Area Politologica e delle Relazioni Internazionali: un viaggio tra studi, prospettive globali e futuro professionale

Nel labirinto intricato del XXI secolo, comprendere le dinamiche complesse del mondo che ci circonda è diventato un imperativo categorico. Non ci riferiamo solo ai fenomeni locali che ci toccano da vicino, ma anche alle interazioni internazionali che plasmano il nostro presente in modi spesso sottili, ma profondamente incisivi. Il mondo non è più un insieme di isole separate, ma un ecosistema interconnesso, dove le decisioni prese a Bruxelles, Pechino, New York o in qualsiasi altro angolo del globo, riverberano inevitabilmente sulle nostre vite.

di Alpha Orienta
9 giugno 2025
1 MIN READ

Decisioni politiche di portata storica, alleanze strategiche tessute dietro le quinte, conflitti latenti pronti ad esplodere e delicati equilibri geopolitici che oscillano come un pendolo, si susseguono quotidianamente, influenzando il nostro quotidiano in modi che spesso non riusciamo nemmeno a percepire. Se la tua curiosità ti spinge ad andare oltre la superficie, se ogni notizia di cronaca internazionale suscita in te un desiderio irrefrenabile di scavare più a fondo, allora potresti trovare una casa intellettuale accogliente e stimolante tra le aule di un corso di laurea in Scienze Politiche o Relazioni Internazionali.

Un percorso di studi dinamico e multidisciplinare: una finestra sul mondo

La laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (classe L-36) si configura come un vero e proprio viaggio intellettuale, un percorso di scoperta e di crescita personale che va ben oltre la mera acquisizione di nozioni teoriche. È un’immersione a 360 gradi in una pluralità di discipline, ciascuna delle quali fornisce strumenti interpretativi essenziali per districarsi nella complessità del mondo contemporaneo. Storia, con le sue lezioni del passato, diritto, con le sue fondamenta normative, economia, con le sue logiche di scambio e produzione, sociologia, con le sue analisi delle dinamiche sociali, scienza politica, con il suo studio dei sistemi di governo e delle ideologie, e lingue straniere, essenziali per comunicare e interagire in un mondo globalizzato, si intrecciano in un dialogo fecondo e stimolante. L’obiettivo primario non è la specializzazione in un singolo ambito, ma la costruzione di una solida bussola intellettuale, una sorta di GPS concettuale che permetta di orientarsi con sicurezza nel flusso incessante di eventi e trasformazioni che caratterizzano la nostra epoca, sia in Italia che in Europa e nel mondo intero.

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Cosa si studia davvero: tra teoria, laboratori e simulazioni

I piani di studio non sono rigidi: ogni ateneo struttura il percorso in modo da offrire una certa flessibilità, soprattutto dal secondo anno in poi. In molti corsi – ad esempio a Bologna, Padova, Torino, Roma Tre – puoi scegliere tra diversi indirizzi o curriculum. Alcuni sono più orientati allo studio delle istituzioni politiche e del diritto pubblico, altri puntano sulle relazioni internazionali, la diplomazia o l’Unione Europea.

Ci sono corsi che permettono di focalizzarsi su un’area geografica (come il Medio Oriente o l’Asia) o su temi come i diritti umani, i conflitti, la cooperazione allo sviluppo. Altri mantengono un’impostazione più generalista, utile a chi vuole tenersi aperte più strade.

Accanto alle lezioni frontali, quasi tutte le università prevedono attività più pratiche: laboratori di scrittura politica, workshop su negoziazione internazionale, lavori di gruppo, simulazioni come le Model United Nations, dove si interpreta il ruolo di ambasciatori e delegati. Alcuni corsi, come quelli della LUISS o dell’Università di Trento, includono veri e propri project work con istituzioni pubbliche o ONG.

Infine, ci sono i tirocini: presso uffici stampa, enti pubblici, centri studi, fondazioni, associazioni. Sono spesso facoltativi ma fortemente consigliati, perché aiutano a capire da vicino come funziona davvero il mondo che si studia sui libri.

L’approccio, insomma, è sempre più dinamico e interattivo. Le conoscenze teoriche contano, ma conta anche saperle usare. E questo – in un corso come questo – si impara facendo.

Studiare all’estero: corsi internazionali e nuove prospettive

Fuori dai confini italiani, l’offerta formativa in ambito politologico è ampia e molto diversificata. In Paesi come Olanda, Germania, Francia, Belgio e nei paesi nordici esistono corsi triennali (Bachelor) in Political Science, International Relations o European Studies pensati appositamente per studenti internazionali. Spesso sono in lingua inglese, con programmi fortemente orientati al confronto interculturale.

Molti atenei pubblici europei – come l’Università di Leiden, l’Università di Amsterdam, Sciences Po Paris o l’Università di Uppsala – offrono percorsi accessibili anche agli studenti italiani, con costi contenuti o comunque più bassi rispetto ad alcune università private.

Per chi cerca un’esperienza accademica d’eccellenza, ci sono percorsi molto selettivi come quelli della London School of Economics (LSE), del College of Europe a Bruges o del Graduate Institute di Ginevra: ambienti altamente internazionali, ma anche con requisiti d’accesso molto alti.

Per accedere a questi corsi, in genere servono una buona conoscenza dell’inglese (certificata da IELTS o TOEFL), una lettera motivazionale, e talvolta anche lettere di referenza. La competizione è crescente, ma non impossibile da affrontare. E in molti casi, chi parte racconta di un’esperienza che cambia il modo di vedere le cose – e anche se stessi. e, a volte, lettere motivazionali o test di ingresso. Ma studiare all’estero in questi ambiti è più che fattibile, anche perché i sistemi universitari europei sono pensati per accogliere studenti stranieri e riconoscere reciprocamente i titoli di studio.

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Ma che cosa si impara davvero?

In pratica, si impara a osservare. A mettere insieme i pezzi di un puzzle fatto di eventi, decisioni, rapporti di forza. Si scrive, si argomenta, si analizzano dati, si confrontano tesi. Si studiano le istituzioni, le costituzioni, i grandi cambiamenti storici e i fenomeni sociali del presente.

Tra le competenze più forti che si portano a casa ci sono la capacità di sintesi, la chiarezza espositiva, la familiarità con più lingue, l’apertura mentale. Non sono skill da sottovalutare, anzi: nel mondo del lavoro fanno spesso la differenza.

E dopo la laurea?

Gli sbocchi non sono “preconfezionati”. Ma le strade ci sono, e sono tante. C’è chi entra nella pubblica amministrazione, chi lavora in organizzazioni internazionali, chi fa cooperazione, chi entra in aziende o fondazioni.

Alcuni puntano alla carriera diplomatica (che passa da un concorso molto selettivo), altri vanno in Europa con stage nelle istituzioni UE, altri ancora si muovono nel mondo della comunicazione, della ricerca o del terzo settore.

Secondo i dati AlmaLaurea, cinque anni dopo la magistrale oltre il 77% dei laureati lavora, e spesso in settori dove la formazione ricevuta conta davvero.

Un passaggio quasi obbligato: continuare a formarsi

Dopo la triennale, molti scelgono di proseguire con una magistrale in Relazioni Internazionali, Studi Europei, Politiche pubbliche o altri percorsi affini. Oppure con un master: ce ne sono molti, più brevi e pratici, pensati per chi vuole entrare più rapidamente nel mondo del lavoro.

Chi ama lo studio e la ricerca, può tentare l’accesso a un dottorato. Non è la via più semplice, ma può portare verso la carriera accademica o verso ruoli più analitici in centri studio, enti pubblici o organizzazioni internazionali.

Come capirlo prima: è il corso giusto per me?

Chi ha scelto questo percorso lo dice chiaro: serve curiosità. E serve voglia di capire come gira il mondo. Se ti appassiona confrontarti, leggere, scrivere, discutere, se l’inglese non ti spaventa e ti piace viaggiare con la testa e magari anche con lo zaino, allora potresti trovarti bene.

Per farsi un’idea concreta, il consiglio è: guarda i piani di studio (sui siti degli atenei, o su Universitaly), partecipa a un open day, parla con chi lo sta già facendo. Anche solo scorrere i titoli degli esami può aiutarti a capire se ti accende qualcosa dentro.

Più che una professione, una prospettiva sul mondo

Studiare Scienze Politiche e Relazioni Internazionali non è solo un modo per prepararsi a un lavoro. È anche un modo per allenarsi a essere cittadini attivi, critici, consapevoli. Come ha raccontato una studentessa intervistata da AlmaLaurea: “Ho scelto questo percorso perché non voglio solo subire la realtà, voglio capirla e, magari, contribuire a cambiarla”.

Se anche per te lo studio non è solo un mezzo per ottenere un titolo, ma un’occasione per crescere, allora questo potrebbe essere il punto di partenza giusto.

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