Settore pubblico o privato? Capire cosa fa per te (e scegliere con consapevolezza)

Stabilità o sfida, sicurezza o crescita? Scegliere tra pubblico e privato non è solo questione di stipendio: è capire cosa ti somiglia davvero.

di Alpha Orienta
15 luglio 2025
1 MIN READ

C’è chi sogna da sempre il “posto fisso” e chi non riesce nemmeno a immaginarsi dietro una scrivania per tutta la vita. Chi vuole stabilità, chi rincorre la sfida, chi cerca un senso, chi vuole costruirsi una carriera da zero. Quando si esce dall’università – o quando si decide di cambiare rotta dopo qualche anno di lavoro – si arriva quasi sempre a una scelta che può sembrare netta: settore pubblico o privato?

In realtà le due strade non sono così separate come sembrano, ma hanno logiche, tempi e promesse molto diverse. Capirle – davvero – significa potersi orientare in modo autentico. Non per dovere, ma per desiderio. E fare una scelta che assomigli a sé, non agli stereotipi.

Chi paga di più?

Parlare di soldi non è un tabù. Anzi: è fondamentale farlo con dati chiari. Secondo l’INPS, nel 2022 lo stipendio medio lordo di un dipendente pubblico è stato di 34.153 euro, contro i 22.839 euro medi del privato. Se si considerano solo i contratti stabili, il privato recupera un po’ (27.539 euro), ma resta indietro. I numeri più recenti, riferiti al 2023, confermano il divario: 35.141 euro nel pubblico, 23.662 nel privato (sempre lordi annui). A parità di ore lavorate e contratto pieno, parliamo grosso modo di 1.900-2.000 euro netti al mese nel pubblico, e 1.600-1.800 nel privato.

Il perché non sta tanto nella generosità dello Stato, ma nella continuità del lavoro. Un impiegato pubblico lavora mediamente più settimane all’anno (10 in più, in media) rispetto a chi lavora nel privato. E questo, alla fine, incide. Anche l’età gioca un ruolo: nel pubblico ci sono più over 50, quindi più persone che hanno raggiunto livelli retributivi elevati grazie all’anzianità.

Va però detto che nel privato, in alcuni settori, gli stipendi possono essere molto più alti: finanza, tech, farmaceutico, consulenza. Ma servono qualifiche, esperienza, e spesso anche un bel po’ di spirito competitivo.

Stabilità: il pubblico resta imbattibile

Su un punto non ci sono dubbi: il settore pubblico garantisce una stabilità che il privato, salvo rare eccezioni, non riesce a offrire. Una volta superato il concorso e ottenuto il ruolo, si è al sicuro. Niente licenziamenti per crisi aziendali, niente ristrutturazioni improvvise. Anche i periodi di malattia o congedo sono coperti in modo pieno. Questo non significa che nel pubblico si “vive di rendita”, ma che c’è una rete di protezione solida, che permette di progettare la vita con un po’ più di serenità.

Nel privato, invece, il rischio c’è. I contratti a tempo determinato sono ancora la norma nelle prime fasi, e la possibilità di perdere il posto per motivi economici è concreta. Basti pensare che nel 2023 solo il 17-18% dei nuovi contratti nel privato erano a tempo indeterminato.

Un altro dato significativo: nel 2023, un dipendente pubblico ha lavorato in media 284 giornate retribuite, contro le 246 del privato. E nei primi anni di carriera, il gap è ancora più netto.

Crescita e carriera: qui vince il privato (per ora)

Se però il tuo obiettivo è fare carriera velocemente, il settore pubblico potrebbe metterti alla prova in un altro modo: la crescita è lenta, spesso legata all’anzianità, e le posizioni apicali sono poche e molto stabili. Per salire, servono concorsi interni, pazienza, anni di esperienza.

Nel privato, invece, la crescita è più fluida. Non sempre meritocratica, certo, ma più aperta al cambiamento. In alcune realtà dinamiche, capita che un neolaureato venga promosso in poco tempo se dimostra talento e capacità. Una testimonianza raccolta nel blog di Antonio Naddeo (presidente ARAN) racconta proprio questo: “In un anno la mia azienda ha raddoppiato il personale e ora gestisco un team. Cosa che nel pubblico sarebbe impensabile in così poco tempo”.

Anche la mobilità è diversa. Chi inizia nel pubblico tende a restarci. Chi parte dal privato, di solito, ci rimane. I passaggi da un mondo all’altro sono ancora rari, anche se in aumento.

Ambiente e cultura del lavoro

Nel pubblico, spesso, si lavora con regole chiare, gerarchie stabili, orari definiti. C’è meno stress, ma anche meno spazio per l’iniziativa individuale. Alcuni giovani, soprattutto quelli più dinamici, percepiscono questo come un limite. Lo ha sottolineato anche l’indagine 2024 di Forum PA e Gi Group: molti ragazzi considerano il pubblico “tranquillo”, ma anche “poco innovativo”.

Nel privato l’ambiente è più fluido. Le aziende cercano risultati, valorizzano le performance, spingono a innovare. Il rovescio della medaglia è una maggiore pressione, orari lunghi, competitività interna. A volte si cresce, sì, ma si rischia anche di bruciarsi.

Vita privata e orari: il pubblico garantisce di più

L’equilibrio tra lavoro e vita privata è un altro punto in cui il pubblico vince facile. Orari regolari, straordinari rari, ferie garantite, permessi familiari più facili da ottenere. Uscire alle 16 o alle 17 tutti i giorni, senza mail serali o telefonate urgenti, ha un valore enorme per chi vuole – o deve – conciliare lavoro e famiglia.

Nel privato dipende molto dall’azienda. Alcune realtà sono attente al benessere, offrono smart working e flessibilità. Altre meno. Chi lavora in consulenza, ad esempio, può trovarsi facilmente a fare 10-12 ore al giorno. E la reperibilità è spesso implicita.

Dove si trovano le opportunità?

Nel pubblico si entra (quasi sempre) tramite concorso. I bandi ufficiali sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale – sezione concorsi – e sul portale InPA, il sito del governo dedicato al reclutamento. Ci si iscrive, si caricano i titoli, e si partecipa. I concorsi non sono più eterni come una volta: molte selezioni oggi sono digitali e più snelle.

Nel privato ci si muove soprattutto online: LinkedIn, Indeed, InfoJobs, ma anche le agenzie interinali e i centri per l’impiego. Per i neolaureati, fondamentali gli uffici placement delle università e il database di AlmaLaurea, dove si possono caricare CV e consultare offerte.

Chi vuole mettersi in proprio, invece, può guardare alle Camere di commercio, ai bandi per startup, ai finanziamenti regionali e al programma Garanzia Giovani per under 30.

Come scegliere?

Qui non ci sono formule. Ma qualche spunto utile può aiutare:

  • Se cerchi sicurezza, orari regolari e stabilità, il pubblico è la strada più coerente. 
  • Se ti interessa crescere in fretta, fare esperienze diverse e metterti in gioco, il privato ha più leve. 
  • Se hai bisogno di un equilibrio solido tra vita personale e lavoro, valuta attentamente quanto regge il carico che stai per prendere. 
  • Se ti muove l’utilità sociale, il pubblico può offrirti un senso profondo. Ma anche nel privato si possono fare cose che cambiano la vita delle persone.

E ricorda: la scelta che fai oggi non è una gabbia. È un punto di partenza. Le carriere non sono più lineari. C’è chi parte in azienda e poi vince un concorso. Chi fa il contrario. Chi cambia a 30, a 40 o a 50 anni. Non c’è una strada giusta. Ma ci sono modi giusti di scegliere. E il primo è sapere, davvero, dove stai andando.

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