Non si tratta della “carriera scolastica” classica, quella con concorsi, graduatorie e burocrazia. Qui il percorso è più fluido e meno codificato.
Chi sceglie di insegnare in un C.F.P. si trova di fronte a un contesto speciale: aule popolate da ragazzi e ragazze che spesso hanno alle spalle storie scolastiche complicate, percorsi interrotti, cambi di direzione. Ma è proprio in quei banchi che cercano ancora una strada che li porti, magari per la prima volta, verso un mestiere, un’autonomia, un futuro.
Per capire cosa significhi davvero lavorare in un C.F.P., ci facciamo accompagnare da Davide, docente di italiano in un C.F.P. del Nord Italia. La sua esperienza ci aiuta a guardare da vicino cosa vuol dire entrare in classe ogni giorno con la consapevolezza che, prima ancora delle lezioni, c’è un ascolto da coltivare e un legame da costruire.
Il percorso per diventare insegnante in un C.F.P.
Diventare insegnante in un C.F.P. non richiede necessariamente l’abilitazione tramite concorsi pubblici tipici della scuola statale. Come spiega Davide, che è laureato in Lettere Moderne, l’accesso può avvenire anche tramite canali meno convenzionali. Nel suo caso, ha scoperto l’opportunità grazie a un amico che gli ha segnalato una posizione vacante ad anno scolastico già iniziato. Questo suggerisce che il networking e la ricerca attiva di opportunità presso i centri di formazione professionale locali possono essere strategie efficaci.
Requisiti e qualifiche
Per quanto riguarda i titoli di studio, Davide sottolinea che è sufficiente una laurea. Nel suo caso, essendo laureato in Lettere Moderne, è abilitato all’insegnamento di italiano, storia e geografia: “Mi sono laureato nel 1999, con il vecchio ordinamento. Da quell’anno fino al 2016 ho lavorato esclusivamente nel mondo del giornalismo e della comunicazione. Nove anni fa mi si è presentata l’opportunità di affiancare l’esperienza dell’insegnamento a quella che è la mia principale attività professionale. Non ci ho pensato un attimo perché era un’esperienza che avevo già fatto con gli adulti, come docente dei corsi di aggiornamento dell’Ordine dei Giornalisti. Sono bastati pochi minuti di lezione per capire che sarebbe stata tutta un’altra cosa”. È importante notare che, non essendo una scuola statale, “non si procede tramite graduatoria e si è contrattualizzati come collaboratori esterni”. Questo significa che i C.F.P. hanno maggiore flessibilità nella selezione del personale, spesso basandosi sulle competenze specifiche richieste e sull’esperienza professionale del candidato.
Competenze pedagogiche: l’importanza dell’ascolto e dell’empatia
A differenza delle scuole tradizionali, dove le competenze pedagogiche sono spesso acquisite tramite percorsi accademici specifici, in un C.F.P. l’esperienza sul campo e le qualità personali giocano un ruolo fondamentale. Davide enfatizza che “la più importante competenza pedagogica… è l’ascolto della tua classe” e racconta: “Un giorno un alunno mi ha detto una cosa che mi ha fatto molto piacere: ‘Prof, ma lei si ricorda tutto quello diciamo!’. Se riesci a spiegare la tua materia in modo efficace hai fatto soltanto una parte del tuo lavoro. Resta molto altro da fare: educare alla convivenza, creare consapevolezza in merito agli strumenti digitali che sono nelle loro mani dal mattino alla notte, stimolare un pensiero alternativo alle narrazioni imperanti”.
La sua esperienza, dunque, lo ha portato a capire che insegnare in modo efficace è solo una parte del lavoro. Molto altro ruota attorno alla capacità di:
- creare un ambiente di rispetto e collaborazione;
- creare consapevolezza sugli strumenti digitali guidando gli studenti a un uso critico e responsabile delle tecnologie;
- stimolare il pensiero critico incoraggiando gli studenti a sviluppare una prospettiva alternativa.
Tutto questo, secondo Davide, è possibile solo trovando “canali di dialogo con la classe” e aggiunge: “È necessario trovare l’empatia ricordandosi di ciò che si provava quando si stava dall’altra parte della cattedra. Ottenere la stima della classe non è una cosa facile, spesso ci vogliono un paio d’anni per conoscere e farsi conoscere. Occorre trovare il giusto punto di equilibrio: se vieni visto come un amico la classe diventa ingovernabile, se assumi un atteggiamento dispotico si crea un clima di guerriglia insopportabile per entrambe le parti. Diciamo che in mancanza di un percorso specifico, la pedagogia si impara insegnando…”.
Differenze tra C.F.P. e scuola tradizionale
Una delle principali sfide dell’insegnamento in un C.F.P., come evidenziato da Davide, è che “le materie di base come le mie hanno meno ore e sono ritenute dagli alunni meno importanti delle materie professionalizzanti“. Questa percezione può rendere più difficile catturare e mantenere l’attenzione degli studenti.
Gli studenti dei C.F.P. sono spesso giovani che “hanno avuto un percorso scolastico piuttosto accidentato e che trovano nei C.F.P. l’ultimo argine alla dispersione scolastica”. Non è raro incontrare “alunni e alunne prossimi ai vent’anni, persone che hanno perso anni alle medie e/o hanno provato più scuole superiori prima di scegliere un Corso di Formazione Professionale”. Questo contesto richiede un approccio didattico flessibile, paziente e attento alle esigenze individuali.
Aggiornamento professionale e soddisfazioni personali
Per mantenersi aggiornato, Davide non si limita al suo ambito disciplinare: “Leggo molta saggistica, in diversi ambiti”. L’insegnamento dell’italiano in un C.F.P. è molto più ampio rispetto a quello di un liceo, e ciò gli permette di aprire “finestre su altri linguaggi: cinema, musica, fotografia, arte, con le classi più ricettive mi sono addentrato persino nei territori della filosofia”. Un aspetto fondamentale è anche affrontare la “cultura digitale, di profilazione degli utenti e di utilizzo dei dati da parte delle piattaforme”, poiché è essenziale fornire ai ragazzi “gli strumenti per una cittadinanza attiva”.
Le soddisfazioni in questo lavoro non derivano solo dalla didattica, ma dalle relazioni umane, infatti Davide racconta: “Come in tutte le professioni in cui la relazione umana è centrale, le soddisfazioni dell’insegnamento non vengono dalla mera attività didattica, ma da quello che ci sta intorno. Personalmente le più grandi soddisfazioni sono venute dai ringraziamenti che ho ricevuto. Si contano sulle dita d’una mano nonostante abbia avuto centinaia di alunni, ma proprio perché così scarse sono gemme preziose. Un’altra cosa che mi è capitata spesso è incontrare ex alunni che mi dicono come manchino loro le mie lezioni. Appianato lo squilibrio fra professore e allievo/a, fra chi giudica e chi è giudicato, resta soltanto ciò che di buono è passato in questo flusso di trasferimento reciproco della conoscenza”.
Le sfide dell'insegnamento in un C.F.P.
Nonostante le soddisfazioni, le difficoltà sono significative e in costante aumento. Davide evidenzia una “soglia d’attenzione precipitata” a causa del “costante scrolling di reels, stories e fotografie”, che ha “annichilito la capacità di confrontarsi con contenuti complessi”. La dipendenza dai motori di ricerca sta erodendo le capacità mnemoniche.
La preoccupazione maggiore, tuttavia, è la “diffusa incapacità di concepire un progetto di medio o lungo termine”. Gli studenti tendono a vivere nel presente, perdendo la consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e l’importanza di studiare oggi per un futuro migliore, infatti Davide spiega: “Il concetto di studiare oggi per avere una buona valutazione domani, di imparare oggi per poter trovare un lavoro domani si sta dissolvendo. Così come sta scomparendo la consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni. L’80% dei miei studenti inizia a preoccuparsi delle proprie valutazioni solamente la settimana precedente gli scrutini. È il presente e soltanto il presente ad assorbire ogni energia fisica e psichica”.
Consigli per aspiranti insegnanti di C.F.P.
A chi desidera intraprendere questa carriera, Davide consiglia vivamente di:
– essere curioso: non smettere mai di imparare e di esplorare nuovi ambiti;
– non adagiarsi sulle conoscenze acquisite: mantenere un atteggiamento di crescita continua;
– mettersi in ascolto e imparare dagli studenti: l’interazione con la classe è una fonte inesauribile di apprendimento e sviluppo personale.
L’insegnamento in un C.F.P. è un percorso impegnativo ma profondamente gratificante, che richiede passione, adattabilità, tenacia, flessibilità e una genuina predisposizione all’ascolto e all’empatia. Se queste caratteristiche ti rispecchiano, potresti trovare in questa professione un modo significativo per contribuire alla crescita e al futuro di molti giovani.
