Capita più spesso di quanto si pensi: mentre lavori alla tesi, ti rendi conto che quell’argomento è più di un esercizio accademico. Che dietro c’è un’idea, una possibilità, forse persino una piccola soluzione a un problema concreto. E ti chiedi: e se potesse diventare qualcosa di reale? Una startup? Un progetto da far crescere fuori dall’università?
Non è un sogno da pochi. Negli ultimi anni sono nati decine di progetti imprenditoriali proprio a partire da tesi, ricerche o laboratori universitari. Alcuni sono rimasti piccoli, altri sono cresciuti molto. Ma tutti sono partiti dalla stessa domanda: “E se provassi a farla diventare una cosa vera?”
Certo, tra un’idea scritta su Word e una vera impresa ci passa il mondo. Ma oggi ci sono strumenti, supporti e strade concrete che possono trasformare una scintilla in qualcosa che cammina davvero.
Non tutte le tesi possono diventare imprese (e va bene così)
Partiamo da un dato di realtà: non tutte le tesi sono pensate per diventare un’impresa. E non c’è niente di sbagliato in questo. Ci sono lavori di ricerca utilissimi, profondi, originali… ma che restano nel campo teorico, o che hanno senso solo dentro un contesto accademico.
Altre volte, invece, dietro a una tesi può esserci l’intuizione giusta per avviare qualcosa di concreto: un servizio, un prodotto, un processo che risponde a un bisogno reale.
Come capirlo? 3 segnali da osservare
1. Risolve un problema chiaro
Non in astratto, non “in teoria”, ma per persone vere. Magari hai trovato un modo per ridurre gli sprechi alimentari in mensa, o per migliorare la gestione dei turni in un piccolo ospedale, o ancora per semplificare un processo burocratico. Se qualcuno là fuori sente quel problema come urgente, hai un primo punto a favore.
2. Propone qualcosa di nuovo (o di più efficace)
Non serve inventare da zero: anche un miglioramento netto di qualcosa che esiste già può diventare una base solida per una startup. L’importante è che ci sia un “perché” forte: perché dovrebbero usare la tua soluzione invece di un’altra?
3. Può interessare un mercato specifico
Anche se piccolo, anche se di nicchia. Un’idea imprenditoriale ha bisogno di un minimo di sostenibilità economica per camminare. Chi sarebbero i tuoi utenti o clienti? Quanto ti costerebbe far partire tutto? E quanto sarebbero disposti a pagare?
Non confondere la validità accademica con quella imprenditoriale
Un errore molto comune è pensare che una tesi valutata bene significhi automaticamente un’idea da impresa. In realtà, i criteri sono diversi: l’università premia l’approfondimento, la struttura, il metodo; il mercato guarda al valore, alla semplicità, alla praticità. Due mondi diversi, entrambi importanti — ma con regole proprie.
Non è detto che la tua tesi sia una startup. Ma se ti accorgi che affronta un problema reale, in modo originale, con un possibile pubblico interessato, allora può valere la pena fare un passo in più.
Dal progetto alla validazione: testare l’idea (prima di investire tutto)
Hai una tesi promettente e un’idea che sembra avere le gambe. Ma prima di partire in quarta — aprire una partita IVA, cercare fondi o coinvolgere amici e parenti — c’è un passaggio cruciale che troppe volte viene saltato: la validazione.
Nel mondo startup, “validare” significa una cosa molto semplice: capire se c’è davvero qualcuno disposto a usare (o a pagare per) ciò che stai creando.
Parla con chi ha davvero quel problema
Uno degli errori più diffusi è restare chiusi nel proprio schema: “Se io ho avuto questa idea, allora funzionerà”.
Ma le idee non bastano: servono conferme. Parla con persone reali che potrebbero essere i tuoi futuri utenti o clienti. Chiedi:
- Come risolvono oggi quel problema?
- Cosa gli manca nelle soluzioni esistenti?
- Cosa pensano della tua proposta? Sarebbero disposti a provarla?
Più feedback ottieni, più ti sarà chiaro se vale la pena continuare, modificare o lasciare perdere.
Costruisci un MVP (Minimum Viable Product)
Non serve partire con il progetto completo. Anzi, partire in piccolo è quasi sempre la mossa giusta. Un MVP è una versione base, semplificata, ma già funzionante della tua idea. Non deve essere perfetta: deve essere sufficiente per testare l’interesse e raccogliere reazioni.
Esempi concreti:
- un questionario con landing page per vedere quante persone si iscrivono
- un prototipo fisico molto semplice
- un sito vetrina con mockup e finta demo
- una pagina social con contenuti che testano l’interesse
Accetta i segnali negativi (meglio adesso che dopo)
Se nessuno si mostra interessato, se i feedback sono tiepidi, se nessuno tornerebbe a usare o “comprare” la tua idea… È frustrante, sì. Ma è una scoperta preziosa. Perché ti evita mesi di lavoro su qualcosa che, semplicemente, non risolve un bisogno reale. Meglio capirlo ora — con un prototipo e qualche intervista — che dopo aver speso soldi, tempo ed energie.
In sintesi: validare significa uscire dalla bolla e mettere alla prova la tua idea nel mondo reale. Serve umiltà, pazienza e capacità di ascolto. Ma è anche il primo vero passo per passare da “tesi interessante” a progetto che può funzionare.
Chi può aiutarti: incubatori universitari, acceleratori, mentor
Fare impresa non è una corsa in solitaria. Soprattutto all’inizio, quando hai più dubbi che certezze, avere il supporto giusto può fare la differenza tra un’idea che resta chiusa in un cassetto e un progetto che inizia a camminare. Oggi, rispetto a qualche anno fa, le università e l’ecosistema startup offrono molti più strumenti per chi vuole provarci.
Gli incubatori universitari: cosa sono e come funzionano
Molti atenei italiani hanno un proprio incubatore d’impresa: uno spazio (fisico o virtuale) pensato per aiutare gli studenti e i neolaureati a sviluppare idee imprenditoriali.
Cosa offrono di solito:
- supporto per validare l’idea
- incontri con esperti e mentor
- formazione gratuita su business model, pitch, aspetti legali
- possibilità di accedere a bandi interni o premi
Esempi noti:
- PoliHub (Politecnico di Milano)
- Start@UniTO (Università di Torino)
- Contamination Lab (presente in molti atenei)
- Almacube (Università di Bologna)
- StartCup regionali collegate agli atenei
Il consiglio? Cerca sul sito della tua università “incubatore”, “contamination lab” o “imprenditorialità”. Potresti scoprire che c’è un programma attivo proprio per studenti come te.
Acceleratori e startup studio: per fare il salto
Gli acceleratori sono realtà (spesso private) che aiutano startup in fase iniziale a crescere rapidamente.
Rispetto agli incubatori, si concentrano su team già formati e con un’idea un po’ più strutturata.
Cosa offrono:
- mentorship intensiva
- network di investitori
- supporto tecnico, legale, commerciale
- spazi di lavoro e visibilità
Spesso chiedono quote della società in cambio del supporto, quindi è importante valutare bene.
Tra i più noti in Italia:
- LVenture / LUISS EnLabs
- Nana Bianca
- H-Farm
- B4i (Bocconi for Innovation)
- Seedble, Gellify, Digital Magics
Trovare un mentor (anche fuori dai circuiti ufficiali)
Non servono programmi strutturati per ricevere una guida. Spesso un ex docente, un imprenditore locale, un conoscente esperto può diventare il tuo primo punto di riferimento. Qualcuno che ti ascolti, ti faccia domande scomode, ti aiuti a non perdere il focus.
Non aver paura di chiedere. Molti professionisti sono disposti a condividere tempo e consigli, se percepiscono serietà e motivazione.
Non sei solo. Attorno a te ci sono incubatori, persone, programmi pensati proprio per aiutare chi è all’inizio. Usarli non è un segno di debolezza. È il modo più intelligente per partire.
Come si passa da tesi a impresa: primi passi concreti
A questo punto hai un’idea valida, hai iniziato a testarla e magari hai trovato qualcuno che ti supporta. Ma la domanda che molti si fanno è: ok, e ora? Da dove si parte davvero? Il passaggio da tesi a startup non avviene con un clic. Ma ci sono alcune mosse iniziali che puoi fare senza spendere troppo, senza correre rischi inutili, e soprattutto senza dover avere tutto già pronto.
1. No, non devi aprire subito una società
Molti pensano che “fare impresa” significhi subito aprire una Srl, registrare il nome, fare il logo. In realtà, nella fase iniziale puoi (e dovresti) restare leggero. Puoi:
- testare l’idea come persona fisica
- usare una partita IVA forfettaria (se vuoi iniziare a vendere qualcosa)
- collaborare con enti, associazioni, aziende come libero professionista
- concentrarti su prototipi e relazioni, non sulla burocrazia
L’importante è capire quando ha senso fare il salto, e con quali mezzi.
2. Costruisci il tuo “business model canvas”
Invece di lanciarti a scrivere un business plan di 60 pagine, inizia da uno strumento semplice e potente: il business model canvas. È una mappa in 9 blocchi che ti aiuta a chiarire:
- chi è il tuo utente
- quale problema risolvi
- che valore offri
- come ti fai conoscere
- come guadagni
- quali risorse e attività chiave servono
Puoi compilarlo in un’ora, aggiornarlo ogni volta che serve, usarlo per raccontare la tua idea agli altri.
Esistono anche tanti template gratuiti online.
3. Fai attenzione a chi coinvolgi nel team
Altro errore tipico: partire in cinque, tutti con lo stesso profilo, senza ruoli chiari. Meglio partire in due o tre, con competenze diverse:
- una persona tecnica (che sa realizzare)
- una con visione business (che sa vendere, comunicare)
- una con esperienza nel settore (o in contatto con i futuri utenti)
Se siete tutti studenti, cercate chi può completarvi. E soprattutto: chiarite da subito aspettative, ruoli, impegni.
4. Inizia a raccontare la tua idea (bene)
Anche se il progetto è ancora in fase iniziale, inizia a parlarne:
- su LinkedIn
- in eventi universitari
- a startup competition
- tra amici e conoscenti
Allenati a fare un pitch, a raccontare in 60 secondi: “Qual è il problema, cosa fai tu per risolverlo, a chi serve davvero”. Più ti eserciti, più l’idea prende forma. E magari incontri qualcuno che può aiutarti per davvero.
In sintesi: non serve partire con tutto pronto. Serve partire bene, con pochi passi concreti e sensati. E soprattutto: non aspettare che tutto sia perfetto. Meglio iniziare con qualcosa di imperfetto, che restare fermi ad aspettare.
Dove trovare i primi finanziamenti (anche piccoli)
Una delle domande che spaventano di più chi sta cercando di trasformare un’idea in impresa è: “Come faccio a trovare i soldi per iniziare?”
La verità è che nessuno ti finanzierà solo perché hai avuto un’intuizione. Ma se inizi a muoverti nel modo giusto — testando l’idea, raccogliendo feedback, costruendo una versione base — esistono canali concreti per ottenere un primo supporto economico. E no, non servono subito milioni: spesso bastano 2.000, 5.000, 10.000 euro per avviare una fase sperimentale.
Bandi universitari e premi per tesi innovative
Molti atenei italiani — spesso attraverso incubatori o fondazioni interne — organizzano:
- competition per studenti e neolaureati
- premi per tesi imprenditoriali
- bandi di seed funding per progetti nati in ambito accademico
In palio ci sono contributi a fondo perduto, percorsi di accompagnamento, spazi di coworking gratuiti.
Cerca nella tua università, in particolare nelle aree collegate a:
- incubatori
- uffici placement
- dipartimenti di economia o ingegneria
- alumni network
Borse di studio trasformabili in progetto
Alcune borse di studio possono essere spese per avviare un’attività, soprattutto se legata a ricerca applicata, innovazione sociale, tecnologie sostenibili.
Verifica bandi promossi da:
- Regioni (attraverso fondi FSE)
- Fondazioni private (Cariplo, Compagnia di San Paolo ecc.)
- Università italiane o europee con programmi di mobilità imprenditoriale
Invitalia e altri bandi pubblici
Se la tua idea è un po’ più matura, puoi valutare i bandi nazionali.
Tra i più noti:
- Smart&Start Italia (Invitalia) – Finanziamento agevolato per startup innovative: fino a 1,5 milioni, anche senza garanzie
- ON – Oltre Nuove imprese a tasso zero – Incentivo per giovani under 35 o donne, anche senza Partita IVA attiva
- Resto al Sud – Contributo a fondo perduto e finanziamento agevolato per under 56 nel Centro-Sud
Attenzione: sono bandi complessi, servono tempo e preparazione. Ma esistono sportelli e servizi gratuiti che aiutano a presentare le domande.
Crowdfunding reward-based e micro-investimenti
Se l’idea ha un impatto sociale, culturale o ambientale forte, puoi provare con:
- crowdfunding reward-based (es. Produzioni dal Basso, Eppela, Kickstarter)
- donazioni online da parte di community interessate al progetto
Oppure puoi iniziare a coinvolgere:
- micro investitori locali
- business angel in ambito universitario
- ex alumni che vogliono supportare progetti giovani
Anche 3.000 o 5.000 euro possono bastare per un primo test reale.
Bonus: vincere un hackathon (o una startup competition)
Ogni anno in Italia ci sono decine di eventi gratuiti in cui si possono presentare idee, ricevere feedback e — se va bene — vincere premi in denaro o accesso a programmi di accelerazione.
Tieni d’occhio:
- StartCup regionali
- Hackathon universitari
- Call for Ideas promosse da enti pubblici e privati
- Startup Weekends promossi da Techstars
Spesso non serve nemmeno avere la startup aperta: basta l’idea, un team motivato e una buona presentazione.
Non servono grandi capitali per iniziare. Ma serve saper dove guardare, prepararsi bene e partire in modo sostenibile. I finanziamenti per chi parte da zero ci sono — se ci si muove nel modo giusto.
Studiare e fare impresa: si può davvero?
Avviare una startup mentre si studia all’università può sembrare una follia. Ma negli ultimi anni sempre più studenti ci stanno riuscendo. Non perché siano supereroi, ma perché hanno trovato un modo per conciliare studio e progettualità, almeno nella fase iniziale.
L’università non è un ostacolo: può diventare un alleato
Molti atenei stanno iniziando a riconoscere l’imprenditorialità come parte integrante del percorso formativo.
Alcuni esempi:
- crediti formativi per progetti imprenditoriali
- tesi sperimentali collegate a startup o progetti reali
- laboratori interfacoltà per sviluppare idee e team multidisciplinari
- percorsi di “student entrepreneurship” all’interno di incubatori universitari
Chiedi al tuo relatore, al dipartimento o all’ufficio placement se esistono iniziative simili nel tuo ateneo.
La gestione del tempo: non facile, ma possibile
Sì, ci saranno settimane in cui farai fatica a tenere insieme tutto. Sessioni d’esame da preparare mentre cerchi partner, feedback o piccoli finanziamenti. Ma se sei nella fase iniziale, puoi:
- dedicare poche ore a settimana, ma con continuità
- alternare periodi più intensi (vacanze, stage, tesi) con fasi più leggere
- coinvolgere compagni o amici con competenze diverse (senza fare tutto da solo)
Non devi fare tutto in 6 mesi. Una startup può nascere lentamente, crescere a piccoli passi, maturare insieme a te.
Crescita personale (anche se non diventi imprenditore)
Anche se il progetto non andrà lontano, il percorso imprenditoriale ti darà competenze che nessun esame universitario insegna così bene:
- gestione del tempo e delle risorse
- pensiero critico e capacità decisionale
- leadership e lavoro in team
- comunicazione efficace
- problem solving nella vita reale
Queste competenze sono altamente spendibili anche se finirai per lavorare in azienda, nella pubblica amministrazione o in una ONG.
In sintesi: fare impresa mentre studi è possibile, se lo imposti con realismo. Non devi fare tutto subito, ma puoi iniziare da dove sei, con quello che hai. E anche se il progetto non diventerà una vera azienda, avrai imparato molto più di quanto immagini.
Cosa può andare storto (e cosa impari comunque)
Avviare una startup partendo da una tesi è entusiasmante, ma anche pieno di incognite. Ecco perché è importante avere aspettative realistiche: non tutte le idee decollano, non tutti i progetti arrivano al mercato. Ma anche quando le cose vanno storte, non è mai tempo sprecato.
Idee valide che non trovano mercato
Può succedere che l’idea sia buona, ben sviluppata, ma…
- non interessi abbastanza persone
- sia troppo costosa da realizzare
- arrivi in un momento sbagliato
- venga superata da soluzioni più semplici
È frustrante, sì. Ma fa parte del gioco. Molti imprenditori hanno fallito 1 o 2 volte prima di lanciare la loro startup “giusta”.
I team che si sfaldano
Una delle criticità più comuni riguarda le persone. All’inizio si parte pieni di entusiasmo, ma poi:
- cambiano le priorità (esami, tesi, tirocini, lavori)
- emergono tensioni o differenze di visione
- qualcuno si tira indietro, altri vogliono continuare
Non sempre è un dramma. A volte è l’occasione per rivedere il progetto o ripartire con più consapevolezza.
Errori classici da cui si impara
Alcuni errori li fanno (quasi) tutti:
- voler tenere l’idea segreta troppo a lungo
- non chiedere feedback per paura del giudizio
- investire soldi prima di avere prove reali
- scrivere business plan infiniti senza testare nulla
Questi inciampi insegnano più di mille corsi: ti aiutano a capire il mercato, te stesso e le tue reali motivazioni.
Anche se non va, il percorso lascia il segno
Una startup che non decolla non è un fallimento personale. È esperienza vera. È una storia da raccontare in un colloquio. È una competenza che resta.
Molti datori di lavoro oggi guardano con interesse ai candidati che hanno provato a fare impresa, anche se non è andata bene. Perché significa intraprendenza, autonomia, visione.
Non tutte le tesi diventano startup di successo. Ma tutte le esperienze imprenditoriali, se affrontate con serietà, lasciano qualcosa che ti sarà utile ovunque andrai.
Dalla tesi alla startup, se ha senso davvero
In Italia (e non solo), si parla ancora troppo poco della possibilità di fare impresa partendo dall’università. Eppure le condizioni ci sono: idee, talenti, strumenti, incubatori, bandi. Quel che serve, spesso, è il coraggio di prendersi sul serio — e di fare il primo passo.
Non tutte le tesi meritano di diventare startup. Ma se dentro la tua c’è un’intuizione che continua a tornarti in mente… allora forse è il caso di ascoltarla. Fare impresa non è per tutti, e non è obbligatorio. Ma può essere un’opzione concreta, formativa, perfino trasformativa. Non serve partire in grande. Serve solo iniziare con un po’ di metodo e tanta voglia di capire.
5 domande per capire se vale la pena provarci
1. La mia idea risolve un problema che qualcuno ha davvero?
Se sì, chi sono queste persone? Come vivono quel problema oggi?
2. Ho parlato con almeno 5 persone esterne all’università che potrebbero essere interessate?
Se nessuno ne ha mai sentito il bisogno, forse va ripensata.
3. Posso partire in piccolo, con quello che ho già?
Budget limitato, tempo scarso? Nessun problema: l’importante è cominciare a testare.
4. Ho qualcuno con cui confrontarmi in modo onesto?
Mentor, ex docenti, altri studenti: serve chi ti fa le domande giuste, non solo chi ti incoraggia.
5. Se andasse male, cosa imparerei comunque?
Se la risposta è “tanto”, allora hai già una buona ragione per provarci.







