvolge anche scuole, istituti tecnici, giovani lavoratori e personale educativo. Che tu sia studente, docente, lavoratore o educatore, c’è un’opportunità Erasmus+ pensata per te. Proprio per questo l’uscita del Regno Unito dal programma nel 2021 era stata vista come uno strappo doloroso. Ora, con il rientro dal 2027, si ricuce in parte quella frattura generazionale aperta dalla Brexit, offrendo di nuovo ai giovani britannici ed europei un terreno comune di formazione e crescita.
Dal no di Johnson al nuovo accordo
Il Regno Unito aveva fatto parte di Erasmus sin dal 1987 (quando il programma nacque) e per decenni migliaia di studenti britannici hanno studiato in Europa e viceversa. Tuttavia, dopo l’uscita del paese dall’UE, Londra era rimasta esclusa dal 2021: il governo conservatore di Boris Johnson decise infatti di non partecipare più a Erasmus+, né come membro UE (ovviamente) né come “paese terzo” (lo status con cui ad esempio Norvegia e Turchia aderiscono al programma pur non essendo nell’Unione). All’epoca Johnson motivò la scelta definendo Erasmus un lusso dispendioso, sostenendo che il Regno Unito “ci rimetteva” economicamente a causa di uno squilibrio nei flussi di studenti. In effetti, prima della Brexit molti più giovani europei sceglievano il Regno Unito come meta Erasmus rispetto al numero di britannici che andavano all’estero. Per esempio, nel 2017 circa 16.500 studenti dal Regno Unito partirono per un’esperienza Erasmus in altri paesi, mentre oltre 32.000 studenti europei arrivarono nelle università britanniche – uno sbilancio di quasi il doppio a favore di Londra. Johnson e i suoi ministri giudicavano il programma poco conveniente: preferirono lanciare un piano nazionale alternativo, il cosiddetto “Turing Scheme”, per finanziare mobilità studentesche verso università di tutto il mondo, ma senza reciprocità per gli studenti in ingresso.
Con il cambio di governo nel 2024, l’orientamento politico è mutato. Il nuovo primo ministro Keir Starmer (Partito Laburista) ha adottato un approccio più pragmatico e aperto verso l’Europa, pur senza rimettere in discussione la Brexit. Già a maggio 2025, durante un incontro a Bruxelles con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, si era discusso di riattivare i programmi di scambio giovanile tra UE e Regno Unito. In quell’occasione Starmer parlò di una “nuova era” nei rapporti con l’Europa, siglando con von der Leyen un primo accordo post-Brexit su temi come la pesca e la cooperazione militare, e accennando alla volontà di riallacciare anche i progetti educativi. All’inizio Londra fu cauta: temeva che i Conservatori (ora all’opposizione) avrebbero attaccato il ritorno di Erasmus+ presentandolo come una resa sulla libertà di movimento, un dietrofront rispetto allo spirito della Brexit. Del resto, nell’ultimo anno anche il Labour di Starmer ha adottato toni più rigidi sull’immigrazione (quasi “da destra”), per cui il governo sapeva di camminare su un terreno politico delicato. Non a caso l’annuncio del rientro è arrivato solo ora, a fine 2025, dopo aver limato i dettagli e preparato il terreno nell’opinione pubblica.
Investimento da 570 milioni (con "sconto" del 30%)
Dal punto di vista finanziario, l’operazione avrà un costo significativo per il Regno Unito. Downing Street ha stanziato 570 milioni di sterline (circa 660 milioni di euro) per coprire la partecipazione nell’anno accademico 2027/2028. Questa cifra, pur elevata, è stata presentata dal governo come un successo negoziale: equivale infatti a circa il 30% in meno di quanto Londra avrebbe dovuto versare secondo le condizioni standard. In altre parole, Bruxelles avrebbe concesso uno sconto del 30% sul contributo britannico, probabilmente per facilitare il rientro. Il Regno Unito entrerà nel programma come contributore netto, pagando la sua quota ma beneficiando anche dei fondi Erasmus per i propri cittadini. Più di 100.000 persone nel Regno Unito potrebbero usufruire di Erasmus+ già nel primo anno di rientro, secondo le stime ufficiali. Questo numero include studenti universitari ma anche tirocinanti, staff accademico e giovani coinvolti in altri progetti Erasmus+.
Per gli studenti coinvolti, l’accordo porta vantaggi concreti. I ragazzi europei che andranno in scambio nelle università britanniche saranno esentati dalle costose tasse universitarie internazionali normalmente previste per gli “overseas students”. Dovranno pagare solo le tasse nazionali come fossero studenti locali, con un tetto massimo fissato a 9.535 sterline l’anno (circa 11.000 euro, cioè il livello delle rette inglesi). Allo stesso modo, gli studenti britannici in partenza continueranno a pagare la retta del proprio ateneo d’origine durante il periodo all’estero, senza costi aggiuntivi presso l’università ospitante. È inoltre prevista una borsa di studio Erasmus che coprirà le spese di viaggio e una parte dei costi di soggiorno per tutti i partecipanti. Si ripristina così l’equilibrio che esisteva prima della Brexit: studiare fuori non comporterà esborsi insostenibili, e il Regno Unito tornerà una meta accessibile per gli universitari del continente. Resteranno ovviamente in vigore le procedure post-Brexit sui visti e i permessi (per soggiorni superiori ai 6 mesi servirà un visto studentesco, ad esempio), ma sul piano economico e organizzativo le barriere si abbassano di molto.
Reazioni opposte: critiche e entusiasmo
L’intesa sul ritorno in Erasmus+ ha generato reazioni contrastanti nella politica britannica. I Conservatori (all’opposizione) hanno criticato il governo Starmer accusandolo di aver fatto concessioni a Bruxelles senza ottenere abbastanza in cambio. Agli occhi dei Brexiteers, investire centinaia di milioni in questo programma rappresenta un passo indietro rispetto alla narrativa dell’“indipendenza” post-Brexit. Alcuni esponenti Tory hanno ricordato con tono polemico che fu proprio il loro partito, nel 2020, a stracciare l’accordo Erasmus giudicandolo troppo oneroso. D’altra parte, università e organizzazioni studentesche hanno accolto la notizia con grande favore. Il gruppo European Movement UK l’ha definita “una prova concreta del disgelo nelle relazioni” tra Londra e l’Europa. Soprattutto, i rettori e docenti universitari sottolineano il valore educativo dell’operazione: Vivienne Stern, direttrice del consorzio Universities UK, ha parlato di “un enorme passo avanti” nelle relazioni con l’UE, destinato a offrire opportunità formative che cambiano la vita a migliaia di studenti. Anche dal fronte europeo arrivano apprezzamenti: Ursula von der Leyen ha salutato l’accordo come “un nuovo passo nel partenariato rinnovato”, sottolineando che si apriranno porte a nuove esperienze condivise per i giovani europei e britannici.
In definitiva, il ritorno del Regno Unito in Erasmus+ rappresenta una svolta positiva per le nuove generazioni. A cinque anni dalla fine della libera circolazione tra UK e UE, si ricostruisce almeno in parte un ponte che permetterà ai giovani di studiare, vivere e crescere insieme al di là delle frontiere nazionali. L’investimento economico è ingente, ma indica una precisa volontà politica: guardare al futuro puntando sulla formazione e sui legami culturali. Per migliaia di ragazzi britannici (e non solo) si riapre la possibilità di fare un’esperienza all’estero durante gli studi, arricchendo il proprio bagaglio accademico e umano – un’esperienza che, come abbiamo visto, “ti fa tornare più grande, più sicuro, più curioso”. Se vuoi approfondire il lato pratico (e capire come valorizzarla davvero), c’è anche questo: Erasmus+, un valore aggiunto al tuo CV: come sfruttarlo al meglio. E per una panoramica su come organizzarti durante la triennale: Studiare all’estero durante la triennale.









