Il settore tecnologico: dove si studiano le cose che fanno girare il mondo
Nove indirizzi, ognuno con le sue articolazioni, e spesso con opzioni nate per rispondere alle realtà locali. Questo è il cuore del settore tecnologico. Meccanica, elettronica, informatica, chimica, costruzioni, moda, agraria: sono solo alcuni degli ambiti coperti. E ogni percorso unisce una solida base culturale con tante ore di laboratorio. Ad esempio, chi sceglie Meccanica, Meccatronica ed Energia impara a progettare e manutenere impianti industriali, lavorando su macchinari reali, non solo sulla carta. L’indirizzo Informatica e Telecomunicazioni forma tecnici capaci di sviluppare software, configurare reti e lavorare sulla sicurezza informatica. Chi si appassiona a moda e comunicazione visiva può trovare casa negli indirizzi Sistema Moda o Grafica e Comunicazione, dove si usano strumenti professionali per progettare abiti o creare contenuti multimediali.
Ogni indirizzo ha almeno un’articolazione, cioè una specializzazione nel triennio. Nel caso di Chimica, Materiali e Biotecnologie, ad esempio, si può scegliere tra biotecnologie sanitarie, ambientali o chimica industriale. Anche l’indirizzo Trasporti e Logistica ha articolazioni molto diverse: c’è chi studia per diventare tecnico aeronautico, chi si forma per condurre mezzi navali, chi si specializza nella gestione della logistica delle merci. Sono percorsi concreti, connessi ai mestieri veri.
E poi ci sono le opzioni locali, che si adattano ai territori: ad esempio, in Veneto esiste l’opzione Tecnologie dell’occhiale (settore meccanico), in Toscana Tecnologie del cuoio (chimica), nelle Marche Calzature e moda. Sono risposte dirette alle realtà produttive locali.
Il settore economico: amministrazione, lingue, turismo
L’altro grande ramo è quello economico, che si divide in due indirizzi: Amministrazione, Finanza e Marketing (AFM) e Turismo. Il primo è quello che forma i cosiddetti ragionieri 2.0: persone capaci di gestire conti, bilanci, marketing, amministrazione aziendale. All’interno dell’AFM ci sono tre possibili articolazioni: AFM tradizionale, Sistemi Informativi Aziendali (più orientato all’informatica gestionale) e Relazioni Internazionali per il Marketing (che include anche una terza lingua straniera). L’indirizzo Turismo, invece, punta sulla valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, sulle lingue e sulla gestione delle imprese turistiche.
Anche qui, la combinazione di teoria e pratica è forte. Si studiano due o tre lingue, si impara a scrivere documenti commerciali in più idiomi, si affrontano materie come economia, diritto, arte, geografia turistica. Il diplomato ha strumenti concreti per lavorare in agenzie di viaggi, hotel, enti turistici, oppure proseguire negli studi.
Confronti, numeri, prospettive
Nel 2025 circa il 32% degli studenti italiani ha scelto un istituto tecnico. In alcune regioni, come Veneto o Friuli Venezia Giulia, la percentuale è più alta: arriva al 38-40%. Al Sud, invece, prevalgono ancora i licei. La ragione? Una combinazione di fattori culturali e di offerta formativa, ma anche di percezione sociale.
Eppure, i numeri raccontano una storia interessante. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione e Unioncamere:
- Circa il 30% dei diplomati tecnici trova un lavoro stabile entro un anno dalla maturità (contro il 9% dei liceali);
- I diplomati tecnici sono molto richiesti in settori come informatica, meccanica, elettronica, agraria, moda e logistica;
- Chi decide di proseguire con l’università sceglie spesso ingegneria, economia o scienze applicate, con risultati buoni, soprattutto se ha frequentato scuole tecniche di qualità.
E c’è anche la possibilità di proseguire con un ITS Academy (Istituto Tecnologico Superiore): due anni post diploma molto pratici, strettamente legati al mondo delle imprese, con tassi di occupazione che superano l’80%.
Il nuovo modello “4+2+1”: un ponte tra ITS e laurea breve
Pochi giorni fa, ad inizio luglio, il Ministero dell’Istruzione ha proposto un’importante riforma che potrebbe cambiare il ruolo degli Istituti Tecnici Superiori: il modello 4+2+1. L’idea è quella di riconoscere i due anni degli ITS come equivalenti al primo biennio universitario, permettendo agli studenti di ottenere la laurea breve con un solo anno aggiuntivo all’università. La proposta, ancora in fase di confronto, mira a valorizzare la formazione tecnica e a rafforzare il collegamento tra scuola, ITS, università e imprese. Se approvata, potrebbe entrare in vigore già dall’anno accademico 2026–2027.
Come orientarsi: strumenti e buone pratiche
Per capire qual è l’indirizzo giusto, esistono strumenti utilissimi. Il portale Scuola in Chiaro del Ministero permette di esplorare l’offerta formativa degli istituti tecnici vicino a casa, con dati su iscritti, laboratori, esiti degli studenti. Eduscopio, della Fondazione Agnelli, confronta le scuole in base agli sbocchi universitari e lavorativi degli ex studenti.
Un consiglio è anche quello di visitare gli open day, parlare con studenti e insegnanti, farsi un’idea dell’ambiente scolastico. In alcune scuole ci sono anche giornate di prova, dove si possono seguire lezioni e laboratori.
Ci sono libri sull’orientamento, che hanno l’obiettivo di aiutare a mettere a fuoco la propria vocazione: una lettura può essere molto utile.
In Trentino, ad esempio, molti istituti tecnici collaborano con aziende locali già durante gli ultimi anni, e diversi studenti trovano poi lavoro nella stessa impresa dove hanno fatto lo stage. È un modello che funziona, e che altre regioni stanno cercando di replicare.
Una scelta aperta
Gli Istituti Tecnici non sono una scorciatoia. Sono una strada seria, esigente, che prepara a mestieri veri e permette anche di continuare a studiare. Servono passione, interesse per le cose concrete, voglia di imparare facendo. Ma se queste cose ci sono, le opportunità non mancano.
Come ha raccontato Giulia, diplomata in Biotecnologie Sanitarie a Bergamo e oggi al secondo anno di Biologia: «Nel mio istituto facevamo davvero laboratorio. Quando sono arrivata all’università, ero più avanti di tanti miei compagni di liceo».
Non è un caso isolato. E la tendenza è chiara: le aziende chiedono competenze tecniche, e i percorsi misti, teorici e pratici, funzionano. Sta a chi sta scegliendo saper guardare oltre gli stereotipi e capire cosa davvero gli interessa fare e imparare nei prossimi anni.
