Che cosa significa, oggi, prendere un 6 in condotta? E cosa cambierà per chi a scuola non rispetta le regole? Dal nuovo anno scolastico 2025/2026 queste domande avranno un peso molto concreto, perché diventa effettiva la riforma del voto di condotta approvata a fine luglio dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
Il voto di condotta non è una novità: è sempre esistito. La differenza è che con questa riforma smette di essere una voce marginale in pagella e acquista un peso decisivo sul percorso scolastico. In altre parole, il comportamento degli studenti verrà valutato al pari delle discipline di studio, con conseguenze dirette sull’ammissione alla classe successiva e sugli esami.
L’intervento legislativo si inserisce all’interno di un quadro più ampio di misure che il Ministero dichiara essere orientate a rafforzare l’autorevolezza della scuola, a dare centralità al merito e a sottolineare il rispetto delle regole come parte integrante della vita della comunità scolastica.
Cosa cambia con la riforma
La novità più significativa riguarda il peso che assume il voto di condotta. D’ora in poi non sarà soltanto un indicatore accessorio del comportamento, ma un criterio in grado di determinare l’ammissione o meno all’anno successivo. In concreto:
- con un voto pari o superiore a 7/10 lo studente verrà ammesso senza condizioni;
- con un 6/10 scatterà la sospensione del giudizio e sarà necessario presentare un elaborato specifico, definito “compito di cittadinanza”;
- con un 5/10 o inferiore, la conseguenza sarà la bocciatura automatica.
Il “compito di cittadinanza” rappresenta una novità. Come vedremo meglio più avanti, è un elaborato che gli studenti dovranno redigere quando ottengono la sufficienza minima in condotta, per riflettere su temi legati al rispetto delle regole, alla cittadinanza attiva, all’educazione civica e digitale. Il lavoro potrà assumere forme diverse e sarà valutato dal consiglio di classe secondo criteri stabiliti dal Ministero.
Anche le sospensioni cambiano. Quelle brevi, fino a due giorni, non si limiteranno a escludere lo studente dalle lezioni, ma comporteranno attività di approfondimento educativo. Le sospensioni più lunghe, fino a quindici giorni, potranno tradursi in attività di cittadinanza solidale, svolte in collaborazione con enti e associazioni previsti dal piano dell’offerta formativa della scuola.
Infine, la riforma prevede che il voto di condotta abbia un peso anche nel calcolo dei crediti scolastici della scuola superiore. Per ottenere il massimo punteggio in vista dell’esame di maturità sarà necessario conseguire almeno 9/10 in condotta.
Gli obiettivi dichiarati della riforma
La riforma si accompagna a una cornice di intenti che il Ministero ha messo in evidenza fin dall’annuncio. L’idea di base è che la scuola non debba limitarsi a trasmettere conoscenze, ma contribuire in modo sistematico alla formazione civile e personale degli studenti.
Nelle dichiarazioni del Ministro Giuseppe Valditara e nei documenti diffusi dal Ministero dell’Istruzione e del Merito compaiono alcuni principi guida:
- rafforzare l’autorevolezza della scuola, rendendo più chiaro che il rispetto delle regole è parte integrante della vita scolastica;
- dare centralità al merito, considerando la condotta come un elemento che concorre a definire il percorso educativo tanto quanto il rendimento nelle discipline;
- valorizzare la persona, riconoscendo che la crescita dello studente passa anche dalla capacità di convivere responsabilmente all’interno di una comunità;
- attribuire alle sanzioni una funzione educativa, così che sospensioni e provvedimenti diventino occasioni di consapevolezza e non soltanto atti di esclusione.
Che cos'è il compito di cittadinanza?
Che cos’è, in concreto, il “compito di cittadinanza” di cui tanto si parla? Si tratta della novità più visibile della riforma: un elaborato che gli studenti dovranno preparare se a fine anno ottengono 6 in condotta. Non basta quindi la sufficienza per passare alla classe successiva: bisognerà dimostrare di aver riflettuto sul proprio comportamento.
Il compito potrà assumere forme diverse. In linea generale sarà un elaborato scritto, ma le scuole potranno prevedere anche presentazioni multimediali o discussioni orali. I temi riguarderanno la cittadinanza attiva, l’educazione civica e digitale, il rispetto delle regole e, più in generale, le conseguenze delle proprie azioni all’interno della comunità scolastica.
La valutazione sarà affidata al consiglio di classe, che terrà conto di alcuni criteri come la pertinenza, la chiarezza, la capacità di argomentare e il livello di maturità dimostrato. Non si tratta quindi solo di “svolgere un compito”, ma di dare prova di consapevolezza e di volontà di cambiare atteggiamento.
Resta una domanda sullo sfondo: questo strumento riuscirà a diventare davvero un’occasione educativa o rischierà di trasformarsi in un esercizio burocratico in più? Saranno i primi casi concreti a chiarirlo.
I numeri e il contesto attuale
Ma quale potrà essere l’impatto della riforma della condotta? Qualche piccolo calcolo applicato ai dati più recenti relativi al comportamento dei ragazzi a scuola potrebbe aiutarci a capirlo. Se pensiamo a quanti studenti hanno avuto l’insufficienza nel voto in condotta nell’anno scolastico 2023/2024, scopriamo che meno dell’1% di tutti loro, che corrisponde a circa 47mila ragazzi, con le nuove regole, non sarebbero stati ammessi alla classe successiva.
La fascia di studenti con 6 in condotta risulta invece più ampia, variando tra l’1,6% e il 3,6% a seconda delle classi e degli indirizzi di studio. In questo caso, con l’entrata in vigore della riforma, gli alunni dovranno cimentarsi con il “compito di cittadinanza” prima di ottenere l’ammissione.
Un altro elemento che ha inciso sul dibattito riguarda gli episodi di violenza o di tensione registrati a scuola. Sempre secondo i monitoraggi del Ministero, nello stesso anno scolastico si sono contati 32 episodi nelle scuole superiori e 31 nel primo ciclo. In più della metà dei casi i docenti sono stati direttamente coinvolti, seguiti da dirigenti scolastici e personale ATA.
Questi numeri delineano il contesto in cui è maturata la riforma. Non si tratta di una maggioranza di studenti, ma di una quota limitata che, tuttavia, secondo l’Amministrazione è sufficiente a giustificare un intervento normativo mirato a rendere più incisivo il peso del comportamento nella valutazione complessiva.
Come approfondire e a chi dare voce
Per capire davvero che cosa cambierà con la riforma della condotta non basta leggere la norma. Sarà necessario osservare come le scuole tradurranno le nuove regole nella pratica quotidiana e quali effetti concreti avranno sugli studenti. Alcuni fronti appaiono particolarmente rilevanti:
- le circolari del Ministero: chiariranno i criteri di valutazione del compito di cittadinanza e le modalità con cui i consigli di classe dovranno applicare i nuovi strumenti;
- docenti e dirigenti scolastici: saranno loro a tradurre le nuove regole in decisioni concrete. Non si tratterà soltanto di dare un voto, ma di capire come intervenire quando emergono problemi di comportamento e come trasformare sospensioni e provvedimenti in momenti che abbiano davvero un valore educativo;
- famiglie e studenti: il modo in cui vivranno la riforma sarà altrettanto importante. Per molti ragazzi il “compito di cittadinanza” potrà essere un passaggio impegnativo, e per i genitori una prova in più da accompagnare e comprendere;
- esperti e professionisti dell’educazione: pedagogisti, psicologi ed educatori avranno l’occasione di osservare nel tempo quali conseguenze avrà l’aver reso la condotta un criterio decisivo. Le loro valutazioni aiuteranno a capire se questa scelta avrà ricadute positive sul clima scolastico o se porterà effetti inattesi.
Un ulteriore livello di analisi arriverà dai dati che il Ministero raccoglierà nei primi anni di applicazione. Solo monitorando quanti studenti verranno fermati o quanti saranno chiamati a redigere il compito di cittadinanza sarà possibile valutare se la riforma produce davvero i risultati attesi.
Un po’ di storia della condotta
Come si è arrivati a questa riforma? Il voto di condotta non è un’invenzione recente. Nelle pagelle di qualche decennio fa si parlava di “condotta ottima” o “buona”, senza numeri ma con giudizi sintetici. Nel 2008, con una riforma voluta dal ministro Gelmini, tornò la valutazione in decimi: da allora un 5 in condotta comportava già la bocciatura, anche se nella pratica la misura è stata applicata raramente.
La riforma di oggi non cancella quel principio, ma ne cambia la cornice. Non è più solo una soglia sotto la quale non si viene ammessi: diventa un meccanismo più articolato, con nuove tappe come il compito di cittadinanza e con un impatto diretto anche sui crediti della maturità.
Uno sguardo oltre l’Italia
Il comportamento a scuola è valutato ovunque, ma non sempre nello stesso modo. In Francia, per esempio, i professori esprimono giudizi scritti sulla partecipazione e sull’impegno, senza un voto numerico che possa influire sulla promozione. In Germania esiste una valutazione della condotta che può incidere sul giudizio complessivo, anche se la priorità rimane la preparazione disciplinare. In Spagna la asignatura de comportamiento è spesso inglobata nell’educación cívica, con peso limitato sulle pagelle.
Il modello italiano, dopo la riforma, si distingue perché assegna al comportamento un effetto diretto sulla carriera scolastica, quasi al pari delle materie tradizionali. Una scelta che non ha molti equivalenti in Europa e che quindi solleva un dibattito interessante sul ruolo educativo della scuola.
Le voci della scuola
Come stanno accogliendo queste novità chi ogni giorno vive in classe? Tra i docenti prevale un misto di curiosità e cautela. Da un lato, l’idea che la condotta conti davvero viene letta come un segnale di attenzione verso il loro lavoro quotidiano. Dall’altro, c’è chi si chiede se le scuole saranno pronte a gestire i compiti di cittadinanza e le attività sostitutive delle sospensioni.
I dirigenti scolastici guardano soprattutto agli aspetti organizzativi: calendarizzare i lavori di cittadinanza solidale, coinvolgere enti esterni, predisporre griglie di valutazione. È un carico aggiuntivo che potrebbe pesare soprattutto sugli istituti più grandi o con meno risorse.
Le famiglie e gli studenti
Che cosa pensano gli studenti di una riforma che lega così strettamente comportamento e carriera scolastica? Le associazioni giovanili hanno espresso opinioni contrastanti: per alcuni il compito di cittadinanza può diventare un’occasione di riflessione, per altri rischia di trasformarsi in un adempimento burocratico.
Anche i genitori guardano alla riforma con attenzione. C’è chi vede in questa misura un modo per responsabilizzare i ragazzi, e chi teme invece un’applicazione disomogenea tra scuole diverse o una valutazione troppo soggettiva dei comportamenti.
Critiche e dibattito
Ogni riforma porta con sé un confronto acceso, e quella sulla condotta non fa eccezione. Diversi sindacati e pedagogisti hanno sollevato alcuni punti critici: è davvero possibile valutare il comportamento con criteri oggettivi? Non si rischia di trasformare il voto in condotta in un giudizio troppo punitivo, magari influenzato dal rapporto personale tra docente e studente?
Altri osservano che la scuola rischia di assumere un ruolo più disciplinare che educativo, soprattutto se mancano strumenti chiari per trasformare le sanzioni in percorsi di crescita. Questi dubbi mostrano come il dibattito sia destinato a proseguire anche nei prossimi mesi, mentre le scuole si preparano ad applicare le nuove regole.
Questioni ancora aperte
Molti dettagli dovranno essere chiariti dalle circolari ministeriali. Per esempio: chi sceglierà i temi dei compiti di cittadinanza? Verranno fornite griglie nazionali o ogni scuola avrà autonomia? E se uno studente non svolge il compito o non convince il consiglio di classe, quali saranno le conseguenze concrete?
Sono nodi che al momento restano irrisolti e che determineranno in gran parte l’efficacia della riforma. La traduzione pratica delle regole sarà infatti ciò che farà davvero la differenza nelle aule.
Il legame con altre riforme
Il voto di condotta non è l’unico cambiamento in arrivo. Alla scuola primaria, per esempio, dal 2025/2026 torneranno i giudizi sintetici al posto dei voti numerici. Anche questa misura rientra in una visione più ampia che punta a rivedere i criteri di valutazione: meno centrati esclusivamente sul rendimento scolastico e più attenti al percorso complessivo dello studente.
Visto in questa prospettiva, il rafforzamento del voto di condotta diventa parte di una strategia che vuole unire apprendimento e formazione civica, conoscenze e atteggiamenti, risultati e comportamenti.
Un cambiamento da mettere alla prova
Quindi abbiamo visto che dal prossimo anno scolastico il voto di condotta non sarà più una semplice voce in pagella, ma un fattore che potrà incidere davvero sul percorso degli studenti. Le percentuali mostrano che riguarda una minoranza, ma il principio è chiaro: il comportamento diventa parte integrante della valutazione complessiva.
Ricordiamo allora che cosa significa concretamente per chi oggi siede tra i banchi:
- chi prenderà un voto in condotta pari o superiore a 7/10 sarà promosso;
- chi prenderà 6/10 avrà la sospensione del giudizio fino a settembre, quando dovrà elaborare un compito di cittadinanza;
- chi prenderà 5/10 o addirittura di meno sarà bocciato;
- alle scuole superiori il voto di condotta peserà anche sui crediti scolastici: per ottenere il massimo servirà almeno un 9;
- le sospensioni cambieranno: quelle brevi comporteranno attività di approfondimento, quelle più lunghe lavori di cittadinanza solidale.
Molto dipenderà da come le scuole tradurranno le nuove regole nella pratica quotidiana. Saranno i primi anni di applicazione a mostrare se la riforma riuscirà davvero a rendere il voto di condotta uno strumento educativo e non solo disciplinare.