Il nostro approfondimento sul tema cellulari a scuola, un dibattito tra proibizione e cittadinanza digitale lo trovi qui.
Mentre il Ministero dell’Istruzione ha reso operativo dal 1° settembre 2025 il divieto di utilizzo degli smartphone in tutte le scuole superiori italiane, non esistono linee guida nazionali che indichino come gestire concretamente la custodia dei dispositivi. La circolare ministeriale n. 107190 del 19 dicembre 2022 e i successivi aggiornamenti si limitano a stabilire il divieto, demandando completamente alle autonomie scolastiche “l’individuazione delle misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto”.
A completare il quadro, la disposizione ministeriale Prot. n. 3392 del 16 giugno 2025 ha introdotto il divieto assoluto, superando la possibilità – prevista in passato – di usare lo smartphone in classe per fini didattici. Le uniche eccezioni riguardano studenti con disabilità o con DSA, nei casi previsti da PEI e PDP, o attività didattiche specifiche autorizzate. Le scuole sono obbligate ad aggiornare il Regolamento d’Istituto e il Patto Educativo di Corresponsabilità, ma senza ricevere indicazioni pratiche su come organizzarsi.
Il vuoto normativo che costringe le scuole all'inventiva
Un’analisi dei documenti ministeriali disponibili sul sito del MIM rivela che nessuna circolare o nota tecnica specifica come le scuole debbano materialmente gestire i cellulari durante l’orario scolastico. Non ci sono indicazioni su:
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Modalità di custodia (armadietti, contenitori, custodie personali)
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Standard di sicurezza minimi richiesti
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Protocolli per la responsabilità in caso di smarrimento o furto
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Finanziamenti dedicati per l’acquisto di attrezzature
Questo vuoto normativo ha creato un panorama estremamente frammentato, dove ogni istituto deve trovare soluzioni autonome con budget spesso limitati. Secondo diverse associazioni di dirigenti scolastici, la situazione rischia di generare forti disparità territoriali: ci sono istituti in grado di dotarsi di sistemi hi-tech e altri costretti a puntare solo sul divieto o sulla sorveglianza diretta.
Il caso Vicenza: le custodie hi-tech e il tutorial d'uso
Il Liceo Scientifico Statale “Quadri” di Vicenza ha adottato una delle soluzioni più tecnologiche: custodie con sistema di blocco automatico. Come dimostra un video tutorial pubblicato sul profilo Instagram della scuola, gli studenti devono riporre il cellulare in speciali buste che si sigillano automaticamente e possono essere aperte solo con appositi dispositivi di sblocco posizionati in ogni aula.
La dirigente scolastica ha spiegato al Giornale di Vicenza di aver ordinato 800 custodie – una per ogni studente – al costo di circa 8 euro l’una, più diverse stazioni di sblocco per le aule. “I cellulari sono oggetti personali ed è giusto che gli studenti li tengano con sé nello zaino. In questo modo la scuola non viene caricata di responsabilità nel caso si smarriscano le chiavi degli stipetti o sparisca qualche smartphone”.
La scelta vicentina non è isolata: altri istituti stanno valutando custodie blindate capaci non solo di sigillare i dispositivi, ma anche di bloccare il segnale. Una misura estrema, che però mette al riparo da responsabilità dirette e allo stesso tempo garantisce che gli studenti non possano aggirare il divieto.
Il panorama italiano: soluzioni a confronto
Secondo La Tecnica della Scuola, all’ISS Ferraris-Pancaldo di Savona gli studenti che vogliono usare gli armadietti devono pagare una quota annuale di 15 euro. Chi aveva già aderito allo schema “classi smartphone free” lo scorso anno continua a usarli gratuitamente.
A Casoria (NA), il liceo Gandhi ha dichiarato di non avere “risorse o possibilità di spazi adeguati in cui far riporre centinaia di cellulari agli studenti”, quindi non prevede l’installazione di armadietti.
Ad Alessandria, l’ITIS Alessandro Volta ha scelto la linea dura: gli studenti vengono invitati a presentarsi a scuola senza smartphone. In caso di trasgressione, scatta immediatamente il ritiro del dispositivo per l’intera giornata.
A Monfalcone (GO), all’ISIS Michelangelo Buonarroti il regolamento prevede che i cellulari debbano stare spenti dentro lo zaino. L’insegnante può disporre che i dispositivi vengano collocati sulla cattedra durante la lezione.
A Sesto San Giovanni (MI), all’IIS Altiero Spinelli i dispositivi vengono custoditi in mobiletti dentro le classi. La scuola valuterà se concedere la riconsegna durante l’intervallo solo “se si osserverà un uso consapevole e limitato del digitale”.
In altre realtà, la cronaca locale riporta soluzioni ibride: cassette in aula sotto la sorveglianza dei docenti, oppure regolamenti che precisano l’assenza di responsabilità della scuola in caso di furti o smarrimenti.
Il nodo responsabilità legale: cosa dice la legge
L’avvocato esperto in normativa scolastica Dino Caudullo ha chiarito che “il custode ha l’obbligo di custodire il bene con la diligenza del buon padre di famiglia”. In caso di furto, “la responsabilità non è automatica: il custode è responsabile se il furto è imputabile a sua negligenza, imperizia o imprudenza”.
Il Codice Civile (artt. 1766-1768) disciplina infatti il deposito: se la scuola si assume formalmente la custodia dei cellulari, diventa depositaria e quindi responsabile. Per questo motivo molti istituti preferiscono strategie che riducano i rischi legali, come le custodie personali tenute dagli studenti o la richiesta di non portare affatto lo smartphone.
Non mancano però criticità: alcune scuole hanno già inserito nei regolamenti clausole in cui si sollevano da ogni responsabilità per i dispositivi portati in classe. Una posizione che potrebbe aprire a contestazioni da parte delle famiglie, soprattutto in assenza di linee guida nazionali chiare.
Sanzioni a macchia di leopardo: un confronto nazionale
La mancanza di uniformità si riflette anche nel sistema sanzionatorio:
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Brindisi: all’IISS Majorana, al primo utilizzo richiamo verbale, al secondo nota disciplinare
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Legnano (MI): al liceo Galilei, ritiro temporaneo fino al termine della lezione
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Vicenza: nel liceo con le custodie blindate, sanzioni progressive fino alla sospensione
Altrove, il ventaglio va dal semplice richiamo orale al ritiro per una settimana intera, fino alla sospensione. Nessuna regola comune, con conseguenze molto diverse a seconda dell’istituto frequentato.
Criticità e dilemmi aperti
Sono diverse le questioni aperte:
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Equità territoriale: scuole ben finanziate possono permettersi soluzioni hi-tech, altre devono arrangiarsi con regole severe.
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Aspetti educativi: il divieto viene spesso vissuto come punizione più che come occasione di educazione alla cittadinanza digitale.
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Questione pratica: tempi di consegna e riconsegna dei cellulari, vigilanza dei docenti, rischi di smarrimenti e furti.
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Sicurezza e privacy: la custodia collettiva pone problemi legati non solo al bene fisico, ma potenzialmente anche ai dati sensibili contenuti nei dispositivi.
È oggettivo che mentre il ministro Valditara insiste sulla necessità di “disintossicazione digitale”, la mancanza di linee guida nazionali rischia di creare disparità significative tra scuole ben attrezzate e istituti con meno risorse.
Il caso del Liceo Quadri di Vicenza dimostra come l’autonomia scolastica possa generare soluzioni innovative, ma mette anche in luce la fragilità di un sistema che non fornisce indicazioni uniformi né risorse dedicate.
Senza un intervento nazionale chiaro – con standard minimi, protocolli comuni e fondi specifici – il rischio è quello di un Far West educativo, in cui il diritto a regole eque dipende dal codice di avviamento postale.

