La proposta Valditara sul modello 4+2+1: cosa cambierebbe per gli ITS?

Il ministro Valditara propone di integrare gli ITS nel sistema universitario con un modello 4+2+1: 4 anni di scuola, 2 di ITS equivalenti a un biennio universitario, 1 anno per la laurea breve.

di Gabriele Capasso
3 luglio 2025
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L’annuncio di Valditara: il modello formativo 4+2+1

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha recentemente anticipato una possibile riforma del percorso tecnico-professionale post-diploma. In un’intervista a Repubblica, il ministro ha illustrato l’idea di un nuovo modello formativo “4+2+1”. Questo schema si articola in tre segmenti:

  • 4 anni di scuola secondaria superiore
  • 2 anni di ITS, che verrebbero riconosciuti pienamente all’interno del sistema universitario (equiparati ai primi due anni di una laurea triennale)
  • 1 anno finale di completamento, accademico o professionalizzante, per conseguire il titolo equivalente alla laurea breve

L’intento dichiarato è di rafforzare il collegamento tra formazione tecnica e mondo universitario, riconoscendo il ruolo strategico degli ITS nella formazione di tecnici specializzati. La proposta è in fase di studio e confronto con la Ministra dell’Università, Anna Maria Bernini. Secondo quanto dichiarato nell’intervista a Repubblica, il nuovo modello potrebbe partire già dall’anno scolastico e accademico 2026–2027. Valditara ha specificato che sono in corso interlocuzioni tra i dirigenti del Ministero dell’Istruzione, del Ministero dell’Università e della CRUI per definire come mettere a punto il progetto. L’adesione da parte delle università non sarà automatica: saranno infatti gli atenei, nell’ambito della loro autonomia, a decidere se e come accogliere questa possibilità. In parallelo, il Ministero prevede iniziative per promuovere gli ITS tra famiglie e studenti, inclusa una lettera informativa a livello nazionale.

Un ragazzo frequenterebbe i 4 anni più 2 degli ITS e poi con un solo anno di università avrebbe in tasca la laurea breve
Giuseppe Valditara

Cosa sono gli ITS e qual è la situazione attuale in Italia

Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) – recentemente rinominati “ITS Academy” dopo la riforma del 2022 – sono scuole terziarie professionalizzanti, parallele all’università, create per formare tecnici altamente specializzati.

A differenza dell’università, gli ITS prevedono una formazione più pratica, laboratoriale e orientata al lavoro, in stretta collaborazione con imprese e territori. L’obiettivo è formare figure di “tecnici superiori” in specifiche aree tecnologiche considerate strategiche per il sistema produttivo nazionale (efficienza energetica, mobilità sostenibile, biotecnologie, Made in Italy, beni culturali e turismo, ICT, ecc.).

Attualmente sono attive circa 124 fondazioni ITS sul territorio, con poco più di 21 mila studenti iscritti (dato 2022). La riforma approvata nel luglio 2022 punta a rafforzare e ampliare questo canale, con l’obiettivo dichiarato di raddoppiare gli iscritti nei prossimi anni.

Oltre ai corsi biennali (quattro semestri, ~1800-2000 ore) che rilasciano un Diploma di V livello EQF, sono stati previsti percorsi triennali (sei semestri, ~3000-3200 ore) che rilasciano un Diploma di VI livello EQF. Quest’ultimo corrisponde, in termini di Quadro Europeo delle Qualifiche, al livello di una laurea triennale, ma di fatto non è ad oggi equiparato formalmente a una laurea.

Vale la pena notare che, sebbene la maggioranza dei corsi ITS sia biennale, esistono già alcuni ITS con percorso triennale (sperimentali o legati a settori particolari), come ad esempio quelli dell’ITS Mobilità Sostenibile di Genova o dell’ITS Mo.So.S di Alghero. Questi percorsi estesi permettono di acquisire competenze tecniche ancora più approfondite (grazie all’incremento del monte ore) e in alcuni casi prevedono il riconoscimento di crediti formativi universitari (CFU) durante il corso.

Per un approfondimento generale sul funzionamento degli ITS, si può consultare anche questo articolo del magazine di Alpha Test.

Gli ITS si sono finora distinti per gli ottimi risultati occupazionali: i monitoraggi nazionali indicano che circa l’80% dei diplomati ITS trova lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo, e nel 91% dei casi si tratta di un impiego coerente con il percorso di studi svolto.

Per una panoramica sugli istituti tecnici (da non confondere con gli ITS), leggi l’approfondimento su Alpha Orienta: “Istituti Tecnici: indirizzi, competenze e opportunità lavorative”.

📘 Gli ITS di oggi potrebbero cambiare. Intanto, conosciamoli bene

La proposta di riforma 4+2+1 è sul tavolo, ma gli ITS Academy esistono già — e funzionano. Questa guida Alpha Test ti racconta cosa sono oggi gli ITS: biennali, triennali, con stage, laboratori e altissime percentuali di occupazione. Un viaggio dentro il sistema attuale, tra esperienze vere, dati concreti e prospettive future.

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I nodi critici della proposta 4+2+1

La prospettiva di equiparare il biennio ITS a una laurea triennale solleva alcuni interrogativi.

Anzitutto, va considerata la natura stessa degli ITS: nati con lo scopo di inserire rapidamente nel mondo del lavoro tecnici specializzati, i loro programmi sono altamente mirati all’operatività aziendale e meno improntati alla teoria accademica.

Attualmente, uno studente ITS segue un curriculum diverso da quello universitario: ad esempio, trascorre molte ore in laboratorio e stage e relativamente poche in aula su materie teoriche generali.

Può un biennio così strutturato essere pienamente considerato equivalente ai primi due anni di università? Probabilmente, per dichiararne l’equipollenza, occorrerà adattare i contenuti formativi oppure prevedere integrazioni. Non a caso, la formula proposta include comunque un “+1” finale in ambito accademico: ciò sottintende che per ottenere il titolo di laurea breve, il diplomato ITS dovrà frequentare un anno universitario e superare esami di livello universitario.

Un altro dubbio concreto riguarda la convivenza della riforma 4+2+1 con gli ITS triennali già esistenti o futuri. Se l’intento è di equiparare i 2 anni ITS a 2 anni universitari, che ne sarà dei percorsi ITS di 3 anni?

Oggi questi corsi triennali – come abbiamo visto – conferiscono un diploma di VI livello EQF, formalmente pari a una laurea triennale ma senza valore legale di laurea.

Va inoltre sottolineato un punto che nel discorso ministeriale sembra essere stato trascurato: esistono già ITS triennali, introdotti proprio con la riforma del 2022. Percorsi che rilasciano un diploma con durata complessiva uguale o superiore a quella ipotizzata nel modello 4+2+1.

Eppure, nella proposta di Valditara, questi percorsi sembrano non considerati: il rischio è che un ITS triennale venga penalizzato rispetto a un ITS biennale + un anno universitario, generando un paradosso nel sistema. È difficile comprendere se si tratti di una dimenticanza o di una strategia non dichiarata. In ogni caso, questo nodo va affrontato con chiarezza.

Infine, va considerato l’aspetto delle risorse e della domanda. Rendere strutturale il percorso 4+2+1 implica anche diffondere su larga scala le superiori quadriennali, che attualmente in Italia sono ancora sperimentali e minoritarie. Sul versante ITS, un aumento degli iscritti richiederà investimenti in laboratori, personale docente formato e borse di studio. E dal lato universitario, bisognerà predisporre percorsi ad hoc per accogliere diplomati ITS nel terzo anno: ciò significa programmare corsi integrativi, meccanismi di riconoscimento crediti e forse numeri dedicati di accesso.

Punti di forza e confronto con l'estero

Il modello 4+2+1 può rappresentare un tentativo interessante di rilanciare il canale ITS, oggi ancora poco conosciuto e sottoutilizzato rispetto alle sue potenzialità. Rendere più fluido il passaggio tra scuola superiore, formazione tecnica e università potrebbe aumentare l’attrattività degli ITS e offrire percorsi più flessibili e accessibili.

Ma se non accompagnato da un ripensamento strutturale del sistema – dalle risorse disponibili alla qualità dei contenuti, dai criteri di accesso ai meccanismi di riconoscimento – rischia di rimanere una proposta incompleta, sbilanciata verso l’annuncio più che verso l’attuazione. Senza una visione sistemica, il pericolo è quello di generare più confusione che integrazione, soprattutto in un contesto già frammentato tra bienni, trienni, quadrienni e lauree professionalizzanti. L’Italia è ancora in ritardo rispetto a sistemi europei più integrati:

  • Francia: offre BTS (2 anni) e BUT (3 anni), con titoli riconosciuti accademicamente.
  • Germania: le Fachhochschulen rilasciano bachelor professionali; le Fachschulen forniscono titoli EQF 6 equivalenti a lauree.
  • Spagna: i CFGS (2 anni) rappresentano circa il 15% dei titoli terziari; l’accesso all’università è facilitato.
  • Regno Unito: i Foundation + Top-up Degrees costituiscono un modello 2+1 già funzionante, molto simile all’ipotesi italiana 4+2+1.

Questi modelli mostrano come sia possibile integrare con successo istruzione tecnica e università, a patto di costruire meccanismi chiari di riconoscimento, qualità formativa e integrazione istituzionale.

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Area Design e Arti Visive: lauree in design, moda e arti applicate

C’è chi disegna scarpe da ginnastica e chi progetta un sito web pensando a come lo userai con le dita. Chi crea un abito partendo da una sensazione, e chi studia le forme di una lampada come fossero quelle di un corpo umano. Se ti affascina questo mondo fatto di idee che diventano oggetti, immagini, spazi, forse è il caso di capire meglio cosa offre davvero il panorama formativo in design, moda e arti applicate. Non è solo questione di talento: è anche una faccenda di scelte concrete, di percorsi da costruire con pazienza, di contaminazioni tra discipline.